L’hanno
chiamato il Kennedy sovietico ed in occidente ha ricevuto attestati di stima
costanti ed autorevoli. Ha vinto trionfalmente il Premio Nobel per la pace, ma
ha visto nella sua terra, la propria popolarità scendere, fino a rasentare la
più generalizzata e avvilente disistima. Ultimo Presidente dell’URSS e suo
liquidatore, è stato vittima di un golpe militare, da cui l’ha salvato quello
stesso Boris Eltsin, che poi l’avrebbe politicamente annichilito,
liberandosene come di un ferro vecchio.
Solo
ora, a distanza di anni, il delfino di Eltsin, Vladimir Putin, che come
tradizione russa vuole, ha liquidato il suo predecessore, gli ha reso omaggio,
come ad un padre della patria.
Questi
pochi flash, basterebbero a delineare la drammatica intensità della storia di
questo personaggio, passato in pochi anni da capo del Cremino, a testimonial
pubblicitario di “Pizza Hut”, dopo aver vergato a chiare lettere il proprio
nome, nel libro dei pochi, grandi personaggi, che da soli sono stati in grado di
cambiare il corso della storia.
Succeduto
a Yuri Andropov (il presidente, già capo del kgb, che l’astuto Kissinger
accusò di essere il mandante dell’attentato al Papa, seguendo la
contestabilissima “pista bulgara”), si insediò al Cremlino nel marzo del
1983, con la volontà di portare aria nuova in un Paese che iniziava, già da
qualche anno, a scricchiolare pericolosamente.
Iniziò,
così, il nuovo corso della Perestrojka (ristrutturazione), fondata sui due
pilastri della Glasnost (trasparenza) e della Uskorenie (accelerazione
economica).
Gorbaciov
capì che i mali del sistema sovietico, avrebbero portato ben presto il gigante
dai piedi d’argilla, a crollare impietosamente e tentò, per quanto
possibile,di porvi rimedio, sulla scia di una spinta riformista, che tentava di
imporsi già dagli anni’70.
Cercò
di combattere con veemenza l’inefficienza del sistema produttivo sovietico
(che ignorava quasi del tutto la legge della domanda e si concentrava sulla
grande produzione industriale, e sui grandi investimenti, a detrimento dei
consumi,della qualità dei prodotti e del benessere della popolazione).
L’economia
sovietica, guidata dal potere centrale, corrotto e inefficiente, si trovò, fin
dalla fine degli anni ’70, a vivere una endemica situazione di “scarsità”
di beni di consumo, che i governi socialisti, tentarono di arginare con
l’importazione dei prodotti occidentali, confidando, a torto, di colmare il
pauroso disavanzo, con l’esportazione della tecnologia sovietica.
Gorbaciov
ereditò, quindi, un’economia allo sbando, con disavanzi paurosi nella
bilancia commerciale con l’occidente, un debito pubblico da “brividi”, un
sistema burocratico che guidava l’economia in modo corrotto ed inefficiente ed
una popolazione demotivata e affamata.
Non
si può dire, poi, che il povero Mikhajl, sia stato, in seguito, baciato dalla
buona sorte, considerando che l’occupazione dell’Afghanistan (il Vietnam
sovietico), il disastro di Chernobyl del 1986 e il terremoto dell’Armenia del
1988, contribuirono a rendere la situazione finanziaria e sociale, ancora più
disastrosa.
Le
riforme di Gorbaciov, poi, furono osteggiate dalla corrotta burocrazia
sovietica, che vedeva nella Glasnost un pericolo mortale per i suoi continui
ladrocini e dai dittatori dei Paesi satellite (Jaruzelskj in Polonia , Ceausescu
in Romania ed Honecker nella RDT furono tra i più acerrimi avversari del nuovo
corso).
Gorbj
fu poi protagonista anche di iniziative, che si rivelarono dei clamorosi
autogol, come la scelta di vietare l’uso della vodka, per sradicare la piaga
dell’alcoolismo, che riuscì a creare solo un fiorente mercato nero e una
perdita notevole degli introiti fiscali.
Dal
1989 la situazione iniziò a precipitare, i nazionalismi nelle repubbliche
sovietiche iniziarono ad alzare la testa mentre la voglia di democrazia
diventava sempre più veemente, tanto che in quell’anno Gorbaciov introdusse
un Parlamento elettivo e approvò le libere elezioni in Ungheria e Polonia.
L’Impero
Sovietico era, però, ormai sfaldato ed ogni Paese dell’est europeo, iniziava
ad agire a modo suo, indipendentemente dalla volontà dell’URSS (tanto che
qualcuno parlò, dopo la dottrina Breznev, della creazione di una dottrina
Sinatra del “My way”).
Di
lì a poco i regimi socialisti sarebbe caduti uno ad uno, l’Urss si sarebbe
trasformata in CSI, per poi sfaldarsi in decine di stati etnici, e il sogno di
Gorbaciov, di un nuovo socialismo, compatibile con le democrazia, avrebbe
lasciato spazio al liberismo senza freni (in cui la legge della domanda viene
confusa con la legge del più forte), corrotto fino al midollo e diseguale fino
all’assurdo, dei suoi successori.