Giorgio
Gaslini, Uri Kane, Marco Paolini
e Arnaldo Pomodoro insieme per U: Ulisse
Un viaggio
alle radici del mito
di Francesco Patrizi
Dall'esperienza
di Ulisse, ogni artista, convocato da Gaslini, ideatore, insieme a Luciano
Vanni, del progetto, ha dato una lettura personale. Verbale, innanzitutto,
quella di Paolini, musicale quella di Gasliini e Caine, visiva di Pomodoro.
La
scena ricostruiva una nave sul prato del sito archeologico di Carsulae (Terni);
a prua e a poppa i due palchi con i musicisti, dietro le vele, nella sezione
centrale le panche con il pubblico.
Paolini
ha aperto la serata presentandosi come "il prologo": Ulisse è
semplicemente "U", uno di noi, uno qualsiasi, partito per un
lunghissimo viaggio non per spirito di avventura, ma per necessità. Non c'è
Apollo a vegliare su di lui né a ispirare Omero; c'è il nume dei furfanti, il
protettore dei mendicanti e dei ladri, Hermes.
Paolini
attualizza la vicenda, parla con uno stile semplice e diretto, pieno di rimandi
anche satirici ai nostri tempi (le tasse, la televisione...); un linguaggio da
cronaca di costume che ha lo scopo di "abbassare" il tono epico
dell'Odissea e di consegnare (o riportare!) la vicenda al punto di vista
"basso" dei veri protagonisti, i compagni di Ulisse, gente del popolo,
venuta dalla campagna, che si imbarca per la guerra per necessità, che partirà
per un viaggio da cui non farà ritorno.
Nel
secondo intervento, Paolini entra in scena su un trattore, addobbato con lucine
e fiori in stile da kermesse paesana, folkloristica: un richiamo esplicito alle
radici povere e contadine dei compagni di Ulisse e all'origine stessa
dell'Odissea, poema portato in giro per piazze e feste dai cantastorie.
Il
prologo e l'epilogo della vicenda, Paolini li recita seduto su una sedia a
rotelle, richiamandosi al cantore cieco, vecchio e volutamente sgradevole, per
sottolineare
la lontananza dall’aura fascinosa del poeta e la vicinanza con Hermes e
il popolo dei derelitti.
E
Ulisse? Uno della brigata, più furbo degli altri, ma ugualmente trascinato dal
destino, sballottato tra isole e inganni per venti anni, perché al disegno
degli dei non ci si oppone.
Arnaldo
Pomodoro, del mito di Ulisse, ha preso il tema del viaggio, architettando
l'interno spazio come una nave, a prua e a poppa Gaslini e Uri Caine, al centro
il pubblico. Dai due palchi frontali si spiegavano due vele triangolari, che si
chiuderanno a fine serata. Su una vela, frecce e punte che si infilzano,
sull’altra è raffigurato un cerchio; forse le mille direzioni della nave, che
procede a capriccio degli dei verso nessuna meta – Ulisse tornerà aggrappato
ad un relitto – e la circolarità intrinseca della vicenda: che si chiude con
il ritorno a casa dell’eroe.
L'Ulisse
di Pomodoro è l'incarnazione del viaggio, un'esperienza in cui siamo tutti
compagni di ventura, "sballottati" dal vento, costretti (o invitati) a
spostarci di posizione per seguire i concerti da un lato e dall'altro della
struttura a barca.
Intorno
il mare di erba di Carsulae e la fitta vegetazione su cui scorrevano i disegni
di luce di Jurai Saleri.
Giorgio
Gaslini, dopo il prologo, è il primo a dare una personale lettura di Ulisse:
trenta minuti di musica suddivisa in sei capitoli, dalla partenza, alle donne e
gli intrighi, ai ciclopi, fino al ritorno a Itaca. Un tema iniziale, evocativo e
a tratti nostalgico; poi la voce ammaliante del sax per le donne, gli amori, i
tranelli; alle percussioni sono affidati prima i ciclopi poi i momenti di
smarrimento e di avversità: suoni e rumori scomposti, imprevedibili, su un
ritmo sospeso... poi riprende il tema e si giunge a Itaca. Sullo scorrere
swingante del tema, risuonano ritmicamente i colpi che Ulisse sferra contro i
Proci, ma le battaglie più dure sono passate.
Nel
finale, la quiete del ritorno, la pace ritrovata nella voce lirica del
pianoforte, turbata dai timbri bassi dello strumento che Gaslini sferra nelle
ultime note: Ulisse, secondo la leggenda, non si fermerà a casa, ma continuerà
il viaggio e morirà in terre lontane.
Uri
Caine segue gli stessi capitoli che hanno ispirato Gaslini. Un inizio all'organo
elettrico, con sfumature funky, popolari, poi si impongono toni più cupi,
mescolati a suoni e voci registrati. Anche Caine ricorre alle percussioni per
narrare le avversità centrali della vicenda, mentre il finale è affidato ad un
ritmo cadenzato, molto ballabile, che non fa certo pensare alla quiete
raggiunta, piuttosto all'impossibilità di fermarsi.
Se
Gaslini è più vicino a temi melodici e alle variazioni, Uri Caine, quasi in
antitesi, spazia nell’atonale.
Il
finale è affidato ad un duetto di pianoforte tra Gaslini e Uri Caine su un tema
scritto da Gaslini per l'occasione.
U:
uno di noi, che è salpato con gente di campagna, forse neanche tanto eroica,
per un viaggio difficile e insidioso, che si è lasciato trasportare dalla
volontà degli dei, reagendo con l'astuzia laddove poteva, e che, una volta
tornato a casa, ripartirà per terre lontane, perché la quiete non si addice
alla vita.
La vita è movimento, battaglia, tumulto, viaggio.
Visita il sito di
Terni in Jazz
Visita
il sito della rivista Jazz It