Jeoshua
Solo quel ritardo.
Myriam era sempre stata una ragazza felice. Era stata allevata con dolcezza dai genitori, Dio le aveva sempre dimostrato la sua predilezione, e lei aveva sempre seguito i suoi comandamenti con fedeltà e devozione.
Josef l’amava di un amore vero e profondo; presto si sarebbero sposati e avrebbero dato molti figli a Dio.
C’era solo quel ritardo a turbare la sua anima ; quel ritardo che ormai cominciava a contare parecchi giorni.
Myriam sapeva che la sola idea era assurda ; non aveva mai perso la verginità e non aveva niente da temere. Tuttavia, con il passare dei giorni quel ritardo la preoccupava sempre di più. Era sempre stata perfettamente regolare in quei sedici anni, e adesso era quasi un mese che non aveva le mestruazioni.
Cominciava a domandarsi se avesse fatto qualcosa di sbagliato, se c’erano altri modi per... insomma, non sapeva nemmeno lei cosa pensare. Continuava a ripetersi nel cuore che non aveva niente da temere, che di quei scompensi ce ne erano, lo sapeva, c’erano ragazze a cui il ciclo saltava senza motivo anche per uno o due mesi. Sapeva anche che più ci pensava e più quello ritardava, quasi lo facesse apposta per dispetto; non sapeva perché ma la regolarità del ciclo era facilmente influenzabile dai suoi pensieri e dalle sua angosce.
Avrebbe voluto confidarsi con la madre, ma si vergognava.
Quando stava con Josef cercava di fingersi serena per non turbarlo, ma lui si era reso conto che qualcosa non andava. Con il passare del tempo la vedeva sempre più strana, sempre più scostante, quasi sulla difensiva.
Un giorno glie lo disse. La prese per le spalle e le fece con dolcezza: "Myriam, che hai? Devi dirmelo. Io sarò il tuo sposo, sono la persona che dovrà prendersi cura di te, io voglio aiutarti, Myriam!".
Myriam aveva due occhi che sembravano supplicare di non chiedere, aveva un volto dolce come un pulcino bagnato.
Josef le strinse le mani. "Qualunque cosa ti turbi, dovrai dirmelo, Myriam. Io ti amo e farò qualsiasi cosa per te".
Myriam sorrise e annuì. "Va tutto bene, mio sposo".
Il giorno seguente Josef partì per un lungo viaggio di commissioni. Doveva consegnare alcuni suoi lavori e comprare del legno particolare.
Myriam restò sola con il suo turbamento.
Passò un mese, e due, e tre. Il ciclo non arrivava e Myriam era sempre più angosciata; il seno si ingrossava e si induriva e notava anche molte altre cose anomale nel suo corpo che la mettevano in allarme. Pregava in continuazione il Signore di aiutarla.
"Fa che non sia ciò che temo, Signore, ti prego, fa che non sia ciò che temo!".
Un giorno però, accadde una cosa terribile. Mentre era a cena, si sentì male. Fu colta da conati di vomito e fuggì via.
I genitori le chiesero cosa aveva, e lei rispose niente, ma il cuore le ardeva di angoscia.
Quel segno era inequivocabile.
Aveva già notato con profonda angoscia che il suo ventre, anche se in modo quasi impercettibile, si stava ingrossando, ma ora non c’erano più dubbi.
Da quel giorno ebbe attacchi di nausea frequentissimi, e ogni volta che vomitava le sembrava di vomitare il sangue, l’onore, l’anima.
Era incinta.
"Perché?" pregava disperatamente.
"Perché, mio Dio? Perché questo? Perché a me? Perché ?
Tu lo sai che mi sono sempre mantenuta pura ! Come è possibile questo? Come è stato possibile? Io non conosco uomo! Non ho mai avuto rapporti sessuali di nessun tipo! Come è entrato questo seme nel mio corpo?".
Ma Dio sembrava indifferente alle sue lacrime e alle sue preghiere. Lei pregava, pregava disperatamente e lui non le rispondeva.
Sembrava proprio che si fosse dimenticato di lei.
Allora lei, Myriam di Nazareth, la prediletta dal Signore sin dalla sua nascita si sentiva la più maledetta di tutte le creature del mondo, perché riceveva una punizione terribile senza essere degna neppure di una spiegazione, si sentiva la più dannata delle donne, dannata all’infelicità e al disonore.
Sapeva cosa la aspettava.
Quando la sua pancia avrebbe cominciato a mostrarsi visibile tutti avrebbero capito che era incinta. Josef l’avrebbe ripudiata, sarebbe stata condannata come adultera e l’abominio di tutto il popolo d’Israele sarebbe caduto su di lei.
Infine sarebbe stata lapidata.
Si sentiva colpevole. Perché Dio non punisce mai l’innocente; Myriam sapeva bene che, come le avevano insegnato, ogni disgrazia è una maledizione di Dio; e questa era la più terribile delle disgrazie e se Dio l’aveva abbandonata in questo modo, lei doveva aver peccato in modo gravissimo contro di lui.
Così pregava disperatamente e implorava perdono. Ma non sapeva nemmeno di cosa chiedeva perdono. E allora perché Dio non le parlava ? Peccava forse di superbia? Ma che peccato aveva commesso contro Dio? Le era sempre stata fedele, a lui e a Josef!
Non lo sapeva nemmeno lei. Non sapeva più nemmeno se Dio voleva mettere alla prova la sua fede come a Giobbe o le aveva dichiarato guerra come ai nemici di Israele.
Pensava a quando la gente lo avrebbe scoperto. Pensava alla vergogna di fronte a Josef, al dolore, alla rabbia che gli avrebbe provocato. Al disonore che si gettava addosso.
Pensava al momento in cui l’avrebbero uccisa.
Sentiva le grida di condanna, sentiva le pietre percuotere il suo capo. Sentiva il sangue scorrerle ovunque, sentiva il suo cuore fermarsi lentamente, il suo corpo abbandonato in mezzo alla terra e il suo nome maledetto in tutta la casa di Galilea.
Aveva paura.
Myriam era così giovane, nel fiore dei suoi anni ; non voleva morire in modo così ignominioso. Non voleva morire.
Ma non c’era soluzione.
O forse c’era.
Aveva sentito di donne che si erano trovate nella sua condizione e che avevano mangiato erbe velenose, o si erano rotolate per le scale.
Erano atti pericolosissimi. Più di una donna che c’era morta, in quel modo.
Ma era l’unico sistema per salvare la sua vita. L’unica possibilità che aveva.
Se la gente scopriva che era incinta la morte era certa. E forse era meglio morire da sola nella sua casa che in piazza insultata da tutti.
Uccidere il bambino per continuare a vivere.
L’unica alternativa.
Myriam si rese conto improvvisamente di quello che aveva pensato e subito si inginocchiò a terra in lacrime.
"Perdonami Signore! Che cosa orribile ho pensato! E’ meglio morire che peccare in modo così orrendo! Uccidere la mia creatura, da chiunque provenga! Non morirò da assassina !" e singhiozzava, urlava di singhiozzi, poi alzava il volto supplichevole.
"Ma perché, Signore, devo morire? Perché devo morire in modo così orrendo senza sapere il motivo? Senza conoscere la mia colpa !
Mostrami il mio peccato, Signore! Mostrami il mio peccato affinché io possa espiarlo prima che la mano della giustizia si abbatta su di me e io non debba cadere nelle profondità dello Sheol dopo la mia morte!
Ho peccato con il pensiero contro di te e contro la vita, Signore, ma è perché sono disperata! Parlami, Onnipotente! Non restare ancora in silenzio! Mostrami il mio peccato! Mostrami il mio peccato!
Ho peccato forse in superbia? Credevo di essere una figlia fedele per te e ti pregavo con orgoglio senza meritarlo?
Ho forse amato troppo il mio fidanzato? Troppa gioia provavo forse nell’idea di condividere con lui il talamo?
Parlami Signore della giustizia, Mostrami il mio peccato! Ti prego, Signore, non abbandonarmi !".
Myriam aveva gli occhi gonfi, il volto rosso e rigato di lacrime. Era stesa a terra senza più compostezza nella preghiera, le mani giunte si lasciavano cadere a terra sfinite, le guance bagnate di lacrime e saliva. Nel ventre il seme di uno sconosciuto, nel cuore un’angoscia senza fine.
Rallegrati o piena di grazia, il Signore è con te!
Come una voce, dentro di lei, aveva parlato.
Myriam alzò il volto e guardò la finestra da cui filtrava un fascio di raggi di sole che le accarezzava la testa.
Da dove venivano quelle parole?
Myriam era turbata, non riusciva a capire.
Rallegrati o piena di grazia, il Signore è con te.
Lei, ora, esempio della donna caduta in disgrazia presso Dio, sola e peccatrice.
Lei doveva rallegrarsi, lei in quella condizione, umiliata fino all’ultima goccia del suo sangue, lei poteva forse essere piena di grazia?
Il Signore era con lei?
Una nebbia di confusione le riempiva i pensieri, e sfinita nelle forze, cadde addormentata.
Non temere, Myriam, perché hai trovato grazia presso Dio.
Darai alla luce un figlio e lo chiamerai Jeoshua.
Sarà grande e chiamato Figlio dell’altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine.
Myriam si risvegliò dal sonno. Era stato un sogno confuso, fatto di parole che diventavano carne, fatto di barriere che cadevano, di rotoli di legge che si frantumavano distrutti da una luce indescrivibile, fatto di Dio che diventava un uomo e le parlava e la accarezzava e la chiamava Madre.
Myriam aveva una grande confusione in testa. Ma anche un profondo senso di fiducia.
Dio non l’aveva abbandonata, questo di certo aveva capito.
Da un lato era ancora più turbata perché non riusciva a capire il significato di quel sogno di cui non ricordava quasi nulla, ma dall’altro sentiva che quel bambino che portava in grembo era destinato ad un grande futuro, che Dio l’aveva fatta strumento di un grande evento, di qualcosa che sarebbe stato fondamentale per tutta l’umanità.
Dio le aveva parlato.
Non osava confidarsi con i genitori, né aveva idea di come avrebbe potuto spiegare a Josef qualcosa che neanche lei riusciva a capire.
D’altra parte questo segreto la opprimeva sempre di più; c’erano tante cose che intuiva ma non riusciva a comprendere ; aveva bisogno di confidarsi, di confrontarsi con qualcuno.
C’era una persona che la capiva sempre, che sapeva sempre darle il consiglio giusto, una persona a cui poteva dire tutto.
Era sua zia Elisheba. Abitava lontano, in Giudea, ma in quel momento di confusione non le dispiaceva affatto allontanarsi per un po’ dalla famiglia, dalla casa, dalla sua città, da Josef.
Aveva bisogno di stare un po’ sola, di capire, di parlare con qualcuno che potesse ascoltarla veramente e con serenità.
Così spiegò ai genitori che aveva voglia di stare un po’ con la cugina, che non vedeva da molto tempo e si mise in viaggio da sola per la Giudea.
Arrivò dunque alla casa di Zakharyah il sacerdote, marito di Elisheba, e bussò alla porta.
Venne ad aprire Zakharyah, ma la moglie, appena aveva sentito bussare si era alzata dalla sedia su cui stava tessendo ed era accorsa a vedere; come riconobbe Myriam le corse incontro esclamando:
"Myriam, benvenuta! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?".
Myriam non capì assolutamente le parole della cugina, ma si accorse subito che anche lei era incinta, e lo notò con stupore, perché Elisheba aveva già passato da diversi anni l’età della menopausa, e dai tempi di Sara moglie di Abramo non si era più sentito di una donna che partorisse a quell’età.
Si abbracciarono con calore e Myriam la guardava meravigliata e voleva chiederle della gravidanza.
Elisheba la strinse ancora a sé e le disse:
"Myriam, tu sei benedetta tra le donne ! E benedetto è il frutto del tuo grembo!".
A sentire quelle parole Myriam scoppiò a piangere.
Lei sapeva!
Elisheba la teneva stretta mentre Myriam singhiozzava, e le diceva con dolcezza:
"Grandi cose ha fatto in noi l’Onnipotente, e Santo è il suo nome!".
Myriam la guardò con il volto rigato di lacrime.
"Come fai a sapere che aspetto un bambino?".
"Dio mi ha parlato, Myriam ! Andiamo di là che ti racconto tutto".
Elisheba e Myriam rimasero chiuse in una camera a parlare per ore ed ore. Elisheba le raccontò del suo bambino. Di come il Signore le aveva permesso di avere un figlio in tarda età.
Le disse che l’avrebbe chiamato Yohanan, perché Dio aveva avuto misericordia di lei e di suo marito.
"Avevamo pregato tanto perché Dio ci desse un figlio - raccontava Elisheba - pregavamo giorno e notte perché il Signore ci degnasse di una discendenza, e Dio deve essersi proprio stancato di tutte queste suppliche perché alla fine ci ha accontentato, ma quando ormai era troppo tardi. Quando ormai la nostra preghiera non poteva sperare più di essere accolta.
Dio ha parlato a Zakharyah nel Tempio. Era il giorno più importante della sua vita. Il giorno in cui a Zakharyah spettava di entrare nel Santo dei Santi. Là dove c’è Dio. Là dove Jahvé parla agli uomini.
E proprio lì, durante il culto, un angelo di Dio è apparso a Zakharyah e gli ha promesso che nostro figlio sarà grande dinanzi al Signore ; egli non berrà vino né bevande inebrianti, sarà pieno di Spirito Santo sin dal mio seno, e preparerà il popolo d’Israele alla venuta del Messia.
Egli sarà colui di cui il profeta Isaia dice: "Voce di uno che grida nel deserto: preparate la venuta del Signore!".
"Mio Dio!" esclamò Myriam. "Tu sei la madre del Profeta dell’Altissimo? Tuo figlio sarà colui che precederà la venuta del Messia!".
"Non è finita qui.
Vedi, Zakharyah ci fa pure il sacerdote per non avere fede nell’onnipotenza di Dio, e così non gli ha creduto. Ha detto che non era possibile, perché io sono sterile già da molto tempo. Allora poiché non ha avuto fiducia in lui, Dio l’ha reso muto. Da quel giorno Zakharyah non parla. Per questo non ti ha salutato quando sei arrivata. E sarà muto fino al giorno in cui non nascerà Yohanan".
"Ma come facevi a sapere che sono incinta anch’io?".
"Grandi meraviglie si stanno compiendo dinanzi ai nostri occhi, Myriam. Io l’ho sentito dal momento in cui il mio bambino ha cominciato a muoversi nella pancia. E’ come se in qualche modo me lo avesse detto lui, Myriam, che anche tu sei parte di questo grande evento. Io lo sentivo, e quando ti ho vista entrare in questa casa ne ho avuto la certezza. Io so che anche tu e il tuo bambino avete una parte importante in quello che sta succedendo. Io sento che tuo figlio avrà una parte ancora più importante del mio nella salvezza del mondo!".
"Come è possibile?"
"Non so come spiegartelo, Myriam, non sono pensieri che vengono dalla testa, ma dal cuore. Io sento che tuo figlio sarà l’uomo aspettato dal nostro popolo di generazione in generazione. Io sento che il bambino che si attaccherà al tuo seno sarà il redentore e il salvatore di tutto Israele e dell’umanità intera!".
"Come è possibile che mio figlio possa sedere sul trono di Israele? Io non sono né di stirpe regale né di stirpe sacerdotale! Il Messia sarà della Casa di Davide, nascerà a Betlemme Cosa c’entro io, piccola donna di un paesino come Nazareth? Come puoi pensare tutte queste cose, Elisheba?".
"Sono cose che noi non possiamo capire. Come non possiamo capire come possa una donna rimanere incinta in tarda età o senza avere rapporti. Dobbiamo avere fiducia in Dio. Egli sa cosa è giusto. Dobbiamo affidarci a lui, umili strumenti nelle sue mani. Non abbiamo noi il diritto di decidere cosa è buono né di capire come la giustizia si realizzi. Non abbiamo il diritto di penetrare nella mente di Dio. Dobbiamo fidarci di lui".
Myriam era stupefatta. Non capiva niente se non il fatto che non era importante capire. Cominciava a sentirsi parte di quel grande progetto che Dio aveva per il suo popolo. Cominciava a sentire quale straordinaria avventura stava iniziando.
"Perché proprio io? - disse commossa - Cosa ho mai fatto per meritare l’attenzione dell’Onnipotente?".
"Dio ha guardato l’umiltà della sua serva - rispose Elisheba - e d’ora in poi tutte le generazioni ti chiameranno beata! ".
Quella sera, nella sua camera, Myriam si inginocchiò a terra a braccia aperte e disse:
"Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me ciò che è nel disegno di Dio".
Myriam restò nella casa di Zakharyah per tre mesi.
Tutti i giorni pregava insieme ad Elisheba e sentiva crescere il bambino dentro di lei.
Parlavano del misterioso progetto che Dio aveva per loro e leggevano insieme le Sacre Scritture, soprattutto i passi dei profeti che sembravano annunciare quello che stava accadendo ora a loro due.
Myriam tornò a Nazareth cambiata nello spirito e nel fisico.
Josef era tornato in città già da molto tempo. Hannah le aveva detto del viaggio di Myriam e lui era al tempo stesso preoccupato, turbato e ansioso di rivedere la ragazza.
Quando Myriam tornò a casa visibilmente incinta la madre vedendola cadde svenuta.
Non ci fu tempo per cercare di spiegare. Il giorno stesso Josef, come faceva sempre, andò alla casa di Yoachim a sentire se c’erano notizie di Myriam.
Hannah lo accolse con particolare agitazione, accennava a qualcosa di terribile e poi negava tutto, semplicemente non si erano avute notizie di Myriam; subito dopo la vecchia donna sembrava supplicarlo, e non si sapeva di cosa. "Mio Dio, Josef! Mio Dio! Abbi pietà di questa famiglia!" ripeteva.
"Cosa diavolo sta succedendo, Hannah? - incalzava, sempre più inquieto, Josef - Cosa è successo a Myriam? Dove si trova?".
Hannah non lo sapeva nemmeno lei se voleva fargli credere che stava ancora da Elisheba, o se era tornata o no, se era successa una disgrazia, se era morta, se doveva dimenticarla per sempre o cercare di aver compassione di lei non si sa per cosa.
La verità era che Hannah si trovava in uno stato di totale confusione; sapeva che la situazione era terribilmente grave ma non sapeva né come ci si era trovata né come poterne uscire.
Aveva nascosto Myriam in camera e aveva improvvisato tutto il resto.
Alla fine crollò. Scoppiò a piangere e si lasciò cadere su una sedia e continuava a ripetere "abbi pietà di questa famiglia, abbine pietà Josef, per il nome di mio marito che ti ha sempre voluto bene!".
In quel momento comparve sulla soglia della stanza Myriam. Con una veste larga che non nascondeva la pancia in evidenza.
Josef la guardò stupefatto. Rimase con la bocca aperta senza riuscire a pronunciare parola. Myriam lo guardava negli occhi. Non aveva lo sguardo del colpevole scoperto, o penitente. Aveva la triste dolcezza di chi si trova davanti a qualcuno che non può capire.
"Cosa è successo ?" sussurrò Josef, e non riusciva a credere veramente a ciò che vedeva, né a parlare, a gridare.
"Non è possibile" ripeteva, "come hai potuto?".
Myriam si avvicinò al suo promesso e tentò di abbracciarlo. "Io non ti ho mai tradito, Josef!".
Josef la cacciò rabbiosamente con una spinta che la fece cadere a terra.
"Come puoi dire questo? Con che faccia hai il coraggio di negare l’evidenza? Mi stai prendendo in giro! Ecco il frutto della tua colpa in bell’evidenza!". Poi continuò piangendo disperatamente:
"Perché l’hai fatto, Myriam ? Perché hai avvilito la tua anima, tu, prediletta di Dio! Ti sei dimenticata del Signore e del tuo sposo! Come hai potuto approfittare della mia assenza per corromperti in modo così vergognoso!".
Myriam, rannicchiata in un angolo, piangeva silenziosamente.
"Io non ti ho mai tradito - ripeteva - Josef io ti amo! Ti giuro sul mio nome che sono sempre stata casta e non ho mai perso la mia verginità!".
"FINISCILA! - urlò rabbiosamente Josef. - Finiscila! Ammetti almeno la tua colpa, mostrati almeno pentita per il peccato di cui ti sei macchiata! Perché aggravi la tua colpa negando l’evidenza! Ti prego, dimmi che sei stata ingannata dal demonio! Dimmi che sei pentita!".
"Non ti ho mai tradito" mormorava Myriam.
"BASTAAA!" gridava Josef, e avrebbe voluto prenderla a schiaffi e a calci, prenderla per la gola e farle sputare la sua colpa per farla allontanare per sempre da lei, e allora fuggì via da quella casa e corse per la strada continuando a singhiozzare urlando "Perché ! ? Perché, Dio, perché ! ?"".
Era sconvolto.
Non riusciva a credere che Myriam fosse stata capace di tradirlo. Ma i fatti erano quelli.
Myriam aveva approfittato della sua assenza per darsi alle gioie del sesso o per trovarsi un amante che l’aveva messa incinta. Questo avrebbe dovuto pensare. Ma non ci riusciva. Amava troppo Myriam, la conosceva troppo bene. Conosceva bene la sua purezza di animo e di corpo. Conosceva la sua devozione alle leggi del Signore e la sua fedeltà.
Lui lo sapeva che Myriam lo amava - e piangeva - lo sapeva! Lo sentiva ogni volta che stavano insieme, ogni volta che Myriam lo guardava con quegli occhi, ogni volta che sentiva le sue carezze, ogni volta che parlavano. Josef conosceva bene l’amore che li univa. Aveva sempre pensato che formassero una coppia perfetta, che insieme sarebbero stati una famiglia ideale. E ora...
No, non era possibile che Myriam l’avesse tradito in malafede.
"L’avranno... l’avranno ingannata, avranno approfittato della sua ingenuità ! Avranno fatto leva sulle sue debolezze, l’avranno... forse l’hanno ricattata, forse l’hanno drogata... mio Dio! Forse l’hanno violentata! Forse dei soldati romani o forse… Ma perché non me l’ha detto ? Perché si ostina a negare tutto ?
Myriam, come è successo? Che cosa hai fatto?
Perché mi hai fatto questo? Perché?".
Josef sapeva cosa aspettava Myriam.
La pena per l’adulterio era la lapidazione. Non c’era scampo per lei.
"NO - pensò con decisione - No. La ripudierò in segreto. Non voglio che muoia, non voglio, anche se mi ha tradito. Anche se è colpevole. Io la amo!
La lascerò privatamente, senza dare spiegazioni a nessuno. Vivrà. Io non potrei mai vederla morire, per nessun motivo al mondo! Io non potrei vivere se lei muore, anche se è colpevole".
Così Josef decise di lasciarla e lo comunicò ad Hannah.
Dal giorno del loro incontro Myriam non aveva più visto il suo fidanzato perché Josef, in quello stato di confusione aveva detto di voler restare solo. Non voleva vederla.
Adesso l’aveva lasciata. Sola. Senza la sua protezione. Senza il suo amore.
Ma Myriam non poteva rassegnarsi a perdere così la persona più importante della sua vita. Sapeva che tutto era contro di lei, ma sapeva anche di essere innocente. Sapeva soprattutto di amare Josef più di ogni altra cosa al mondo e di non poter fare a meno di lui.
Andò sola nella casa dell’uomo, armata solo del suo amore.
Sul mio letto, lungo la notte, ho cercato l’amato del mio cuore ;
l’ho cercato, ma non l’ho trovato.
"Mi alzerò e farò il giro della città ; per le strade e per le piazze ;
voglio cercare l’amato del mio cuore".
Mentre camminava pensava alle parole di quel cantico che avrebbero dovuto cantare il giorno del loro matrimonio. Era il canto più bello, il Cantico dei Cantici.
Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme, se trovate il mio diletto
che cosa gli racconterete ?
Che sono malata d’amore !
Josef aprì la porta e la guardò con freddezza.
"Cosa ci fai qui?".
"Io volevo dirti... so di non potermi difendere, so che non posso portarti alcuna prova della mia innocenza ma...
Io ti sono fedele. Ti sono sempre stata fedele. Perché ti amo, ti amo con tutto il cuore, con tutto il mio corpo, con tutta la mia anima, con tutto il mio sangue fino all’ultima goccia.
Non ho mai permesso a nessuno di avvicinarsi a me, non ho mai permesso a nessuno di conoscere il mio intimo, né lo permetterò mai a nessuno all’infuori che a te, mio amore".
"Come puoi dire questo ? Con quale faccia hai il coraggio di mentire così apertamente ? Se è vero quello che dici da dove viene ciò che porti in grembo?".
"Come è vero Dio, Josef, io non so da dove venga".
"Non puoi rispondermi così! Non è una risposta, questa!".
"Ma è la verità! - rispose Myriam piangendo - Credi sia bello svegliarsi la mattina e ritrovarsi incinta senza aver fatto mai niente, come se un angelo fosse sceso nella notte a fecondarmi?".
"Un angelo?".
"Ascoltami, Josef. Sta accadendo qualcosa di straordinario in Israele. Mia cugina Elisheba è anche lei incinta".
"Ma che cosa vai dicendo? E’ più anziana di tua madre!".
"Ma è così. Puoi controllare tu stesso. Puoi vedere con in tuoi occhi quale miracolo sta accadendo nella storia di Israele. Si sta preparando un grande evento che sarà fondamentale per la vita del nostro popolo e forse di tutta l’umanità, e noi ne siamo parte!".
"Anche se è pazzesco - riconobbe Josef - è accaduto altre volte che una donna anziana concepisse figli. E’ successo a Eva e a Sara, ma non si è mai sentito che una donna concepisse senza rapporti! E poi perché dici "noi"? Noi chi? Cosa c’entro io in tutto questo? Se pure Dio ti avesse fecondato per farti madre del suo figlio, cosa c’entro io? Che ruolo ho in tutto questo?".
"Tu c’entri perché io ti amo e tu mi ami, tu sei l’altra metà di me stessa e se Dio ha scelto me ha scelto anche te! E io non posso realizzare la volontà di Dio se tu non sei con me, io ho bisogno di te come il mare dell’acqua! Cosa sono io senza il mio amore?".
"Va via!" disse Josef sconvolto. L’amava troppo per sentire ancora queste storie.
Myriam piangeva, avrebbe voluto abbracciarlo, avrebbe voluto che lui le credesse, che non smettesse di amarla.
"Va via" disse lui.
Myriam scappò via. Corse via per la strada sterrata e Josef la vedeva andarsene e piangeva; quella piccola ragazza era tutta la sua vita. Era la ragione che aveva di vivere.
"MYRIAM!" gridò e corse affannosamente per la strada, "Myriam aspetta!" gridava.
Myriam si fermò e si voltò, Josaeph la raggiunse in un secondo e la abbracciò in una nuvola di polvere.
Si stringevano forte e piangevano.
"Myriam ti amo, ma come faccio a crederti?".
Myriam lo stringeva con quelle sue mani di bambina, e Josef sentiva il suo respiro affannato sul collo.
"Credimi perché mi ami".
Quella notte Josef non fece che girarsi e rigirarsi sul letto.
Non riusciva a dormire, non riusciva a pensare lucidamente. Pregava. Pregava Dio di aiutarlo. Pregava Dio di illuminarlo.
Non voleva lasciare Myriam. La amava troppo. Ma quello che vedeva parlava chiaro.
Ma Myriam lo amava, e aveva fiducia in lui. E gli avrebbe detto qualsiasi cosa, e Myriam sapeva quanto lui la amasse, e allora perché avrebbe dovuto ostinarsi a mentire?
"Aiutami, Signore, aiutami a capire!".
Se Myriam lo amava come poteva mentirgli?
E se lui la amava come poteva non crederle?
La mattina seguente Josef si svegliò da un sonno profondo e intenso. E il primo pensiero che formulò la sua mente al risveglio fu : Myriam dice la verità.
Era un pensiero che, perso tra mille dubbi e angosce prima di addormentarsi, ora si faceva spazio con sempre maggiore sicurezza nella sua testa. Josef si sentiva strano, come chi potrebbe essere felice ma ha ancora bisogno di conferme.
Aveva in mente un passo del libro del profeta Isaia, che non riusciva a ricordare bene ma che gli nuotava dentro la testa cercando di emergere.
Si vestì in fretta e corse in sinagoga a controllare.
Chiese al custode di poter accedere ai rotoli della Sacra Scrittura e trovò subito il volume di Isaia, allora si mise a scorrere con foga tutto il libro finché non trovò quel passo:
Ecco la vergine concepirà e partorirà un figlio,
che chiamerà Emmanuele.
Josef uscì dalla sinagoga saltellando di gioia. Ora ne era sicuro, Myriam diceva la verità! Il figlio che aspettava era mandato da Dio, quell’evento era stato annunciato nelle Sacre Scritture, veramente erano chiamati a collaborare ad un grande evento!
Corse a casa di Myriam, "Perdonami! - le disse - se non ti ho creduto!".
"Tu mi credi Josef?".
"Ti amo e ti credo, e so che dici la verità!"
La ragazza sorrideva piena di gioia. Josef le accarezzava i lunghi capelli neri.
"Ti amo, ti credo e ti sposo - le disse abbracciandola - e non mi importa di quello che dirà la gente!".
Quando trovai l’amato del mio cuore.
Lo strinsi fortemente e non lo lascerò
La gente infatti, spettegolò a lungo. Disse che Josef non aveva resistito alla bellezza di Myriam, o che Myriam aveva ceduto alla foga amorosa del suo fidanzato. Disse che erano costretti a sposarsi subito perché sarebbe stato uno scandalo dare un figlio illegittimo a Dio, e dissero mille altre cose sui due focosi fidanzati che non erano stati capaci di aspettare il matrimonio.
Nemmeno Hannah capiva quello che stava succedendo. Pensava che il povero Josef, per amore di Myriam, aveva accettato questo matrimonio riparatore, e poiché nemmeno lei lo avrebbe mai consigliato di fare una cosa così umiliante, e poiché conosceva il carattere di Josef come forte e orgoglioso, e non si spiegava il suo entusiasmo e la dolcezza nei confronti nella sposa adultera, cominciò a sospettare anche lei che forse era stato lui stesso a fecondarla, in un momento di debolezza.
Ma per i due sposi niente di tutto questo aveva importanza. Solo loro conoscevano la verità. Loro ed Elisheba.
Mi baci con i baci della sua bocca !
Sì, le tue tenerezze sono più dolci del vino,
per la fragranza sono inebrianti i tuoi profumi
profumo olezzante è il tuo nome
Quella notte, la prima notte di nozze, Myriam si spogliò nuda per la prima volta davanti ad un uomo. E si stupì di non vergognarsi affatto.
C’era un po’ di imbarazzo in quel rossore sulle gote, certo. Era un po’ come spogliarsi davanti allo specchio. Spogliarsi davanti a qualcuno che è parte di te. Che conosce tanto a fondo la tua anima da non aver nulla da temere che conosca a fondo anche il tuo corpo.
Come sei bella, amica mia, come sei bella !
I tuoi occhi sono colombe
Come un giglio tra i cardi
così la mia diletta tra le fanciulle
Come un melo tra gli alberi del bosco,
il mio diletto tra i giovani.
Distesi sul letto, Josef le accarezzava i capelli e le guance, e la baciava con ardore e dolcezza.
Quanto sono soavi le tue carezze, sorella mia, sposa
quanto più deliziose del vino le tue carezze.
L’odore dei tuoi profumi sorpassa tutti gli aromi.
Le tue labbra stillano miele vergine, o sposa, c’è miele e latte sotto la tua lingua
Mentre Josef le baciava le spalle e le sfiorava il seno Myriam si meravigliava di quanta delicatezza e quanto rispetto potesse mettere un uomo nel toccare una donna.
I tuoi seni sono come due cerbiatti, gemelli di una gazzella
che pascolano fra i gigli.
Tutta bella tu sei, amica mia, in te nessuna macchia.
Pensavano e si ripetevano i passi di quel cantico che aveva accompagnato la cerimonia e si sussurravano le sue parole con dolcezza mentre si stringevano l’uno all’altra accarezzandosi.
Tu mi hai rapito il cuore, sorella mia, sposa
tu mi hai rapito il cuore con un tuo solo sguardo
Come sei bello, mio diletto, quanto grazioso !
Anche il nostro letto è verdeggiante.
Le travi della nostra casa sono i cedri,
nostro soffitto sono i cipressi.
La pancia era sempre più grande e rotonda e Josef la accarezzava e la baciava teneramente.
Non avrebbero fatto l’amore prima della nascita del bambino, lo sapevano entrambi, e questa duplice aspettativa era veramente l’attesa più dolce che si potesse provare.
Il mio diletto è per me e io per lui
In quel periodo l’imperatore Cesare Augusto emanò un decreto di censimento, che in tutta la Siria fu attuato dal governatore Quirino.
Ogni persona doveva recarsi nella sua città di origine per farsi registrare negli appositi uffici.
Il censimento era stato indetto, si diceva, in vista di una nuova ondata di tasse, e la cosa non faceva certo piacere ai popoli sottomessi a Roma, come Israele. E non faceva piacere nemmeno a Josef.
Josef, infatti, era originario di Betlemme di Giudea, e doveva recarsi là per fornire i suoi dati agli ufficiali romani.
Myriam aveva quasi compiuto i mesi di gravidanza e il marito non aveva nessuna voglia di lasciarla sola in quel momento. Così partirono insieme per la terra di Giuda.
Dovendo affrontare un lungo viaggio per arrivare in Giudea, Myriam e Josef avevano pensato di approfittarne per passare ad Ain-Karim, e andare a trovare Zakharyah ed Elisheba, che nel frattempo doveva aver partorito; avevano poi intenzione di andare a Gerusalemme per visitare il Tempio e rendere omaggio al Signore.
Partirono da Nazareth di buon mattino, a piedi, con un asina sulla quale Josef aveva fatto accomodare la moglie, che nelle sue condizioni era meglio non si affaticasse camminando tanto a lungo.
Dopo diversi giorni di viaggio giunsero a Ain-Karim e arrivarono a casa di Zakharyah.
Il bambino era nato ed era stato chiamato Yohanan, cosa strana, pensò Josef, perché nessuno nella famiglia di Zakharyah portava quel nome.
Josef e Myriam restarono con Elisheba ed il marito per qualche giorno, poi ripartirono e decisero di andare direttamente a Betlemme, senza passare per Gerusalemme, perché Myriam era molto affaticata e cominciava ad avere dei dolori. Non era il caso di allungare il viaggio e rischiare che le venissero le doglie per strada. Nella capitale ci sarebbero tornati comunque per la presentazione del bambino al tempio e per offrire le colombe e le tortore come prescriveva la legge.
Quella sera però, mentre erano in vista della città, Myriam cominciò ad avvertire forti dolori e chiese a Josef di fermarsi.
"D’accordo - disse lui - ci fermeremo al primo albergo".
Arrivarono ad una locanda e Josef chiese una stanza.
"Mi dispiace - rispose il locandiere - Ma non abbiamo più camere libere".
Ripresero il cammino. "Stai tranquilla Myriam, ne troveremo presto un’altra".
Nel frattempo Myriam si sentiva sempre peggio. Anche l’asina era stanca e sballottava qua e là la padrona desiderando anche lei un po’ di ristoro. Intanto stava scendendo la notte e ci si vedeva sempre meno.
Arrivarono alla periferia della città ed entrarono nel primo albergo che trovarono sulla strada.
"Vi prego - disse Josef - mi serve assolutamente una stanza. Mia moglie è incinta e comincia ad avere le doglie".
"Mi dispiace ma è tutto pieno, la città è affollata a causa del censimento e non ci sono camere libere".
Girarono per altri due, tre alberghi, ma erano tutti pieni; Josef e Myriam erano arrivati per ultimi e non c’era più un solo letto libero nelle locande che avevano girato.
"Qualunque posto - diceva Myriam con voce spezzata dal dolore - devo partorire, Josef, qualunque posto, anche una stalla!".
Josef entrò nell’ennesimo albergo e anche questo era pieno.
"Nemmeno una stanza?".
"Nemmeno una stanza. Tutto pieno".
"Mia moglie deve partorire, dammi un posto qualsiasi, basta che sia caldo, ti prego!".
"Di caldo c’è la stalla, se vi accontentate...".
"E vada per la stalla! - disse stizzato Josef - che mia moglie debba partorire in una stalla!".
Così il locandiere condusse gli sposi in una stalla ricavata da una grotta, destinata alle cavalcature dei viandanti, ce li portò insieme alla loro asina.
"Che cosa umiliante! - continuava a borbottare Josef. - Far dormire mia moglie con un bove e un’ asina!".
"Falla finita - gli fece Myriam - almeno è un posto caldo!".
"Aiutami" gli fece poi con dolcezza.
Josef la aiutò a stendersi sulla paglia, le accarezzò la fronte e le asciugò il sudore.
"Lo chiameremo Jeoshua" disse Myriam, stesa sulla paglia, mentre il marito la accarezzava.
"Sì - rispose con stupore Josef - è proprio il nome a cui avevo pensato io! Non è una straordinaria coincidenza?".
"Niente è coincidenza" disse dolcemente Myriam.
Le asciugò ancora la fronte e glie la baciò.
"Come ti senti?".
"Ora va un po’ meglio.
Hai visto che stella meravigliosa c’è là fuori?".
"No, non ci ho fatto caso".
"Vai a vedere".
Josef uscì fuori dalla grotta e alzò gli occhi al cielo.
Proprio sopra la sua testa c’era una stella grande e luminosissima , così luminosa da far quasi sparire tutte le altre; era di un chiarore e di una bellezza incantevoli.
In quello stesso momento, in un paese lontano dell’Oriente, alcuni astrologi avevano notato quella stella di straordinario splendore e ritennero che doveva essere il presagio di un grande evento.
"Gli astri annunciano la nascita dei re" si dicevano tra loro.
"Allora una stella così grande e luminosa non può che annunciare la nascita del più importante tra tutti i re della terra. Del Re dei Re".
"Se sta accadendo questo allora noi dobbiamo andare ad adorare questo grande Re".
"Seguiremo la stella" disse uno di loro.
Alcuni di loro si misero così in viaggio cercando il punto della terra perpendicolare alla posizione della stella nella volta celeste. Ed era in Palestina, verso Betlemme di Giudea.
"Josef! Josef!".
Myriam si contorceva dai dolori.
"Eccomi".
"Chiama subito una levatrice, ci siamo!".
"Sì, ma cos’hai, che ti senti, mio Dio stai male? Cosa...".
"Sta zitto e corri!".
Josef spaventato corse via cercando una donna che potesse aiutarlo.
Intanto un gruppo di pastori si era riunito nei dintorni e si scambiava pareri su una strana sensazione che tutti provavano.
"Non riesco a dormire. Sento che sta succedendo qualcosa di molto importante che mi chiama ad essere testimone".
"Io sento un’energia nell’aria, come un vento interiore che mi trascina verso il villaggio".
"Anch’io, è come se qualcuno mi chiamasse a prendere parte ad una grande gioia!"
"Pensate ci sia una festa in città? Sapete che comunque non siamo invitati".
"Amici, io credo che stia accadendo qualcosa di straordinario!".
"Ma cosa?".
"Ho sentito dire che c’è una donna che sta per partorire, nella locanda di Adonai".
"E allora?".
"Allora andiamo !".
"E perché? Per assistere alla nascita di un bambino?".
"Sì".
"E cos’ha di speciale la nascita di un bambino?".
"Tutto!
Un bambino che nasce potrebbe diventare chiunque! Potrebbe essere l’uomo che il mondo aspetta! Potrebbe essere il Messia!".
"E secondo te il messia si mostrerebbe a noi? La categoria più infima della gente di Israele?
A noi semplici pastori? A noi che non conosciamo nemmeno la legge di Dio? Noi che con il lavoro che facciamo siamo così impuri che non possiamo entrare mai nel Tempio? Credi che a noi sarebbe concesso di vedere il Messia?".
"Dimentichi che Re Davide era uno di noi?
Chi ti dice che il messia debba essere uno di loro?
Non era un sacerdote Abramo, non lo era Mosé, non lo era Salomone e forse non lo sarà nemmeno il Messia! Io non credo che Dio mi ami di meno perché faccio un lavoro umile. Dio non è un uomo. Io andrò a vedere".
Così i pastori arrivarono in una vecchia stalla per assistere alla nascita della Vita. Alla nascita dell’ Amore.
Josef cercò per tutte le case una levatrice, la trovò e la portò nella stalla; mentre la levatrice aiutava Myriam a partorire, tra gemiti che a stento Josef riusciva a sostenere senza crollare in ginocchio pregando Iddio di non farla morire di dolore, intanto preparava una culla sulla mangiatoia degli animali. Sistemò la paglia e vi stese sopra un lenzuolo bianco pulito.
E nacque un bambino.