Intervista
a Giorgia Porchetti, protagonista di L'educazione di Giulio
Un raggio di sole
tra lo schermo e il palco
di Arnaldo Casali
E'
bella e solare, Giorgia, come il personaggio che interpreta ne L'educazione di Giulio, il film di Claudio Bondì che ha segnato il
suo debutto nel mondo del cinema E
ammette di aver dato molto di sé al personaggio di Bianca, la
compagna di scuola di cui si innamora il giovane Giulio Carlo Argan, una
ragazza (immaginaria) allo stesso tempo seria e vivace, che conquista il futuro
storico dell'arte colorando la sua vita di allegria e nello stesso tempo facendo
sentire, con la sua solarità, quasi in soggezione un ragazzo abituato a vivere
nell'atmosfera e cupa e morbosa del manicomio.
Ventisette
anni, Giorgia ha iniziato a fare teatro negli anni del liceo, all'interno del
Progetto Mandela (laboratorio scolastico nato a Terni nel 1984
per parlare di diritti umani attraverso il teatro), ed è stata tra i
fondatori della Compagnia del Pino.
Finita
la scuola si è iscritta alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università
La Sapienza di Roma e intanto ha cominciato a fare provini "in tutte le
scuole di teatro legate ai teatri stabili o comunque riconosciute a livello
nazionale", riuscendo infine, ad entrare nel Teatro Stabile di Torino, la
scuola aperta da Luca Ronconi nel 1991.
"Sono
entrata nel 1997 e ho finito nel 2000, poi l'anno scorso ho fatto un ulteriore
anno di specializzazione, che si è concluso con uno spettacolo per il Teatro
Stabile con gli altri allievi, che è stato anche la mia prima esperienza
professionale".
Come
hai conosciuto Claudio Bondì, il regista di L'educazione di Giulio?
"Claudio
è venuto nella nostra scuola quando io frequentavo l'ultimo anno e visto che
doveva girare un film con degli attori molto giovani ha chiesto la
collaborazione della nostra scuola. Ha avuto la fortuna di trovare il
protagonista del film all'interno della nostra classe…".
Il
cast del film ha coinciso con la classe di teatro?
"I
compagni di classe di Giulio sono tutti nostri compagni, anche se sono quasi
tutti ruoli minori o di comparsa, poi alcune ragazze hanno fatto le pazze.
Ovviamente ci sono anche attori provenienti da altre scuole di teatro".
Quindi
c'era molto affiatamento tra di voi.
"Sì,
anche perché Claudio fa un grosso lavoro con gli attori: abbiamo fatto molte
prove in modo da arrivare sul set preparati e non dover girare molto, e questo
anche a causa del budget ridotto del film".
Che
tipo di indicazioni di regia ti sono state date?
"Claudio
ha lavorato un po' sul personaggio in generale raccontandoci quello che lui
immaginava e quello che trovava
potesse corrispondere in noi, ma cercava anche una grossa collaborazione. Diceva
"voglio che mi facciate dei regali". Ad ogni modo non ha voluto
un'interpretazione troppo attoriale. Mi ha chiesto di essere molto me stessa, e
infatti è bello che molti amici che non mi vedevano da dieci anni abbiano detto
di avermi riconosciuto nel personaggio. Poi abbiamo lavorato molto sui modi, sui
gesti, sugli atteggiamenti che c'erano negli anni '30. Ho provato anche a fare
una piccola ricerca, comunque lui mi ha sempre detto che rientravo molto in
quest'immagine di 'ragazza da sposare'
Come
sei stata scelta per il ruolo di Bianca?
"Ho
fatto dieci provini. Inoltre Claudio voleva vedermi con il protagonista, che però
non aveva ancora scelto, e c'è stato tutto un incrocio di coppie prima di
arrivare a quella definitiva. Quindi ci siamo conosciuti bene prima di
cominciare a lavorare, poi lui è una persona davvero deliziosa, per me è
diventato quasi un padre".
Infatti
hai girato anche un cortometraggio con la figlia Chiara…
"Sì,
si chiama Rosa Rosae e l'abbiamo girato subito dopo il film, anche se
paradossalmente è uscito prima. Lei era venuta su a dare una mano al padre e mi
ha voluto in questo suo cortometraggio di debutto. Insomma in qualche modo sono
stata adottata da tutta la famiglia!"
Adesso
sei tornata a Roma?
"Sì,
sto cercando di inserirmi nell'ambiente romano, ed è un ambiente difficile. Io,
rispetto ai miei compagni, bene o male con questo film ho avuto un'opportunità
in più. Se non altro gli agenti e i casting non ti snobbano. Il problema è che
se non hai fatto niente nessuno ti fa fare niente, Non è facile, comunque,
inizia una nuova era: bisogna farsi conoscere, e nel teatro entrare in un
circuito di un certo livello è anche più difficile che fare cinema".
Con
la Compagnia del Pino quanti spettacoli avete fatto?
"L'ultimo
spettacolo che ho fatto con loro è stato Gli Uccelli nel 1997, poi ho
fatto il provino e quindi sono andata via, anche se siamo rimasti molto amici e
spero anche che in futuro si possa fare qualcos'altro".
Avendoli
provati tutti e due, preferisci il cinema o il teatro?
"Sono
due cose completamente diverse. Il teatro ti dà un'emozione diversa. Hai un
confronto con il pubblico diretto e immediato, è uno spettacolo che gestisci in
prima persona".
Fellini
ha detto "non esistono bravi attori, esistono solo bravi registi".
Forse il cinema è meno appagante per un attore?
"Per
me è stato interessante scoprire un modo di recitare completamente diverso. Non
reciti seguendo un ordine cronologico, fai delle scene che durano due-tre
minuti, quindi devi dare tantissimo in poco tempo con a volte dei salti
"temporali" che devono cambiarti in poco tempo uno stato d'animo. A
teatro puoi comunicare con tutto il corpo, al cinema si deve vedere un pensiero
che ti passa attraverso lo sguardo. Sono due ricerche diverse".
Quando
guardi il film vedi Bianca o Giorgia?
"C'è
un certo distacco, anche se poi quando mi sono rivista la prima volta guardi
cose che non c'entrano niente, ti dici qui sono stata brava, qui no ero
distratta…"
Cosa
ti piacerebbe fare adesso?
"Vorrei
poter fare una tournée teatrale. Mettermi a confronto con tanto pubblico
diverso, con un pubblico grande, fare un po' quel tipo di gavetta…".
E
al cinema con chi ti piacerebbe lavorare?
"Tra
i registi italiani non saprei. Sai, che fai un nome ti abbinano a qualcosa… mi
piace Marco Bellocchio, mi piace anche questo cinema più giovane, Gabriele
Muccino mi incuriosisce. Purtroppo buona parte di quelli con cui mi sarebbe
piaciuto lavorare non ci sono più! Antonioni, Rossellini, Kubrick! Sono molto
incuriosita dai registi che fanno un grosso lavoro con gli attori, che ti
mettono alla prova. Mi piace Lars Von Trier, in generale i registi del gruppo
Dogma. Cose tanto interessanti quanto irragiungibili.
Le
tue attrici preferite?
"Tra
quelle teatrali Elisabetta Pozzi, non è conosciutissima ma è bravissima, un
vero animale da palcoscenico. Ogni volta che la vedo non la riconosco, ha una
capacità di trasformazione straordinaria. Riguardo al cinema mi piace molto
Giovanna Mezzogiorno. Quando ero piccola avevo una grande passione per Monica
Vitti, in qualche modo mi ci identificavo, la trovavo molto vicina a me".
A
Terni, la tua città, negli ultimi anni c'è un grande fermento cinematografico:
gli studios di Bengini e ora persino una casa di produzione, e lo sceneggiatore
Andrea Virili ha scritto un cortometraggio che ha vinto il David di Donatello.
Cosa ne pensi?
"Lo
scorso luglio mi ha chiamato Michelangelo Visconti, che si sta laureando al DAMS
di Bologna. Ci conoscevamo da bambini e adesso mi ha chiesto di recitare in un
suo cortometraggio. E' stato un bell'incontro tra ternani: il film si chiama
"Bloody Fog", una sorta di thriller-horror. E' stato molto divertente.
D'altra parte credo che nei cortometraggi si creano le situazioni più belle,
perché anche se si lavora con mezzi professionali non c'è la tensione che c'è
per un film, anche perché di solito nessuno viene pagato, quindi fai qualcosa
solo perché ti piace. Un primo montaggio lo ha mandato al Torino Film Festival,
anche se in realtà non lo ha ancora terminato".
Hai
altri progetti?
"Ho
fatto una piccola parte in un altro film, Una bellezza che non lascia scampo
di Francesca Pirani (in uscita il 10 maggio, ndr). E' un film molto bello, in
cui ci sono tanti personaggi femminili".
Tornando
al rapporto della tua città con il cinema. Ultimamente sembra diventata la
regina delle fiction (l'ultima è stata Io ti salverò - ndr). Cosa ne
pensi?
"Di
Sei forte maestro ho visto qualche episodio e mi è sembrato carino.
Benigni… è un altro dei registi con cui mi piacerebbe davvero poter lavorare.
Quando ha girato La vita è bella io ero già andata via da Terni. Ora so
che alcuni miei amici hanno recitato in piccole parti in Pinocchio e
ovviamente mi fa molto piacere. Quando hanno fatto i provini io ero in giro, tra
Torino e Roma, altrimenti li avrei fatti anche io!".
Lavori
in un ambiente, quello dello spettacolo, in cui la cosa più importante sembra
essere diventare famosi, basti pensare al Grande Fratello, come vivi
questa condizione?
"Io
voglio diventare brava, non famosa. Questo è il mio vero sogno. Non mi mette in
crisi il confronto con Il grande fratello o cose simili, è talmente
diverso il percorso che sto facendo, che non ho bisogno di confrontarmi con
quelli che stanno facendo una strada che è completamente diversa dalla mia. Il
confronto lo faccio con quelli che stanno davanti a me. Comunque non credo di
avere la stoffa per diventare un'attrice famosa, perché non sono disposta a
farmi del male solo per essere più esposta, più visibile. Forse per questo
tendo ad amare di più il teatro. Lì nessuno può manipolare più di tanto la
tua immagine".
Eppure
sentir dire a Miriana Trevisan "noi artisti" dà un po' fastidio. O
no?
"Quando fai i provini incontri ragazze che si definiscono attrici perché hanno fatto le comparse a Non è la rai. Io personalmente non riesco ancora a definirmi un attrice, io penso di essere una persona che vorrebbe fare questo lavoro".
L'EDUCAZIONE
DI GIULIO
Generalmente
i film-biografia parlano di atleti, attori, politici, santi; è piuttosto raro
che un film racconti la vita di uno storico dell'arte, ancor più difficile è
che ne racconti l'adolescenza. Uno
spunto, quindi, sicuramente molto originale quello che sta alla base dell'opera
di Claudio Bondì, che per il suo primo film ha scelto di raccontare alcuni anni
della giovinezza di Giulio Carlo Argan, uno dei più importanti storici
dell'arte contemporanei: un'adolescenza vissuta tra le mura di un manicomio del
quale il padre era direttore e nel quale viveva anche il celebre "Smemorato
di Collegno".
Protagonisti
del film - presentato a Venezia fuori concorso lo scorso anno - ci sono
Alessandro Pellizzon, Roberto Accornero, Francesca Vettori, Tatiana Lepore,
Bruno Gambarotta e Roberto Zibetti, uno dei protagonisti di "Radiofreccia".
Il
film, ambientato nella Torino degli anni '30 è leggero e delicato: l'amore, così
come la politica (siamo in pieno fascismo, alla vigilia delle leggi razziali) e
i contrasti con il padre autoritario, vengono appena sfiorati: quello che il regista mette in scena
è la crescita di un adolescente diviso tra l'amore per una giovane compagna di
scuola e i turbamenti per le donne malate di mente con cui si trova a convivere.
Bondì,
57 anni, si considera uno scrittore prestato al cinema, che per vivere fa la
televisione.
"Non
ho una vocazione così forte per il cinema, se non faccio film non muoio.
D'altra parte può essere molto frustrante vedersi rifiutare una sceneggiatura
per anni e anni. Pensate che il libro da cui è tratto il film l'ho scritto nel
1992, la sceneggiatura nel 1995: le riprese le ho fatte nel 2000, potete
rendervi conto quanto sono lunghi i tempi nel cinema, quanta pazienza e costanza
ci vuole per portare a termine un progetto".
D'altra
parte, a molte scene ha dovuto rinunciare per la mancanza di disponibilità
economica da parte del produttore. "Sarebbero bastati 2-300 milioni in più
per fare il film come lo volevo. Sembrano tanti ma vi assicuro che nel mondo del
cinema non lo sono. Considerate che il 30% del costo di un film va per la
pellicola e noi per risparmiare abbiamo effettuato pochissimi ciak, preparando
molto le scene prima in modo da non doverle ripetere in fase di riprese, e
moltissime scene sono state girate in piano sequenza, cioè di seguito, senza
gli stacchi che costringono girare la stessa scena più volte da inquadrature
diverse"
Gran
parte del cast è stato scelto tra gli allievi del Teatro Stabile di Torino, e
Bondì si dice assolutamente soddisfatto di questa scelta.
"Quando
i registi dicono che in Italia non si trovano bravi attori è perché li vanno a
cercare nelle palestre!". "D'altra parte - ha continuato - c'è una
grossa differenza tra il teatro e il cinema. Quando si lavora con attori
teatrali bisogna sempre 'togliere': loro sono abituati a farsi sentire dallo
spettatore seduto nell'ultima fila della platea. Nel cinema sono più importanti
gli sguardi, o le frasi sussurrate".
Il
nuovo progetto di Bondì riguarda un film ambientato nel 415 d.C. "racconta
la caduta del mondo antico vista da un poeta che non si rende conto del grande
cambiamento in atto e decide di compiere un viaggio in Gallia per mare.
Il
titolo del film è "Il ritorno": si tratta di un film molto complesso
che racconta il conflitto tra il vecchio paganesimo e il 'pericolo' cristiano. E
vorrei ancora Giorgia per il ruolo di una sacerdotessa di Iside".
Tornando
a "L'educazione di Giulio", Bondì racconta che il progetto risale
addirittura al 1976, "quando ho trovato delle schede abbandonate,
appartenenti all'archivio di un manicomio, che poi si vedono anche in una
scena".
Molti
degli episodi del film nascono da ricordi che Bondì ha raccolto dallo stesso
Giulio Argan. "Anche se molti li ho inventati di sana pianta, e sono
puramente simbolici, come la scena in cui il futuro storico dell'arte prende una
nota dopo un dibattito con il professore con la nuova architettura di
Torino".