TELEVISIONE,
TELEVISIONE
di
Arnaldo Casali LA SATIRA
Negli
ultimi tempi in televisione (anche grazie alla felice
situazione politica italiana)
si è ricominciato a parlare di satira, e come sempre
se ne parla a sproposito. Basti pensare che alla puntata di
“Porta a porta” dedicata alla satira, Bruno Vespa ha
invitato pure Pier Francesco Pingitore. Cosa c’entra
Pingitore con la satira? Niente, assolutamente niente. Eppure
in Italia si continua a pensare che i suoi programmi - quelli
del Bagaglino (l’ultimo è stato Marameo) - siano varietà
satirici. E questo soltanto perché vengono imitati i
politici, che da sempre sono l’oggetto privilegiato della
satira. Il
Bagaglino, al contrario, è la negazione assoluta della satira
e questo per un motivo molto semplice: la satira è denuncia.
Quello che la gente non sa, o non ha il coraggio di dire, il
comico lo grida a voce alta, e fa ridere. D’alta
parte è l’essenza stessa dell’umorismo, il “sentimento
del contrario”: Il comico fa ridere perché dice cose strane. La satira fa
ridere perché mostra le assurdità della realtà. La satira
denuncia i mali del mondo, mette a nudo le magagne dei
potenti, mette in evidenza quello che è taciuto. Quello che
fa il Bagaglino da sempre, invece, è dire solo ed
esclusivamente quello che dicono tutti. Le imitazioni di Pippo
Franco & Co. sono una vetrina di luoghi comuni, ed è
proprio questa la loro forza, perché l’uomo qualunque si
riconosce nel qualunquismo del Bagaglino. Un qualunquismo che
riesce ad annullare qualsiasi provocazione della satira. Perché
anche una denuncia autentica, una verità scomoda, quando
approda al Bagaglino - dopo essere passata sulla bocca di
tutti gli italiani - e diventa tormentone,
riesce a perdere qualsiasi mordente. Il
Bagaglino rappresenta bene l’italiano medio che diceva che
Craxi era un ladro ma votava socialista, l’italiano che
diceva che Andreotti era un mafioso e continuava a votare
Democrazia Cristiana. Pingitore
(che negli anni ‘60 fu acerrimo nemico di don Milani) è di
destra e lavora per Berlusconi, eppure può davvero vantarsi
di essere sopra le parti, di non fare satira di regime. La
sua “satira” infatti, che ammicca a D’Alema e a
Berlusconi, è tanto libera quanto servile: è chiacchiera da
bar, e come tale non crea disordini, non mette in discussione,
non crea dibattito, non rovescia poltrone; non è certo un
caso se i politici, non solo non querelano Pingitore, ma da
sempre vanno al salone Margherita a presenziare ai suoi
spettacoli. Se
c’è una satira di regime in televisione, invece, è quella
di Dandini-Guzzanti. Di regime perché ideologizzata, non
libera. L’Ottavo nano già dal titolo era una
dichiarazione programmatica antiberlusconiana. “Da che mondo
è mondo - hanno detto dalla Casa delle Libertà - la satira
si fa contro il governo. La satira contro l’opposizione si
fa solo nei regimi”. In realtà è un’accusa abbastanza
ridicola perché - come è stato replicato - la satira è
diretta non tanto contro il governo, quanto contro i potenti,
e Berlusconi da anni è l’uomo più potente d’Italia. Ciò
non toglie che la satira politica dei fratelli Guzzanti resti
satira di regime, perché “politica” non solo in quanto
diretta contro i politici, ma anche - e soprattutto - perché
dettata da ragioni politiche. La
satira Guzzanti non è denuncia, è campagna elettorale. E’
più una versione comica di Tribuna Politica che un impietoso
ritratto dei mali del mondo, come è, ad esempio, uno
spettacolo di Beppe Grillo, che di satira fa quella più vera
e genuina, quella che se la prende con tutti e non sta con
nessuno. E che
non a caso è bandita dalla tv. Satira di regime, sul versante opposto (in ogni senso), è Striscia la notizia, che è una trasmissione satirica - come Le Iene - perché ha il coraggio di fare autentica denuncia civile (basti pensare alla questione di Radio Vaticana, sollevata proprio da Striscia e Le Iene) ma non osa addentrarsi sul terreno della politica, sul quale si troverebbe a dover affrontare chi gli dà lavoro, preferendo battere così - quanto tocca la politica - la strada del buonismo qualunquista e radical chic. E Benigni? Benigni, come dice Stefano Benni “è il regime del regime”. E certo non gli si può dare torto, dopo avergli sentito dire “Buon lavoro, Presidente” a Berlusconi. Ma quella di Benigni, comunque, satira non è mai stata: la sua è una comicità carnale, buffonesca, fondamentalmente innocua, per questo piace tanto a tutti, a destra e a sinistra, in Italia e in America. Nel lungo discorso sanremese le rogatorie, il falso in bilancio e il conflitto di interessi sono state citate all’interno della descrizione delle zone basse del Presidente del Consiglio, e non è niente di nuovo. Negli anni ’80 mentre Lutazzi e Grillo venivano esiliati dalla Rai perché dicevano che i socialisti erano ladri, Benigni dissertava degli attributi degli uomini politici, esattamente come fa oggi. |
(da Adesso n.14 - febbraio 2000)