La più bella avventura
di Arnaldo Casali
Quando ho cominciato a collaborare con Adesso,
cinque anni fa, non avevo mai sentito parlare di don Primo Mazzolari.
Presentandomi il giornale, Ciro, il sacerdote che lo aveva fondato, mi spiegò che
cinquant'anni prima c'era stato un altro Adesso.
"Negli anni
cinquanta - così scrisse nell'editoriale del n.1 - un prete di grande levatura
profetica, don Primo Mazzolari, diede vita ad un giornale con questa testata,
che chiuse i battenti dopo non molti anni a causa della troppa parresìa (leggi
franchezza)".
"Noi - aggiungeva - non diciamo di continuare quell'esperienza editoriale,
non siamo cioè gli eredi di Mazzolari: primo perché non ne saremmo capaci e
poi non vorremmo urtare la suscettibilità di coloro che ebbero grande stima di
quel prete e dei suoi scritti. Di quel giornale, però, oltre al nome, vogliamo
cogliere quello spirito profetico di andare contro corrente, di non essere
omogeneo agli schemi del mondo".
Questo è tutto ciò che ho saputo del Primo Adesso per molto tempo. La
verità è che nemmeno Ciro aveva mai letto - o anche solo visto - un numero
quel periodico. E ancora oggi non sono riuscito a scoprire di chi sia stata
l'idea di chiamarci così.
Io sono arrivato in redazione quando la rivista - seppur giovane - era già
avviata da qualche mese, seppure con una linea totalmente diversa da quella attuale. Ciro, a
sua volta, fondando il giornale aveva ripreso un progetto già abbozzato da altri prima di lui. Il
vescovo Gualdrini, infatti, assecondando il suo desiderio di mettere in piedi un
giornale, gli aveva consegnato anche una serie di bozze di progetti elaborati
nel corso degli anni per una
rivista diocesana.
Tra queste c'erano anche alcune proposte per il nome: a Ciro piaceva molto Iride ma tra gli altri candidati c'erano anche La notizia, L'Eco del Nera
e Adesso. Chi avesse proposto questi nomi, però, non l'ho mai saputo.
Se né
io né Ciro conoscevamo molto di Adesso neanche Dario, ben più esperto di
me in materia di Profeti del Novecento (è stato lui ad ideare la rubrica
che a me per primo ha fatto conoscere tanti personaggi fondamentali per la
storia della Chiesa contemporanea) aveva mai avuto modo di leggerlo direttamente.
E devo dire la verità: per molto tempo non c'era nemmeno questa grande
curiosità. Sembrava un mondo molto, troppo lontano dal nostro. Che potevamo
avere a che fare noi, generazione di Papaboys cresciuti a televisione e
Giornate Mondiali della Gioventù con un gruppo di preti impegnati nella
politica e nella teologia?
La mia formazione era indubbiamente più legata a Jovanotti, gli U2 e Beppe Grillo che a Mario Rossi, Ernesto Balducci o Giorgio La Pira, e quella rivista di cinquant'anni fa me la immaginavo più come una polveroso foglio di vecchi intellettuali che come qualcosa che potesse assomigliare - anche solo lontanamente - al progetto che portavamo avanti noi.
Quando però abbiamo cominciato a ricevere lettere (la prima, indimenticabile, di Ettore Masina) che ci paragonavano all'Adesso di Mazzolari, il desiderio di conoscerlo da vicino è diventato un'esigenza.
Non
che fosse così facile, in realtà, anche se di libri ne sono stati pubblicati
parecchi.
Ricordo una lunga - e inutile - ricerca, insieme a Dario, nella
Biblioteca nazionale di Roma, e i tortuosi tentativi di acquistare la ristampa
integrale delle Dehoniane (prima con un fax, che non ebbe mai risposta, poi a
Bologna, di ritorno dal Giubileo degli Oppressi, ma arrivammo quando il magazzino era
ormai chiuso).
Il primo articolo di Adesso che ho letto è stato Franco perdonaci tutti di don Milani, inserito in una ristampa di L'obbedienza non è più una virtù che aveva Dario a casa (e che ebbi l'opportunità di leggere nel corso di una "vacanza romana" segnata da letture, lunghe chiacchierate e visite in luoghi poco turistici ma di grande importanza civile, come le Fosse Ardeatine).
Quella celebre ristampa di Adesso delle Dehoniane ce l'aveva invece don Pio, il mio ex parroco; ma ce l'aveva a Genova, e quindi non me la mostrò mai, ma fu lui il primo a dirmi che tutto sommato, almeno da un punto di vista esteriore, la rivista di Mazzolari non era così diversa dalla nostra. Ma quando finalmente ce la trovammo davanti, alla Biblioteca di Storia Moderna di Roma, beh, fu una vera Apocalisse (nel significato proprio di Rivelazione): in un pomeriggio divorai dieci annate. Fotocopiammo tutto il possibile, io prendevo appunti frenetici su redattori, direttori, passi da editoriali e lettere, come quella minacciosa e delirante di Gianni Baget Bozzo (dunque davvero non era un mondo così lontano dal nostro!).
Poi
c'è stato il terzo tentativo - questa volta riuscito - di acquistare la
ristampa anastatica integrale delle Dehoniane. Che viene venduta, peraltro, ad un
prezzo assolutamente ridicolo rispetto al valore, anche solo materiale,
dell'opera: appena 150mila lire per quattro volumi.
E' così che ho scoperto una rivista tutt'altro che polverosa, e tutto sommato
nemmeno così intellettuale: almeno non tanto da incutere soggezione al lettore
"sprovveduto".
Altra bella scoperta, è stato sapere che anche quell'Adesso
era portato avanti in gran parte - gratuitamente - da giovani che avevano allora più o meno
la nostra età, che molti dei nostri punti di riferimento lo erano anche per
loro (uno per tutti, l'Abbé Pierre), e che di tante idee, per noi oggi
fondamentali - ma forse anche un po' scontate - come l'Ecumenismo, il
pacifismo, l'importanza del laicato nella Chiesa, Adesso era stato
precursore.
Davvero una rivista con i piedi negli anni '50 e la testa negli anni
'70 (perché forse, tutto sommato, è proprio negli ultimi trent'anni che certe
idee sono diventate 'scontate').
Questo
non toglie nulla, però, a quanto scriveva don Ciro nel n.1: non potremmo mai pretendere
di diventare gli eredi di quell'esperienza.
Due anni fa Arturo Paoli ci
ha detto: "Non preoccupatevi se siete ancora giovani. Tutto si diventa,
nessuno nasce Mazzolari". Ma la verità è che quell'Adesso nasceva
allora da uno dei più grandi profeti del suo tempo, circondato da menti che
hanno fatto tutte - in un modo o nell'altro - la storia della Chiesa, della
politica, della cultura dello secolo scorso. Adesso era un punto di
riferimento per cattolici di tutta Italia, continuamente tenuto sotto
osservazione dal Sant'Uffizio, che ne volle poi la chiusura.
Noi siamo
pienamente coscienti della nostra piccolezza; sappiamo di portare avanti
un'esperienza bella ma molto limitata. Sappiamo che ben difficilmente fra
cinquant'anni qualcuno si ricorderà ancora del nostro Adesso così come
nessuno ci fila oggi in Vaticano, ma allo stesso tempo sentiamo il
desiderio di recuperare anche noi un pezzetto di quell'esperienza e di farla
crescere in noi, e con noi.
Negli ultimi mesi, dalla carta delle pagine i contatti con il Primo Adesso sono diventati umani. Quei nomi che conoscevamo per averli frequentati nelle nostre letture sono diventati persone vere, vive, e nemmeno tanto anziane come ci saremmo aspettati.
Il
primo contatto è stato con padre Aldo Bergamaschi, grazie al suo sito web. E'
stato lui a darci l'indirizzo della Fondazione Mazzolari di
Bozzolo. E lo scorso anno abbiamo avuto l'onore di ricevere una lettera dal
presidente Giussani. Poi - qualche mese fa - è nata inaspettatamente
l'amicizia con Mario Pancera, che dopo averci letto per anni ha cominciato
addirittura a scrivere per noi, fino ad arrivare a Giulio Vaggi, lo storico
direttore di Adesso.
E così, quando abbiamo saputo che Raitre stava realizzando una fiction dedicata
a don Primo, abbiamo capito che era giunto il momento fare quel numero,
interamente dedicato a Mazzolari e ad Adesso, al quale pensavamo da
cinque anni ma al quale non avevamo mai avuto il coraggio di mettere mano.
Un numero che, speriamo, se da una parte rappresenta l'approdo di un lungo cammino di avvicinamento, dall'altra l'inizio di un nuovo cammino da fare, finalmente, insieme.