Alcuni brani tratti dal libro-intervista Interrogativi per vivere (Cittadella, 1984)
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Lei vede tanta miseria, tante ingiustizie
e tante poche forze impegnate a combatterle: come può essere così sorridente,
gioioso, ottimista?
«Nel mio paese e dovunque io vada, è vero
che incontro la miseria, il dolore, la violenza, l’odio. Ma è vero anche che
incontro folle innumerevoli di uomini e donne, di giovani di ogni età che non
accettano questa situazione, che hanno sete di giustizia e di pace, che sono
pronti a tutto per costruire un mondo più sano e più fraterno. Questo mi dà un
coraggio enorme!».
Cosa ne pensa della diminuzione continua
della pratica religiosa?
«Perché parlare sempre di “pratica
religiosa” e mai di “pratica evangelica”, fatta di amore e coraggio, di servizio
agli altri? Forse questa pratica non è abbandonata. Dovunque io vada la vedo
operante e sono ottimista. Se i giovani vanno meno in chiesa è forse perché non
vi trovano abbastanza riuniti la vita e il vangelo. E’ compito delle comunità
cristiane far ricongiungere la pratica evangelica con quella religiosa».
Le ingiustizie, conseguenze del peccato,
non sono volute da Dio? Perché Dio ha creato gli uomini peccatori? Perché
permette l’ingiustizia, la sofferenza?
«Dio, saggezza infinita, sapeva molto bene,
decidendo di creare al di fuori di sé, che lui, perfezione suprema, poteva
creare solo il finito, il limitato, l’imperfetto. Ma egli ha deciso di creare. E
la creazione sarà per sempre la grande testimonianza della sua audacia e della
sua umiltà! Attenzione! Dio non ha creato il peccatore: ha creato l’uomo, che
commette il peccato.
Perché Dio non impedisce all’uomo di commettere il peccato? Perché non si
comporta come gli uomini, che fanno finta di dare la libertà a condizione che la
loro volontà sia perfettamente rispettata.
Per fortuna Dio ci conosce molto meglio di quanto ci conosciamo noi stessi. Sa
che in questo mondo c’è molta più debolezza che cattiveria. A proposito delle
calamità che succedono sulla terra e che uccidono migliaia di uomini, Dio ci dà
l’intelligenza necessaria per vincerle».
Ma le malattie, gli infortuni, i lutti,
tutte queste sofferenze “naturali”?
"Mons.
Veuillot, quando ha conosciuto egli stesso la sofferenza ha raccomandato ai suoi
sacerdoti di non parlarne mai senza sapere... Quando partirò per l’eternità,
vorrei portare con me domande da porre, ipotesi da verificare... i grandi
misteri per me saranno sempre incomprensibili, malgrado gli sforzi di Dio per
farsi capire completamente... Il Signore ha incontrato la sofferenza, ha pianto,
ha avuto pietà. Ha cercato di guarire, di dare da mangiare, di consolare, ha
persino restituito un figlio ai suoi genitori. Quando lui stesso ha conosciuto
l’agonia ha chiesto pietà. Accettando di creare l’universo al di fuori di sé,
nostro Padre ha accettato di farsi rimproverare di aver dato vita
all’imperfetto. Ma lui ha dato all’uomo il potere e la responsabilità di non
rassegnarsi alla sofferenza e al dolore innocente, ma di combatterli. E’ il
nostro compito».
Non pensa che sia stato l’uomo a creare
Dio, piuttosto che il contrario?
«Voltaire ha scritto: Dio creò l’uomo a sua
immagine, e l’uomo lo ha ricambiato. In realtà noi abbiamo spesso sfigurato Dio
facendo di lui la risposta alla nostra ignoranza, la compensazione alla nostra
impotenza, la consolazione alle nostre angosce. E i potenti si sono serviti di
lui per giustificare il loro dominio, le loro ambizioni. Oggi siamo più attenti
a queste insidie. I non-credenti, ponendoci interrogativi come questi ci hanno
aiutato a rispettare meglio Dio».
Siamo in molti ad applaudirla nel luoghi
dove lei passa. Ma in quanti saremo domani ad accettare di lavorare solo
trentacinque ore alla settimana, con perdita di salario, per condividere il
lavoro?
«Dio lo sa ed è il suo segreto. Ma il numero
non è la cosa più importante. Penso sempre che tutto il cielo può riflettersi in
una sola goccia d’acqua».
E’ veramente indispensabile l’esistenza
di Dio e l’essere cristiani per combattere l’ingiustizia? Non crede che si
potrebbero raggiungere gli stessi scopi anche senza fare riferimento a Dio?
«Si rimprovera talvolti ai cristiani di non amare l’uomo per se stesso, ma per Dio. Ma se sono sinceri, anche senza volerlo, essi onorano veramente l’uomo. Parallelamente, quelli che amano l’uomo per lui stesso, senza alcun riferimento a Dio, se sono sinceri, anche senza volerlo onorano veramente il nostro Padre. Allora io dico: no, la condivisione della speranza non esige la condivisione della fede. I credenti sanno da dove viene e dove li impegna la loro speranza. Essi hanno maggiori responsabilità. I non credenti hanno in comune con i credenti il fatto che il Signore, invece, crede in loro; certo, possono e devono lavorare insieme».