Il messaggio cristiano ridimensiona il concetto di proprietà privata
La Pira, la Bibbia, la proprietà
L’affermazione netta del primato della persona umana sul diritto di proprietà e sulle leggi dell'economia fece infuriare gli alfieri della finanza italiana: così si espresse Angelo Costa, presidente della Confindustria: «In nome della carità non si può presumere di superare le leggi umane e divine (…). Le leggi che regolano l'economia, che sono pure leggi divine, non possono essere superate»; e così Luigi Einaudi: «I peccati di La Pira sono mortalissimi perché compiuti da un uomo adusato al rigore del ragionare». Ma forse i principi dell'economia non attribuivano alcun valore sacro alla proprietà privata e afferma che «Dio soltanto ha la piena sovranità sulle cose create» e che «lecitamente ciascuno può sopperire ai propri bisogni con le cose altrui, sottratte sia apertamente, sia di nascosto» (Summa theologiae, quaestio de peccatis iustitiae oppositis): e così anche la Bibbia: «Le terre non si potranno vendere per sempre, perché la terra è mia (di Dio, ndr) e voi siete presso di me come forestieri e inquilini» (Levitico, 25,23); «Se entri nella vigna del tuo prossimo potrai mangiare uva secondo il tuo appetito, ma non potrai metterne in alcun tuo recipiente» (Deuteronomio, 23,25). Un precetto che pone esplicitamente l'uomo al di sopra della proprietà. Sarebbe poi interessante citare la normativa biblica relativa al primo, originario, autentico Giubileo, riguardo alla ridistribuzione delle terre, norma che è stata del tutto ignorata (fatta eccezione per la proposta di remissione del debito dei paesi poveri) nella preparazione del Grande Giubileo del 2000.
(d.sco.)
La Pira risponde ad un attacco di don Sturzo
"Interclassismo? Va bene, ma scusi, interclassismo non significa, certo, difesa dei membri di una classe (quella forte) e non difesa dell'altra classe (quella debole): e allora perché è tutelata la proprietà degli uni (proprietà immobiliare e industriale) e non è tutelata la proprietà degli altri (tutela del lavoro, tutela della "proprietà del mestiere" per usare un termine caratteristico dell'economia cristiana medioevale)? Le pare interclassismo cristiano quello che permette che il lavoro - e perciò il pane fisico ed anche, in certo modo, quello spirituale del lavoratore e della famiglia del lavoratore - sia affidato alla instabilità della “congiuntura” (quante cose e quanti arbitrii si nascondono sotto questa etichetta)?
Come possono i lavoratori aver fiducia in un ordine sociale nel quale la loro vita è affidata ai venti così infidi della cosidetta “libera iniziativa”?
La Pira nel 1955 al Segretario della D.C.
"Fino a quando mi lasciate a questo posto (il posto da Sindaco di Firenze, ndr) mi opporrò con energia massima a tutti i soprusi dei ricchi e dei potenti.
Non lascerà senza difesa la parte debole della città: chiusura di fabbriche, licenziamenti e sfratti troveranno in me una diga non facilmente abbattibile. Il pane (e quindi il lavoro) è sacro, la casa è sacra: non si tocca impunemente né l'uno né l'altra! Questo non è marxismo, è vangelo! Quando gl'italiani "poveri" saranno persuasi di essere finalmente difesi da questi due punti la libertà sarà per sempre assicurata al nostro paese: e la vita della chiesa rifiorirà nelle anime, nella casa, nelle campagne e in tutto il
paese".