Il sorriso dell'amore
di Arnaldo Casali
E’ stato sicuramente
quello di Liberazione il titolo più bello e appropriato sul ritorno a
casa di Simona Pari e Simona Torretta; a parte poi che il giornale di
Rifondazione un titolo – semplice ed essenziale – ce l’avrebbe avuto già
nel suo stesso nome. Invece ha scelto “Il sorriso della pace”.
E
sta tutto qui, dentro questo titolo: ci sono 21 giorni di angoscia, e 21 giorni
di speranza. Ci sono dentro le due volontarie di “Un ponte per”, unite dallo
stesso nome, lo stesso anno di nascita (che è poi anche il mio), lo stesso
impegno, lo stesso destino, lo stesso amore per l’Iraq; lo stesso
atteggiamento nei confronti della guerra, lo stesso sorriso.
Perché
la prima cosa che hanno fatto, Simona e Simona, appena liberate, è stato
sorridere. Un sorriso che ha spezzato la fine di un incubo, che ha rotto
l’incantesimo malvagio di una strega che aveva trasformato le due giovani
volontarie in un due vittime. Un sorriso che ha spiazzato tutti i terroristi che
hanno imperversato sui media in questi lunghi giorni, un sorriso che ha
dileguato in un attimo il castello di terrore costruito sopra le due Simone da
chi voleva dimostrare che il popolo della pace aveva finalmente perso.
Già,
perché se i Carabinieri di Nassirya – ragazzi in gran parte inconsapevoli,
guidati dalla prospettiva di una maggiore sicurezza economica - sono diventati
subito degli eroi della patria, le due volontarie di “Un ponte per”,
invece, hanno cercato di disegnarcele come due perdenti, due ingenue che
pensavano di poter aiutare veramente il popolo iracheno senza usare armi;
due bravissime ragazze che, però, avevano scelto il modo sbagliato per aiutare
il popolo iracheno, schierandosi contro la guerra, contro l’occupazione,
contro il governo italiano che l’ha promossa e la mantiene. Contro quello
stesso Governo che, adesso, sperava in un po’ di “riconoscenza” da parte
delle due pacifiste che, invece, tornate a casa, hanno continuato – prima con
il loro sorriso, poi con le loro parole – a rifiutare la logica dell’odio e
della paura parlando bene dei loro sequestratori, confermando il loro
amore per l’Iraq e l’intenzione di ritornarci, chiedendo ancora una volta la
fine dell’occupazione militare.
Non
gli pareva vero, venti giorni fa, ai promotori della guerra, che avessero rapito
due pacifiste. Dopo l’assassinio di Baldoni, il sequestro delle due volontarie
di una Ong, così come quello dei giornalisti francesi, stava a dimostrare che
non c’è nessuna resistenza in Iraq, che i terroristi non hanno nessuna
“ragione” ma solo un cieco odio verso l’Occidente.
Che,
quindi, è pienamente giustificata l’occupazione illegale, così come la
guerra che ne è stata la premessa.
E’
stata questa la “linea” che molti media hanno – prevedibilmente –
portato avanti. Il terrorismo mediatico si è aggiunto a quello armato. Tutti i
telegiornali e i quotidiani si sono affrettati a seguire i falsissimi comunicati
che volevano le due belle ragazze sgozzate, uccise, vendute.
Un
inviato del Corriere della sera, appena tornato dall’Iraq, intervenendo
proprio pochi giorni prima della liberazione al Maurizio Costanzo Show
sosteneva che l’errore delle due Simone stava nel “non aver capito” il
pericolo cui andavano incontro. Insomma l’ingenuità che le ha indotte a
continuare il proprio lavoro anche mentre fuori si succedevano rapimenti,
decapitazioni, sgozzamenti, anche di persone non compromesse con
l’occupazione, come lo stesso Baldoni.
Allo
stesso modo, diceva il cronista, il popolo della pace “non ha capito”,
perché con gli appelli, la mobilitazione, le fiaccolate che ha organizzato, ha
cercato di far capire ai sequestratori chi fossero veramente le due Simone.
“Quello che non hanno capito – ha detto - è che i rapitori sapevano benissimo chi fossero, ed è proprio per questo che le hanno rapite”.
Non
una spirale di follìa, quindi, alimentata anche dai continui bombardamenti e
azioni di guerra dell'esercito americano che - come spiegava pochi giorni fa lo
stesso Commissario straordinario - rendono più difficile l'azione della Croce
Rossa. No, il rapimento delle due Simone, secondo l'inviato del Corriere,
rientrava in una precisa strategia.
Poi,
non ancora contento, ha aggiunto che probabilmente delle due giovani pacifiste
non avremmo saputo più niente, ipotizzando i più orrendi destini per le due
ragazze, compreso quello di essere ripetutamente violentate e poi vendute come
schiave. Destino al quale forse ancora nessuno di noi – genitori delle ragazze
compresi – aveva ancora pensato.
E
invece questa volta sono stati proprio i terroristi mediatici a non capire
niente.
Le
due ragazze, uscite da quel dramma belle come il sole e con un gran sorriso,
hanno raccontato di essere state trattate talmente bene che i sequestratori,
prima di rilasciarle, le hanno addirittura regalato una copia del Corano e una
scatola di dolci. Non solo, ma sono arrivati a chiedere perdono. Perché alla
base del rapimento, pare
che ci sia stato un equivoco: i rapitori erano convinti che le due
volontarie fossero spie americane e appena hanno capito chi fossero veramente
hanno smesso di minacciarle.
E’
una cosa che ha talmente irritato la stampa guerrafondaia che il giorno dopo Il
giornale è arrivato a titolare: “Le due Simone ringraziano:
l’Islam”, mentre Il secolo d’Italia ha messo a paragone, in un
titolo e in una vignetta, il “trattamento extralusso” riservato alle
pacifiste e la gabbia in cui è stato fotografato l’ostaggio inglese.
E alla
fine, ci si tiene a sottolinearlo, l’eroe di questa storia non sono le due
giovani volontarie che hanno scelto di andare in Iraq per aiutare, disarmate, la
popolazione, ben prima che la guerra cominciasse, che hanno attraversato
l’orrore con il sorriso e l’amore. L’eroe, semmai, è il Governo italiano
che è riuscito, in qualche modo, a riportarle a casa.
Ma
al di là di tutti i misteri che circondano questo rapimento, a vincere, questa
volta – lo possiamo dire a voce alta – è stato solo l’amore.
L’amore
di queste due ragazze per il paese in cui hanno rischiato di morire, e al quale
hanno dedicato le loro prime parole: “Non dimenticate la tragedia che sta
vivendo l’Iraq”.
L’amore,
anche, che gli abbiamo voluto tutti noi anche senza conoscerle, a Simona e
Simona. Noi che abbiamo pregato per la loro vita, ma anche l'amore di Qualcuno
che le ha protette.
“Ci
ha sostenuto la fede” hanno detto, annunciando un pellegrinaggio al Divino
Amore.