Intervista ad Alfonso Marini, francescanista
e autore del libro “Sorores Alaudae - Francesco, il creato, gli animali”
«Francesco
non voleva fondare un ordine»
di Arnaldo
Casali
Secondo lei a cosa è dovuto il “ritorno di moda” di Francesco
d'Assisi negli ultimi anni? Un effetto del Giubileo?
«In realtà l’interesse per Francesco ha riguardato almeno tutto l’ultimo secolo. Questa concentrazione di opere su Francesco in poco tempo poi, sì, probabilmente è dovuta probabilmente al fattore Anno Santo. Il Giubileo ha scatenato tutta una serie di iniziative in ambito religioso. Però, non ci sono state tante iniziative, non so, per esempio su san Filippo Neri, come ce ne sono state per Francesco».
Forse perché Francesco è il santo più laico della Chiesa cattolica, e quindi il più esportabile?
«Sì, anche se ovviamente non stiamo parlando di una sorta di strategia di conquista della Chiesa cattolica negli ambiti laici, ma al contrario, di non cattolici che vengono attratti dalla figura di un santo e dal suo messaggio».
Francesco è stato, di volta in volta, amato ed esaltato dalla Chiesa istituzionale e dagli anticlericali, dai mistici e dagli artisti, dagli intellettuali e dalla gente semplice; anche i pacifisti e gli ecologisti che ne hanno fatto un loro vessillo. Perché? Lei pensa che Francesco sia stato strumentalizzato?
«Francesco ha una ricchezza di personalità, così tanti aspetti che facilmente, estrapolandone o enfatizzandone qualcuno si può arrivare a farne un punto di riferimento per punti di vista addirittura opposti. Poi le strumentalizzazioni ci sono sempre: lei ha citato il pacifismo. Il concetto di “pacifismo” è moderno, quindi quando si parla di Francesco è più opportuno usare il termine “pace”. Questo aspetto comunque c’è sicuramente stato, anzi è stato uno dei principali della sua predicazione, che inizialmente era penitenziale, quindi di conversione e di pacificazione dei singoli con gli altri. Poi c’è l’episodio della Terra Santa: Francesco lascia il campo crociato e va dal sultano disarmato; è vero che si è parlato di sete di martirio, come dice Dante, ma comunque Francesco ha lasciato un’orma, e l’ha lasciata anche nella Regola dove dice che i frati in mezzo ai musulmani devono vivere in pace con gli altri senza predicare il cristianesimo, un po’ anticipando quello che avrebbero fatto i Piccoli Fratelli di Charles De Foucault».
C’è quindi un forte senso della Pace intesa anche come tolleranza in Francesco. Quando predicava era sempre propositivo, non parlava mai
contro qualcuno. Né contro la Chiesa né contro gli eretici.
«Francesco non usa mai il termine eretico, utilizza però l’espressione non cattolici in riferimento ai frati minori, ma c’è il dubbio se intendesse eretici o semplicemente volesse indicare i frati che non seguivano le norme dell’Ordine. Francesco è comunque più esigente verso sé stesso e verso i suoi frati che non verso gli altri, proprio perché per lui è fondamentale l’esempio.
Oggi quasi tutti i frati francescani sono sacerdoti, e anche alcuni compagni di Francesco lo erano. Lui però non volle mai diventare prete. Perché?
«Francesco ha un grande rispetto per i preti, ma la sua scelta di povertà è anche rinuncia a qualsiasi forma di potere. Francesco rifiuta anche l’abito di eremita, perché gli eremiti erano comunque una categoria riconosciuta e quindi privilegiata. Certo c’è anche una grande umiltà, una grande venerazione per l’eucarestia e quindi un sentirsi indegno a consacrarla. Ma credo si possa dire che a Francesco non interessasse diventare prete, non era il suo ruolo, non era la sua missione, non era la sua vocazione; il secolo XII, d’altra parte, fu un periodo di grande
espansione del laicato».
Francesco aveva anche una certa diffidenza per la teologia, anche se era una persona tutt’altro che ignorante: sapeva leggere e scrivere, conosceva la Bibbia, ma anche i romanzi cavallereschi.
«Ebbe una formazione molto laica, e non aveva interesse per la cultura teologica e universitaria. Non voleva che i suoi frati si dedicassero agli studi perché dovevano stare vicino alla gente. La sua ispirazione fondamentale, prima ancora di predicare, è quella di stare in mezzo ai poveri».
In mezzo ai poveri da semplice povero. Invece ben presto l’Ordine venne ad essere formato in gran parte da professori universitari, tutti rigorosamente sacerdoti.
«La Chiesa aveva bisogno di un ordine di sacerdoti che avessero cura delle anime. E nel 1240 si arrivò a vietare l’ingresso nell’ordine ai laici, a meno che non fossero personaggi di chiara fama che avrebbero portato lustro all’Ordine».
Possiamo dire che Francesco sia stato tradito dai suoi stessi frati?
«“Tradito” è un termine forte quando si parla in termini storici. Sicuramente san Bonaventura - da ministro generale dell’Ordine - ha compiuto un operazione che ai nostri occhi può sembrare un tradimento. Ha scritto una biografia “definitiva”, dopodiché ha ordinato la distruzione di tutte quelle precedenti. Una biografia in cui non cita nemmeno il Testamento di Francesco, perché era un testo che avrebbe creato dei problemi. Ma Bonaventura non era uno storico. Fu un normalizzatore».
Su un piano spirituale però, ha un’altra colpa grave. L’aver trasformato il “Poverello di
Assisi”nell’Alter Christus. Un nuovo Cristo, come Cristo non imitabile.
«Sì, per Bonaventura Francesco è un santo da ammirare piuttosto che da seguire».
Questo “tradimento” ha portato poi alla ribellione di quelli che volevano seguire seriamente Francesco, e alla scissione dell’ordine in tre rami, divisione che tuttora continua.
«Anche più di tre. In realtà è alla fine dell’Ottocento, che, per decisione papale, le varie congregazioni vengono ridotte a tre: da una parte c’era il vecchio ramo Conventuale, dall’altra c’era il nuovo ramo nato da una scelta più povera che è quella dei Cappuccini, nata nel Cinquecento; e poi c’è tutta quella parte sorta tra metà Trecento e la riforma cappuccina che era originaria del grande filone dell’Osservanza, che aveva dato vita a moltissime congregazioni diverse».
La visione popolare di Francesco, a differenza di quella ecclesiastica e quella intellettuale-artistica è sempre stata molto omogenea: dai
Fioretti a Fratello sole sorella luna fino a Forza venite gente ha sempre accentuato l’aspetto più sdolcinato: la predica agli uccelli, il lupo di Gubbio…
«Nella Legenda Perusina, che è una fonte sicuramente vicina a chi ha conosciuto Francesco, si parla molto dell’amore di Francesco per la natura e della sua grande capacità di rapportarsi con gli animali: l’episodio del lupo di Gubbio è leggendario, ma ce ne sono anche degli altri che arrivano fino al bizzarro: Francesco che prende in mano la cicala e canta con lei, addirittura Francesco che non vuole calpestare le pietre e non vuole bruciare il fuoco che gli sta bruciando la tonaca».
Nel corso dell’ultimo secolo c’è stata una vera e propria rivoluzione per quanto riguarda gli studi su san Francesco…
«La rivoluzione è iniziata con Paul Sabatier, il vero spartiacque degli studi francescani; con la sua
Vita di san Francesco uscita nel 1894, e con la scoperta e la pubblicazione - da parte sua - di una fonte importante come lo
Speculum perfectionis; sulla sua scia Ferdinando Delorme scoprì, nel 1922 una fonte ancora più importante come la
Leggenda Perugina, attribuibile ai compagni più intimi di Francesco».
Francesco ha visto con i suoi occhi il tradimento che l’ordine che aveva fondato stava attuando ai suoi danni. E ne soffrì molto. Il suo sogno fu un fallimento? Francesco alla fine è un uomo sconfitto?
«Negli ultimi anni Francesco non si trovava più a suo agio nell’ordine che aveva fondato; fu un po’ esiliato, messo da parte, tanto che si dimise da ministro generale, anche se mantenne sempre un ruolo carismatico tanto che dopo le dimissioni scrisse le regole. In realtà lui non voleva nemmeno fondare un vero e proprio ordine, preferiva parlare di
fraternitas. I problemi nascevano d’altra parte, dal suo stesso successo: venivano tanti frati, da tutta Europa, spesso provenienti dall’università o da altri ordini religiosi, che quindi difficilmente potevano capire l’esperienza di Francesco e la sua spiritualità. Non è un caso che le stimmate siano arrivate in quel momento. Esse furono una conferma, in quel momento di dubbio e di crisi, che lui era dalla parte di Cristo».
Il successo dell’ordine francescano provocò, tra l’altro, accesi contrasti con il clero secolare, che si vedeva portare via dai frati i propri parrocchiani, i fedeli e gli studenti universitari, con tutte le conseguenze che ne derivavano riguardo a donazioni, lasciti e prestigio.
«Cosa che Francesco, profondamente rispettoso dell’autorità dei vescovi e dei preti, non avrebbe mai voluto. Le polemiche contro l’Ordine si riversarono sulla figura di Francesco e sulle stimmate, la cui autenticità fu messa in dubbio, tanto che il Papa intervenne personalmente e fece delle stimmate di Francesco addirittura una questione di fede».
E il rapporto con Chiara? Si è fantasticato spesso su una presunta storia d’amore tra i due.
«In realtà dobbiamo rilevare che la quantità di fonti che ci parlano di Francesco e Chiara è assolutamente scarsa e ci viene, per lo più, da parte clariana. Quindi una certa asimmetria del rapporto bisogna riconoscerla. Francesco scrive pochissimo di Chiara; in compenso Chiara cita Francesco solo dopo la sua morte. Riguardo alla storia d’amore, Raoul Manselli si diceva convinto che Chiara fosse innamorata di Francesco. Comunque sul rapporto amoroso si è insistito soprattutto in questo ultimo secolo, che ha voluto leggere, in modo anche forzato, tutto in chiave freudiana, quindi erotica. Non dimentichiamo che tra Francesco e Chiara c’erano anche dodici anni di differenza; ciò non toglie che Chiara avesse un’ammirazione al limite dell’innamoramento per Francesco, e che prima ancora di Leone è lei il centro della resistenza pauperistica francescana: più che l’ideale di clausura, che non le apparteneva e che sicuramente era meno rigida di quanto possiamo immaginare, Chiara lottò per mantenere l’ideale di povertà e di umiltà».
Un rapporto asimmetrico. Eppure anche Francesco ricorreva spesso a Chiara: fu a lei che espose il suo dubbio se stare in mezzo alla gente o dedicarsi alla vita eremitica.
«Sì, anche se in realtà al di là dell’amicizia e la stima per Chiara, in questo caso la cosa rientra nell’ottica antropologica dell’epoca. In quest’ottica la vergine del monastero può essere vista più vicina a Dio che Francesco stesso»
Per concludere: quale delle tante opere artistiche che sono state fatte su di lui consiglierebbe a chi volesse avvicinarsi alla figura di Francesco?
«I musical che ho visto devo dire che sono entrambi veramente molto deludenti: tanto
Forza venite gente quanto Francesco - il musical; a differenza di modelli americani come
Jesus Christ Superstar che, per quanto molto discutibili sono carichi di problematiche religiose serie, questi non vanno oltre il “carino”. Riguardo ai film, quello di Rossellini è molto bello da un punto di vista cinematografico, ma mostra il santo dei Fioretti, assolutamente lontano dal Francesco storico. I due della Cavani credo siano molto più vicini a Francesco. Personalmente preferisco il primo. E’ un film che ha suscitato molte polemiche alla sua uscita perché fu attaccato da tutta una parte conservatrice della Chiesa che accusava la Cavani di aver fatto di Francesco un marxista; questo perché a un certo punto gli fa dire “Chi non lavora non mangi”. Evidentemente queste persone non sapevano che la frase è di san Paolo; non solo, ma Francesco - che accettava l’elemosina per i frati solo quando non ricevevano un compenso per il lavoro svolto - la ripete anche nella prima Regola».
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