Albert Schweitzer, nei suoi scritti, nelle sue riflessioni e nelle sue conferenze confessa di vivere “in totale contrasto con lo spirito del tempo” perché questo non ha nessuna considerazione per il pensiero. Secondo il “medico della giungla”, l’essere umano è sottoposto all’influenza di forze che lo vorrebbero spogliare della fiducia nel proprio pensiero. Lo spirito della dipendenza spirituale, al quale dovrebbe arrendersi, è presente in tutto ciò che egli ascolta o legge, nelle persone che incontra, nei partiti e nelle associazioni che ne fanno un adepto.
Sull’essere umano viene esercitata, da ogni parte e nei modi più svariati, una pressione perché accetti le verità e le convinzioni (necessarie per la sua vita) che gli vogliono imporre tutte le associazioni che vantano dei diritti su di lui. E’ proprio lo spirito del tempo a non permettergli di arrivare a se stesso. Come accade quando, attraverso le luci che illuminano la pubblicità nelle strade delle grandi città, un’azienda che possegga un capitale sufficiente per affermarsi esercita una pressione su di lui, ad ogni suo passo, perché scelga il suo “lucido da scarpe” o i suoi “dadi da brodo”, così gli vengono di continuo imposte delle convinzioni con la forza.
Bisogna guardarsi dallo spirito del tempo proprio perché esso agisce in modo che l’essere umano rimanga ancorato ad un forte scetticismo nei confronti del proprio pensiero. Di fatto, l’essere umano moderno, agli occhi di Schweitzer, non ha più alcuna fiducia spirituale in se stesso. Dietro un atteggiamento sicuro di sé nasconde una profonda insicurezza spirituale; nonostante la sua grande capacità di successo in campo materiale non fa alcun uso della sua capacità di pensare. E’ incomprensibile, agli occhi di Schweitzer, che una generazione capace di distinguersi per le sue conquiste nel campo del sapere e del progresso abbia potuto scendere così in basso nel campo spirituale da rinunciare al pensiero.
Scrive a tal proposito: “In un’epoca nella quale tutto ciò che in qualche modo viene percepito come appartenente al razionalismo ed al libero pensiero è deriso e considerato di infimo valore, invecchiato e superato da tempo, un’epoca che giunge addirittura a prendere in giro la formulazione dei diritti dell’essere umano enunciata nel XVIII secolo, io mi riconosco come uno che ripone la propria fiducia nel pensiero razionale”.
E’ necessario, secondo il suo punto di vista, affidarsi ad un nuovo razionalismo, più profondo e più capace di incidere sulla realtà. E’ in esso la salvezza, mentre “rinunciare a pensare è solo una dichiarazione di bancarotta spirituale”. E’ da qui che nasce lo scetticismo: “Coloro che si adoperano per rendere la nostra epoca scettica in questo modo, lo fanno aspettandosi che gli esseri umani, rinunciando ad una verità riconosciuta personalmente, arrivino ad accettare quel che viene loro prospettato come verità in modo autoritario e mediante la propaganda”.
Per questo, secondo Schweitzer, l’unico aiuto che si può dare alle nuove generazioni è riportarle sulla via del pensiero: “Dal momento che ho questa certezza, mi oppongo allo spirito del tempo e, con fiducia, mi assumo la responsabilità di contribuire a riaccendere il fuoco del pensiero”.
Il pensiero del “rispetto per la vita”, presentandosi come la soluzione realistica alla domanda posta realisticamente sul rapporto tra l’essere umano e il mondo, è il più adatto a condividere la lotta contro lo scetticismo; scrive Schweitzer: “Del mondo, l’essere umano sa soltanto che tutto ciò che esiste è una manifestazione della volontà di vita, così come lo è lui”.
Se l’uomo inizia a riflettere sul mistero della propria esistenza e dei rapporti esistenti tra sé e le altre vite che popolano il mondo, non può far altro che avere “rispetto” per la propria vita e per quella di tutti coloro con i quali viene in contatto. In quanto “essere che agisce”, l’uomo si trova in un rapporto spirituale con il mondo per il fatto che non vive la sua vita per sé, ma si sa unito a tutto ciò che vive attorno a lui: vive in se stesso le sorti di questi esseri viventi e porta loro aiuto, sin dove gli è possibile, “ritenendo che la più grande fortuna che gli possa capitare è di promuovere la vita e di salvarla”.
E’ difatti un’ansia di salvare chi ha più bisogno l’indelebile testimonianza e l’esemplare “rispetto per la vita” di Albert
Schweitzer. (d.t.)