Il
“Satyricon” da Petronio a Luttazzi
Il Satyricon di
Petronio Arbitro è una satira menippea (romanzo misto di prosa e versi) scritta
nel I secolo dove si racconta, attraverso la vicenda di due giovani scapestrati
omosessuali, la decadenza della Roma Imperiale, città di postriboli, di
ruffiani, di poeti cialtroni che si vendono per un piatto di minestra, di ricchi
gretti e volgari e di corruzione. Un personaggio, Trimalcione, è considerato il
simbolo di quel mondo: è un ricco volgare che allestisce un banchetto dove
accorrono tutti, politici, poeti, musicisti, nobili. Trimalcione è il potere
che si mette in mostra con opulenza e arroganza: recita i suoi terribili versi e
i poeti presenti alla cena applaudono al capolavoro, parla di politica e tutti
annuiscono… eppure si lamenta anche lui della decadenza dei tempi. Lo spirito
del Satyricon è tutto in questo
celebre banchetto.
Si intuisce perché
Daniele Luttazzi abbia intitolato il suo show televisivo come il celebre romanzo
satirico. Luttazzi racconta, attraverso battute fulminanti e interviste al
vetriolo, un paese dove tutti banchettano allo stesso tavolo, dove i
padroni-Trimalcione hanno sempre ragione e nessuno li contraddice.
Petronio faceva satira
mostrando l’assenza totale di morale in un Impero senza più bussola. Il
Satyricon di Luttazzi, dietro il disfattismo di superficie e il nichilismo
apparente, cerca un buonsenso che sembra scomparso, cerca la morale che il paese
ha perduto.
Perché la satira, almeno quando è fatta con criterio e intelligenza, nasce sempre da un senso alto della morale. Il criticare senza remore con il sorriso sulle labbra non è cinismo, è invettiva civile. Bergson, nel suo saggio sul riso, ricordava e ribadiva una volta per tutte che il riso nasce sempre laddove si vogliono castigare i cattivi costumi, il genere comico è restaurazione dell’ordine e della stabilità, punizione di chi esce fuori dalla norma e di chi non sta al passo con i tempi; il riso stigmatizza e ridicolizza chi sta fuori dal giro, crea modelli negativi, da non seguire, perché in controluce, propone modelli positivi. Si ride di qualcuno per non essere come lui. La satira, che al comico unisce una dimensione politica e sociale più spiccata, parte da una precisa e definita scala di valori e attacca chi li tradisce, chi li contesta; per cui è sempre “di parte”, è espressione di un gruppo che si riconosce in un codice di valori, in una formazione culturale, insomma, in una (piccola o grande) comunità..