di Arnaldo Casali
Fa un certo effetto vederlo, il conclave, per quelli della mia generazione, che lo hanno studiato sui libri, o lo hanno letto sui giornali, o ne hanno sentito parlare nei documentari, o lo hanno visto rappresentato nelle fiction sui papi.
Del
conclave ormai sappiamo tutto. Quando è nato, come funziona. Conosciamo nei
minimi dettagli ogni regola, ogni rituale raccolto dalla tradizione o previsto
nella recente costituzione di Giovanni Paolo II.
A
vederlo, però, fa un certo effetto. Fa venire un po’ i brividi, vedere quella
fila di cardinali che si appresta a scegliere chi dovrà diventare l’uomo più
importante del mondo. Mi viene da pensare che gli tremino le gambe, a quegli
augusti porporati. Chissà per quanto tempo hanno aspettato questo momento, da
quando si sono ritrovati quello strano cappellino rosso sulla testa, e
probabilmente – molti da loro – anche da prima. Penso che gli tremino le
gambe a tutti, anche al vecchio esperto Ratzinger. Non sono cose che capitano
tutti i giorni. Anzi, dopo il pontificato di Wojtyla il detto “ogni morte di
papa” ne risulta ancor più rafforzato e significativo.
Eppure
allo stesso tempo, un rito così solenne, così antico, nell’era del Grande
Fratello, rischia di essere scambiato, nell’immaginario comune in un grande
– il più grande di tutti – reality show.
Dopo
aver visto gente comune, vip selvaggi, cantanti, calciatori, ristoratori, è
arrivato il turno dei cardinali. Dopo il Grande Fratello, l'Isola dei famosi, La
fattoria, il Ristorante, Campioni, questa sembra solo l'ultima frontiera: il
Grande Papà.
115
anziani vescovi, chiusi dentro casa Santa Marta. Dentro non può entrare né
vedere nessuno. Eppure tutti gli occhi e tutte le orecchie del mondo sono
puntate là dentro, a quei 115 vecchietti completamente isolati rispetto al
resto del mondo, senza poter comunicare con l’esterno. Pena, questa volta non
l’esclusione, ma la scomunica.
A
fare la parte della Bignardi, della D’Urso o della Simona Ventura, in questo
caso, non può che essere lui, il papagiornalista ufficiale Bruno Vespa, a
commentare con gli ospiti in studio tutta la giornata dei vecchietti, che questa
volta non possiamo vedere, ma solo immaginare. Ma la differenza,
nell'atteggiamento, alla fine non è poi molta.
Già,
perché un po’ per tradizionale curiosità, un po’ per il circo mediatico a
cui ormai i reality show ci hanno abituati, un po' per l'identità
esasperatamente mediatica che la Chiesa ha assunto sotto l'ultimo pontificato,
è inevitabile che la curiosità del “pubblico a casa” non si concentri solo
sul successore di Pietro e su quella che sarà la sua missione, ma sulla vita
quotidiana dei ‘concorrenti’: come pregano, come mangiano, come litigano. E
già, perché anche qui ci sono le nominations. Anche da questa casa, alla fine,
uscirà solo uno vincitore, anche lui uscirà piangendo da quella casa, accolto
dagli applausi e da festeggiamenti; anche lui sarà dato in pasto ai media.
Speriamo solo di non ritrovare anche lui, fra qualche giorno, a Buona
Domenica.