Nella
città dell’amore per
Chi l’avrebbe mai
detto. Il nostro piccolo territorio industriale, operaio, fatta di gente
laboriosa e un po’ snob viene affidata ad un vescovo dello spessore di don
Vincenzo Paglia. Quando si dice la Provvidenza!
Dopo gli slanci
conciliari di monsignor Gualdrini, la valorizzazione del diaconato permanente,
della donna, del laicato in genere; il dialogo con il mondo del lavoro, con gli
operatori della politica e del sociale, l’apertura alla missionarietà e così
via, ecco ora «uno scavatore instancabile di quella miniera a cielo aperto che
è il Vangelo, capace di arrampicarsi in montagna e, se tocca, di dormire sulla
nuda terra»; quest’uomo che non sta fermo un minuto, che soffre gli spasmi
dell’ulteriorità e che non si dà pace per la Pace. Uno, insomma, che è
intenzionato a fare sue «le gioie e le speranze i dolori e le angosce» di
questa porzione di popolo che è in Terni, Narni e Amelia ed è caparbiamente
intenzionato ad attuare il Concilio nelle sue varie forme.
Ora, ne siamo sicuri,
per noi è il tempo dei poveri, della pace, del dialogo con le religioni, di una
chiesa «estroversa», nel contatto con il mondo laico.
Già ci brucia addosso
la voglia di novità. E di fronte a uno come don Vincenzo, a ciò che è
riuscito a realizzare in tanti anni, ci viene quasi da vergognarci se anche solo
per un attimo abbiamo tirato i remi in barca di fronte ai problemi, pensando «tanto
non cambia nulla».
Forte della sola forza
del Vangelo, quest’uomo dunque ci insegni a costruire una chiesa capace di
soffrire le cose di Dio, a sperare
contro ogni speranza anche quando la logica della violenza e del male sembrano
prevalere.
A dispetto di chi è nostalgico della chiesa tenda di parcheggio per chi ci sta dentro, don Vincenzo, successore di san Valentino nella città dell’amore, per quanto ne sappiamo, ci insegnerà l’amore per la città. A partire dai poveri, verso tutti.