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Intervista a GIOBBE COVATTA
“Spero che mia figlia cresca in un mondo migliore”
di Arnaldo Casali
Lei ha un aspetto molto ieratico, ha un nome biblico, da qualche anno dedica la sua arte per aiutare i più poveri della terra e chiude il suo spettacolo con una sorta di ironica preghiera. Qual è il suo rapporto con la fede?
“No, quello che faccio è di natura politica, non c’entra con la religione. Non ho nulla contro la Chiesa, anche se a volte entro in polemica con chi certe cose dovrebbe farle di mestiere. Sono anche tendenzialmente contrario al volontariato”
Perché?
“Perché penso che non dovrebbe essercene bisogno, perché di certe cose dovrebbe occuparsi chi detiene il potere politico. Se c’è bisogno di volontariato significa che continua ad essere negato lo stato sociale. Detto questo mi è capitato di conoscere alcune realtà, di studiarle in maniera quasi ‘antropologica’; realtà che mi piacciono e a cui mi sono legato. Mi piacerebbe vedere sopravviverle e crescere senza i poteri che le soffocano”.
L’incontro con l’AMREF come è avvenuto?
“Casuale, come accade sempre: incontri una persona che te ne fa conoscere un’altra, ti presentano un progetto, chiedi cosa puoi fare, “stiamo costruendo una scuola, ci mancano settantamila lire”, “ok eccole qua, ma che altro si può fare?”
A differenza dei suoi colleghi, però, lei non si è limitato a devolvere qualche incasso o a fare da testimonial per gli spot. Negli ultimi anni ha dedicato quasi tutto il suo lavoro all’Africa.
“Beh, cominci a fare qualcosa, impari a conoscere quella realtà, ci passi un sacco di tempo, condividi i suoi problemi quotidiani; poi scopri che i tuoi racconti influenzano di fatto le persone che ti ascoltano. Quando vai a dire queste cose di fronte a cinque milioni di persone, ci saranno tre persone che ti ascoltano, se non altro per le legge dei grandi numeri!”.
Si tratta comunque di una scelta molto coraggiosa, una “svolta sociale” della propria carriera che in Italia ha fatto forse solo Beppe Grillo…
“Non c’è nulla di premeditato o di eroico, è semplicemente un modo di vivere, è una cosa che faccio volentieri, che mi piace. Non è una cosa che faccio con il trasporto di chi deve compiere una missione. Spero che mia figlia cresca un po’ meglio di come sono cresciuto io. Ma ripeto, non lo faccio in termini religiosi o etici, semplicemente pratici. Mi piacerebbe che mia figlia vedesse un mondo un po’ meglio di quello che ho conosciuto io, tutto qua; non credo che succederà, ma spero che lei continui a pensarla in maniera positiva”.
Sicuramente comunque con il suo lavoro qualcosa la può fare: ci sono pur sempre quelle tre persone su cinque milioni …
“Sì, ma alla fine sono convinto che non sono più di tre. Certo, è importante parlare, scambiare opinioni”.
D’altra parte voi comici avete una marcia in più. E’ più facile sensibilizzare la gente su certe tematiche facendola ridere. Il “Giullare di Dio” insegna; in fondo quello che lei fa è molto francescano…
“Sono convinto che se nel sangue di ogni uomo scorresse anche solo una goccia di sangue di Francesco le cose sarebbero diverse. Ma sono anche convinto che Francesco con la religione avesse poco a che vedere e che se la Chiesa non l’ha bruciato sul rogo è stato solo perché gli faceva comodo tenerselo”.