Lettera
al Sottotenente Bush
di
Michael Moore
Egregio sottotenente George W. Bush,
spero che non se ne abbia a male se mi rivolgo a lei con
l'unico grado
militare che lei abbia mai veramente conseguito, nei giorni
in cui montava la guardia nell'"Air National Guard" del Texas.
Da quando l'ho vista atterrare su quella portaerei con
indosso quella tuta
d'aviatore ho pensato che da allora in poi ci si dovesse
rivolgere a lei con
il suo titolo militare, contrapposto a quello civile
impostole dagli amici
di papà.
Quindi sottotenente, mi chiedevo se lei potesse farmi un
favore.
Potrebbe cortesemente inventarsi qualcosa di meglio di un
cespuglio di rose [in inglese "rose bush"]?
Ieri in televisione ho visto che i suoi uomini hanno scovato
quel tipo,
l'iracheno che diceva di aver messo sotto terra - dodici
anni fa - "sotto un
cespuglio di rose" nel giardinetto della casa di
Baghdad alcuni progetti
nucleari.
Ehi ragazzo, questa e' buona. Ma pensi veramente che tutti
noi siamo cosi'
stupidi come sembriamo?
Io so bene quanto facilmente ci lasciamo affascinare
dall'Idolo Americano, e quanto Scott Peterson [il
sospetto colpevole di un omicidio in California, storia
che le televisioni hanno seguito ossessivamente lo scorso inverno, ndt]
possa farci passare per dei rimbecilliti, ma quando ci mentono per portarci in
guerra allora vogliamo almeno uno sforzo ulteriore e un passo in più.
Vede, George, non sono le bugie e le macchinazioni delle
spie ad avermi fatto arrabbiare. Ma il fatto che
in piu' di due mesi di controllo sull'Iraq lei non sia riuscito a trovare il
tempo di seminare almeno qualche arma nucleare o qualche tanica di gas
nervino, e nemmeno sia riuscito a convincerci che non stava mentendo.
Vede, non falsificando le prove della armi di distruzione di
massa, dimostra di non curarsi del fatto che qualcuno possa accorgersi che e'
stato proprio lei ad architettare il tutto.
Un presidente di un'altra pasta, un presidente veramente convinto che
l'opinione pubblica americana si sarebbe sentita oltraggiata
se mai la
verita' fosse venuta a galla, avrebbe fatto qualsiasi cosa
per nascondere i
sui sotterfugi.
Il presidente Johnson fece cosi' nel Golfo del Tonkino. Dichiaro' che le
nostre navi erano state attaccate dai nordvietnamiti. Non
era vero, ma lui
sapeva bene che doveva farlo sembrare tale.
Nixon affermò di non essere un imbroglione, ma sapeva che
non sarebbe
bastato. Cosi pagò il prezzo del silenzio agli
scassinatori. E in qualche
modo 18 minuti e mezzo furono cancellati dalla registrazione
dello studio
ovale. Perché lo fece? Perché sapeva che gli americani si
sarebbero
sputtanati se avessero scoperto la verità.
Il suo plateale rifiuto di accompagnare gli annunci fraudolenti con qualche
falsa prova, procedura alla quale siamo abituati, e' uno schiaffo in faccia a
noi americani. E' come se lei dicesse: "Questi sono cosi' maledettamente
apatici e pigri che non abbiamo bisogno di esibire nessuna arma per sostenere
le nostre affermazioni".
Se almeno nell'ultimo mese lei avesse fatto interrare nei pressi di Tikrit
qualche deposito missilistico o se avesse disseminato un po'
d'antrace in
quei laboratori mobili nei pressi di Bassora o
"scoperto" un po' di plutonio con
qualche videocassetta riservata di Uday Hussein che da' da mangiare alle sue
tigri, allora sì che sarebbe stato evidente che avremmo potuto ribellarci se
l'avessimo colta in fallo. In questo modo ci avrebbe mostrato un po' di
rispetto. Onestamente noi non ci saremmo preoccupati se poi in seguito fosse
venuto a galla che aveva installato lei le armi di distruzione di massa -
sicuramente ci saremmo un po' arrabbiati, ma quanto meno saremmo stati
orgogliosi di sapere che lei era consapevole di dover mascherare gli annunci
fasulli con qualcosa di concreto.
Credo proprio che alla fine deve averlo capito. Cominciava
ad essere chiaro che milioni di noi volevano vedere il bluff - quelle false
ragioni di una guerra menzognera.
Così ha immediatamente riesumato quell'uomo, il suo cespuglio di rose, un
pezzo di carta vecchio di dodici anni e qualche affare
metallico. Cosi' la
Cnn ha interrotto le trasmissioni alle cinque e un quarto
del pomeriggio e
annunciato di avere l'esclusiva : "Ecco i piani
nucleari".
Ma alcuni bravi inviati hanno fatto delle domande piuttosto
essenziali e
appena tre ore piu' tardi, proprio la sua amministrazione e'
stata costretta
ad ammettere che i piani non erano "la pistola
fumante", la prova che l'Iraq aveva le armi
di distruzione di massa. Oops. Non e' stata una buona idea affidarsi
ad un cespuglio, sottotenente.
Post scriptum. Mi dispiace ma proprio non riesco a togliermi dalla mente
quella tuta imbottita d'aviatore. Lo so, ho bisogno d'aiuto.
Ma quando lei
e' atterrato su quella portaerei c'era quella scritta:
"Missione compiuta".
Quale era questa missione compiuta? Perché per quello che
so io più di
cinquanta soldati sono morti da quando ha dichiarato
"Missione compiuta".
L'anarchia regna tuttora in Iraq, anche gli inglesi continuano a perdere
reclute e al momento quei pazzi dei fondamentalisti sembrano
pronti a
dettare legge nel paese. Alle donne è già stato detto di
coprirsi il volto
e chiudere la bocca, i venditori di alcolici sono stati
giustiziati e i
locali che proiettavano gli "immorali" film di
Hollywood sono stati chiusi.
Eppure quello non e' neanche il profondo Texas. Forse
potrebbe infilarsi di nuovo in quella tuta, volare a Baghdad, atterrare
all'aeroporto
internazionale ex Saddam e regalare uno di quei suoi grandi
saluti sotto uno slogan e una bandiera: "Missione impossibile".
Tratto dal numero
607 del 10 luglio 2003 di La nonviolenza
è in cammino, foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro
di ricerca per la pace di Viterbo a tutte
le persone amiche della nonviolenza.
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada
S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Ripreso dal quotidiano Il
manifesto del 6 luglio 2003.
Michael Moore, una delle figure
piu' vivaci ed acute del pacifismo americano, regista cinematografico vincitore
dell'Oscar per il documentario Bowling a Columbine, e' autore del libro
Stupid White Men, Mondadori, Milano 2003