Intervista a Marco Ponti
il caso dell'anno con Santa Maradona
Tutto
sommato si può dire che fa la festa e se la gode, Marco Ponti, giovanissimo
regista di "Santa Maradona", un altro dei film che sembrano destinati
a segnare, sulla scia de "L'ultimo bacio", la cosiddetta
"primavera del cinema italiano" e, nello stesso tempo, a raccontare
(come in letteratura hanno fatto "Jack Frusciante è uscito dal
gruppo" e "Tutti giù per terra") la famosa 'Generazione X',
quella che ha già visto tutto e non può inventare più niente, sospesa tra
impegno e apatia, tra crisi e voglia di leggerezza.
Non
a caso il protagonista di "Santa Maradona" è l'attore-simbolo di
questa generazione, Stefano Accorsi, reso famoso dal "Radiofreccia" di
Ligabue e consacrato definitivamente dal film di Muccino.
E
Marco Ponti - sceneggiatore formatosi alla scuola "Holden" di Baricco
- si diverte a raccontare l'incontro con il suo "mito" Accorsi, che ha
visto un suo corto ad un festival e gli ha proposto di lavorare insieme, a
commentare la bravura della rivelazione del film, Libero Di Rienzo, e dei
provini con Mandala Tayde ("Non avevo pensato a lei per quel ruolo, non
avrei mai pensato di lavorare con una che ha fatto i film con Pieraccioni e
Salemme!").
E
si diverte a commentare il film, a
far notare i particolari che passano inosservati, a svelare i retroscena, le
scene tagliate, i tanti piccoli particolari -
che dice - saranno recuperati in parte nell'edizione DVD, notazione
interessante, perché questo rende "Santa Maradona" il primo film nel
quale già durante la lavorazione si è programmata l'edizione DVD, con i vari
"bonus".
“Non
ho fatto nessuna scuola di cinema, sono partito dal mio paesino con la
sceneggiatura sotto il braccio in cerca di un produttore, ho chiesto il
finanziamento statale per le opere prime, ma non l’ho ottenuto, poi ho trovato
chi ha creduto nel progetto. Abbiamo girato con pochissimi soldi”
E'
vero che ti è stato proposto di girare il film a Terni?
“Sì,
e il mio produttore mi ha detto che potevo scegliere tra Torino e Terni, dove,
non lo sapevo, ci sono degli stabilimenti cinematografici molto quotati, dove
Benigni ha girato La vita è bella e Pinocchio e dove si girano
molte fiction televisive".
Come
hai fatto a scritturare Stefano Accorsi?
“Stefano
era venuto a vedere un festival di cortometraggi al quale partecipavo anche io.
Quando ha visto il mio, che poi ha vinto, ha voluto conoscermi e mi ha proposto
lui di fare qualcosa insieme. Quando gli ho fatto leggere Santa Maradona
ha accettato. Stefano è un attore che dà tanto, anche a livello fisico, che
crede veramente in quello che fa, per questo si è buttato con un esordiente
come me”
La
rivelazione del film, a detta di molti, è Libero De Rienzo, che interpreta Bart
e ha vinto il David di Donatello come attore non protagonista.
“Libero,
detto Picchio, ha riscosso un grande successo. Anche a chi il film non è
piaciuto, di Picchio ha parlato bene. È un attore bravissimo, ma non somiglia
affatto al suo personaggio così disinibito, sfacciato. Nella vita è molto
riservato, timido, durante la prima del film, mi teneva la mano. Adesso il
successo lo sta travolgendo, una rivista gli ha chiesto persino di posare
nudo".
Come
hai lavorato con gli attori?
“La
sceneggiatura è cambiata molto nel corso delle riprese da come l’avevo
scritta, proprio grazie al lavoro sul personaggio che facevamo. Con Libero e
Renzo abbiamo instaurato un rapporto di grande amicizia. Alcune scene le ho
scritte a casa mentre loro giocavano con la mia Play Station! Anche le
interpreti femminili sono straordinarie. Anita Caprioli è stata eccezionale,
Mandala Tayde una rivelazione, all’inizio non volevo scritturare un’attrice
che aveva recitato con Pieraccioni e Salemme, poi al provino sono rimasto
folgorato ed ho cambiato il personaggio da ragazza cinese a indiana apposta per
lei. Senza questi attori, il film non avrebbe avuto questo successo”
Perché
il titolo si richiama a Maradona?
“In
una partita con l’Inghilterra, Maradona segnò di mano e riuscì non solo a
farla franca, ma anche a prendersi gioco delle regole dicendo che aveva segnato
non la sua mano, ma la mano del Signore. I personaggi del mio film vogliono fare
anche loro “goal di mano”, in un certo senso trasgredire le regole. Maradona
ha fatto il meglio e il peggio, nella vita. Il titolo è una canzone di Manu
Chao che mette in contrasto questo personaggio con la parola “santa”. Io
preferisco questi contrasti forti, così sono i miei personaggi, positivi e
negativi insieme; li definisco nichilisti ottimisti”
Volevi
rappresentare una generazione?
“Assolutamente
no, il mio film vuole solo raccontare una storia, è “onestamente”
rappresentativo. Credo comunque che il cinema italiano sia stato avaro nel
parlare di questa età. Il problema è che si arriva a fare cinema tardi, quando
quella rabbia e quella forza dei vent’anni è già diventata qualcos’altro,
quando è già in corso un imborghesimento”
Il
pubblico in sala commentava che il tuo film è realistico, vero, e si chiedeva
se era autobiografico.
“Il
cinema è finzione, arriva alla verità attraverso la narrazione, per questo,
all’interno del film, i personaggi si raccontano a loro volta delle storie.
Credo che il cinema sia il mezzo narrativo più potente che ci sia oggi”
Credi
in una primavera del cinema italiano?
“La
primavera comincia il 21 marzo, oggi è come se fossimo al 22. E’ troppo
presto per parlarne. Ma chi ama il cinema veramente, in questo momento può
realizzare il suo film, questo è un momento positivo”
Santa
Maradona riscopre la commedia all'italiana?
“No,
non appartiene alla commedia all’italiana, direi che è una commedia
drammatica. C’è nel mio film un gusto per la parola che in Italia spesso
manca".
Libero è stato a
Genova. E ritirando il David ha parlato del conflitto in medioriente quasi in
lacrime. Anche tu ti senti così schierato?
“Io credo che questo
film qui, nel suo piccolo, sia politico, i personaggi reagiscono, si può
rispondere se ti trattano male, si può tentare cambiare il mondo, se una cosa
non è all’altezza delle tue aspettative la puoi rifiutare. Il potere della
commedia è nel riso. Se rido di un colloquio di lavoro umiliante, vuol dire che
si può fare in un altro modo".
Come è cambiata la
tua vita dopo l’11 settembre?