Profeti
del Novecento HELDER CAMARA (Fortaleza
1909 - Recife 1999)
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Tre anni fa, la notte tra il 27 e il 28
agosto 1999, moriva a Recife Helder Camara, il “vescovo delle favelas” (le
periferie degradate e immiserite delle città brasiliane). L’impegno, il coraggio
e le vicende di questo umile vescovo che si faceva chiamare semplicemente “dom”
ricordano la figura di Oscar Romero, il martire salvadoregno. Infatti, come
Romero, anche dom Helder partì da posizioni integraliste (aderì al movimento
cattolico di Plinio Salgano, un’associazione clerico-fascista); il suo
integralismo venne premiato e Pio XII, nel 1952, lo nominò vescovo ausiliare di
Rio de Janeiro. L’incarico di vescovo, come accadde anche a Romero, lo convertì
alla causa dei poveri. Nel 1955, con i fondi del Congresso eucaristico
internazionale diede il via alla “crociata di San Sebastian”, un progetto per
costruire un palazzo di appartamenti da dare ai poveri di una favela che, dopo,
fu possibile buttare giù. Non contento, dom Helder fondò il “Banco da
Providencia”, per prestiti alle persone in difficoltà, e i cui utili servirono a
sostenere servizi di vario genere: sanità, ambiente, istruzione, trasporti,
orientamento professionale, assistenza giuridica, disoccupazione (1.500 posti di
lavoro nel 1963).
Il 12 aprile 1964, Paolo VI lo nominava vescovo di Olinda e Recife. I segni del
suo spirito profetico si manifestarono anche al Concilio Vaticano II: si diede
anzitutto da fare perché le liste già redatte per la costituzione delle undici
grandi commissioni fossero respinte ed il Concilio Ecumenico fosse realmente
opera del collegio episcopale e non della Segreteria di Stato. In quel tempo fu
promotore - insieme al cardinale Giacomo Lercaro - del gruppo della “Chiesa dei
poveri”: una cinquantina di vescovi dei cinque continenti che a margine
dell’Assise conciliare si riunivano per riflettere sul rapporto tra Cristo e i
poveri e la necessità per la Chiesa di conformarsi al Cristo povero, liberandosi
da ogni compromesso terreno. Per la chiusura del Concilio, dom Helder propose
che i capi di tutte le religioni fossero riuniti in piazza San Pietro per una
preghiera veramente ecumenica: così non fu, ma precorrendo i tempi anticipò nel
sogno quel che sarebbe successo ad Assisi il 27 ottobre 1986.
Tornando alle affinità con Oscar Romero, anche dom Helder denunciò ripetutamente
le violenze della dittatura militare, che dal 1964 al 1985 insanguinò il Brasile
(nel 1970 accusò apertamente il governo di torturare i prigionieri politici) e
per questo subì minacce e intimidazioni, che si spinsero, nel 1969, fino
all’assassinio di uno dei suoi più stretti collaboratori, padre Enrique Pereira
Neto.
Ma dom Helder (come Romero), non si lasciò intimidire e anzi portò la sua
battaglia contro la povertà sugli scenari internazionali.
Nel 1970 con Ralph Abernaty - il successore di Martin Luther King - sottoscrisse
un appello comune in cui tra l'altro si dice: «Per far fronte al pericolo
costante di una guerra mondiale, dobbiamo costruire un movimento mondiale per la
pace. Per far fronte al problema della povertà, dobbiamo istituire una lotta
mondiale contro la miseria e l’ingiusta ripartizione delle ricchezze...».
Il regime militare tenterà in ogni modo di boicottarlo (alla stampa venne
vietato di pronunciare il suo nome) e di screditarlo (gli affibbiò l’epiteto di
“vescovo rosso”) e la sua candidatura al premio Nobel per la Pace venne
deliberatamente ignorata. Questa campagna diffamatoria riscosse un certo
successo anche negli ambienti ecclesiastici e gli costarono l’elezione a
cardinale.
Dom Helder ha sempre dichiarato di non aver bisogno di Marx per rivendicare
giustizia per i fratelli poveri, perché gli bastava il Vangelo. Fu Giovanni
Paolo II a rompere l’oscuramento imposto dal governo sui mezzi d’informazione,
abbracciandolo durante il primo viaggio pastorale in Brasile e salutandolo come
“fratello dei poveri e fratello nostro”.
Ma la “normalizzazione” e il moderatismo ecclesiastico hanno colpito anche la
sua opera: infatti il successore di dom Helder ha progressivamente smantellato
tutte le strutture pastorali che lui aveva creato in vent’anni.