LETTERA DI UN MARINE AL PRESIDENTE BUSH |
di Greg Nees
Caro signor Presidente, sono un ex-sergente dei marines che ha servito bene il
suo paese ed è stato congedato con onore nel 1970.
Come ogni altro americano, sono sconvolto dalla morte e dalla distruzione di cui
siamo stati testimoni l’11 settembre. Ma un errore da parte nostra potrebbe
allargare facilmente la spirale della violenza. Signor Presidente, lei ha oggi
un’opportunità storica per dimostrare che gli Stati Uniti sono più che una
potenza economica e militare da temere. Può mostrare al mondo che gli Stati
Uniti sono anche un paese civilizzato nel quale si può aver fiducia perché segue
la legge, guidato dalla saggezza e dalla compassione. Non lasci che una sola
vita innocente - americana, israeliana, palestinese, afghana o altra - vada
perduta.
Quale diritto possiamo rivendicare che ci consenta di spezzare altre vite
innocenti? Non è anche questa una forma di terrorismo? Dobbiamo abbassarci al
livello di quelli che hanno fatto l’attacco al World Trade Center o dobbiamo
restare in piedi? Ci guidi, signor Presidente, con dignità e saggezza. Non
assecondi le parti primitive del nostro essere. Mostri al mondo che lei è un
leader con la forza e il coraggio per cercare la comprensione e il ripristino
della giustizia, come ha fatto Nelson Mandela in Sudafrica.
Piuttosto che caratterizzare l’attacco come un atto di malvagità, io lo vedo
come un terribile ultimo atto da parte di persone che credevano di non avere
altro modo per farsi sentire. E’ decisivo che noi non solo vediamo la loro
volontà di usare una violenza atroce, ma che riconosciamo la disperazione che li
ha spinti a sacrificare altri e sé stessi.
Come ex-marine, so cosa significa essere disposti a sacrificare la propria vita
per una causa in cui si crede veramente. Mentre vedo queste persone come deviate
in modo orribile, piene di odio e disperate, non credo che siano codarde o
malvagie.
Se loro si considerano come Davide che combatte contro Golia per distruggere il
suo modo di vivere, certamente non dobbiamo essere d’accordo. Ma dobbiamo
capirli se speriamo di raggiungere una pace duratura e di evitare un mondo
chiuso e privo dei diritti e delle libertà che ci stanno a cuore.
Questo momento di crisi profonda è anche un momento di immensa opportunità.
Mostriamo loro che crediamo davvero in una giustizia per tutti. Siamo davvero
una superpotenza, troppo abituata a parlare e che si aspetta che gli altri
ascoltino. Mostriamo al mondo che siamo anche abbastanza forti da imparare ad
ascoltare.
LETTERA AL PRESIDENTE BUSH DEI GENITORI DI UNA DELLE VITTIME DELLE TWIN TOWERS
di
Phillis e Orlando Rodriguez
Egregio Presidente Bush,
nostro figlio è una delle vittime dell’attacco al World Trade Center. Abbiamo
letto della Sua reazione negli scorsi giorni e della risoluzione, sottoscritta
da entrambe le Camere, che Le conferisce poteri illimitati per rispondere agli
attentati terroristici. La Sua reazione a questo attacco, però, non ci fa
sentire meglio davanti alla morte di nostro figlio. Anzi, ci fa sentire peggio.
Ci fa sentire come se il Governo stesse usando la memoria di nostro figlio come
giustificazione per arrecare sofferenze ad altri figli e genitori in altri
paesi. Non è la prima volta che una persona, nelle Sue condizioni, ha ricevuto
poteri illimitati e poi se ne è pentita. Non è il momento per gesti vuoti di
significato per farci sentire meglio. Non è il momento di agire da prepotenti.
La invitiamo a pensare a come potrebbe il nostro Governo trovare soluzioni
pacifiche e razionali al terrorismo, soluzioni che non ci facciano sprofondare
allo stesso disumano livello dei terroristi.
Settembre 2001