Adesso Online

 

L'ennesima farsa

 

di Arnaldo Casali

Disfatta totale quella dell’ultimo – ennesimo – referendum. In Italia  solo il 25,7% degli aventi diritto è andato a votare, creando un vero e proprio primato per la storia dei Referendum.   Leggermente superiore il risultato nella Provincia di Terni, che ha visto il 29,7 % di affluenza.

Riguardo ai risultati, sull’articolo 18, l’89,4% ha scelto il “Sì” mentre i “No” sono stati il  10,8%. Più o meno analogo risultato ha avuto il quesito sull’Elettrosmog: 87,1 % dei Sì e il 13,5% dei No.

E’ evidentemente necessaria una riflessione sui due quesiti su cui gli italiani sono stati invitati a pronunciarsi, ma anche sull’istituto stesso del Referendum. Innanzitutto bisogna dire che se mezzo milione di firme depositate per promuoverne uno potevano “bastare” nell’Italia dell’immediato dopoguerra, forse oggi sono poche: appena un centesimo del popolo votante che dovrebbero rappresentare.  C’è poi la legge sul quorum del 50% + 1 dei votanti, che insieme alla pratica sempre più diffusa dell’invito all’astensione, che mescola insieme pigrizia,  sfiducia nelle istituzioni, “proteste” contro il Referendum stesso e “no” virtuali, ha contribuito a togliere credibilità a quella che rappresenta invece l’unica forma di partecipazione diretta del popolo alla legislazione e che ha avuto un valore enorme in passato: non dimentichiamo che attraverso il referendum sono passati momenti cruciali della storia italiana: la scelta della Repubblica, le leggi su divorzio e aborto, la denuclearizzazione del paese. Oggi, invece, siamo sempre più spesso chiamati ad esprimerci su questioni marginali, spesso incomprensibili, e soprattutto ininfluenti nella vita politica reale. Negli ultimi anni ci è stato chiesto di votare per l'abolizione dell'Ordine dei giornalisti, per la soppressione del ministero delle politiche agricole, per le privatizzazioni, la caccia, le carriere dei magistrati e gli incarichi extragiudiziari, per l'obiezione di coscienza., l’elezione del Csm, ordinamento giudiziario e incarichi extragiudiziari dei magistrati, rimborso spese per consultazioni elettorali e referendarie, trattenute sindacali, voto proporzionale alla Camera e licenziamenti. Nessuno di questi referendum è stato  “convalidato” dal quorum, e sono risultati quindi un’inutile spreco di miliardi da parte dello stato. In compenso, su questioni fondamentali, come l’entrata dell’Italia nell’Euro, non siamo stati interpellati, come hanno fatto invece gran parte dei paesi europei (e recentemente anche la Polonia). A quesiti marginali o eccessivamente “tecnici” che hanno aumentato il disinteresse generale, si è poi aggiunto, come dicevamo, l’invito all’astensione da parte della fazione del “No”; pratica che ha del paradossale: è come se ad una partita di calcio vincesse la squadra che non si presenta. Anche alle elezioni il “partito degli astensionisti” si fa sempre più numeroso, ma nessuno si sognerebbe di proporre una legge secondo cui se non si raggiunge il quorum resta il carica il governo uscente. Un altro dato che ha giocato poi sicuramente a sfavore di questo referendum è il fatto che si siano trovati insieme due quesiti molto diversi tra loro: uno rigorosamente ‘politico’, su cui si può discutere ma che resta fondamentalmente un vessillo di Rifondazione Comunista, e l’altro che riguardava invece la salute pubblica e il diritto dei cittadini alla sovranità nel proprio territorio: quest’ultimo – il più scomodo per tutte le fazioni politiche – è stato vittima di un vero e proprio boicottaggio, anche da parte dei più accesi promotori del referendum: concentrando tutta l’attenzione sull’articolo 18, infatti, hanno (volutamente) politicizzato la chiamata alle urne con il conseguente rigetto di quasi tutta la classe politica e dei suoi elettori.

Sulla disinformazione che questo Referendum ha subito, d’altra parte, ci conferma uno stesso scrutratore, che ha lavorato in un seggio del centro di Terni: “Molte persone non sapevano per che cosa si votava. Mi chiedevano spiegazione e anche dopo sceglievano di non votare. Quei pochissimi che hanno votato erano invece molto bene informati”. Per l’esattezza parliamo di 129 persone su 760 elettori del seggio, di cui 114 hanno votato per il Sì all’articolo 18 e 14 per il no. Sull’elettrosmog la proporzione è la stessa 114 contro 112”.