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 Intervista a IGOR MAN

Romero, Padre Pio e Madre Teresa

di Arnaldo Casali

Lei ha conosciuto personalmente tre grandi personaggi del cristianesimo del Novecento: Padre Pio, Madre Teresa e Oscar Romero; tre modi di vivere la fede in modo completamente diverso: cos’hanno in comune?

«L’amore verso il prossimo. Padre Pio ha fatto tanto per costruire quell’ospedale che adesso salva tanta gente, monsignor Romero assisteva i poveri e i malati ed è morto per i suoi indios. Lo stesso si può dire per Madre Teresa: si è data, si è dedicata e si è sacrificata per gli altri. Malata di cuore ha continuato ostinatamente a fare il suo lavoro. Ripeto: aveva un secchio per valigia, tre paia di mutandine e due sari - uno per l’inverno e uno per l’estate - e un paio di zoccoli. Questo significa seguire il Signore francescanamente».

Purtroppo spesso i vertici della Chiesa sono stati dalla parte dei regimi dittatoriali dei paesi del Sudamerica piuttosto che dalla parte del popolo che Romero difendeva, e che per questo è stato spesso boicottato…

«La Chiesa per quieto vivere e per le persecuzioni che ha subito in passato ha sempre cercato di mediare il suo rapporto con il potere. Certo, siamo sempre lì, è come don Abbondio: chi non ha il coraggio non se lo può dare. Ci sono sacerdoti vili, remissivi, collaborazionisti, come i vescovi argentini che hanno tradito la loro missione. Ci sono sacerdoti umili, profondamente cristiani che sanno sacrificarsi. Non dimentichiamo che sono uomini».

Ma secondo lei la Chiesa sta andando con Romero o contro Romero?

«Io non posso dare giudizi. Posso solo dire che la Chiesa sta attraversando un momento di crisi. Crisi istituzionale, non crisi morale. Sa, il 2000 segna uno spartiaque e quello che ci aspetta è nella mente di Dio, però la Chiesa sta facendo sforzi terribili e difficili per aggiornarsi, ecco perché dico sempre ai miei amici in Vaticano, anche ad alti livelli: abbreviate il rito perché la gente si distrae, fate corsi speciali ai sacerdoti perché facciano delle omelie partendo dal concreto, dagli agganci alla vita. Vedrete che le Chiese si riempiranno di nuovo, perché c’è un enorme domanda di fede che spesso viene disattesa»

 

CHI E’ IGOR MAN

Quando il “Che”  gli parlò di Dio

 

Igor Man è di origini russe, ma è nato a Catania e cresciuto professionalmente a Roma. Giovanissimo, subito dopo la Liberazione è entrato ne Il Tempo. Nel 1963 è stato chiamato da Giulio De Benedetti a La Stampa, dove lavora tutt’ora come editorialista e inviato speciale. Ha intervistato protagonisti della storia contemporanea come Nikita Kruscev, Yasser Arafat, Khomeini, Saddam Hussein e Gheddafi.

Ha vinto ex-equo con Amnesty International il premio Colomba d’oro per la Pace; il premio Navicella, il premio Estense 1992 per Diario Arabo; il premio Barzini all'inviato nel 1999, e nel 2000, all’unanimità, il premio Saint-Vincent alla carriera.

Nel gennaio del 1961 intervistò Che Guevara; l’ultima domanda fu: «Dio. Ci ha creduto, ci crede, non ci ha mai creduto?».

Il Che lasciò raffreddare la domanda, poi, quasi assorto, disse: «Quello dell’esistenza di Dio è un problema che, francamente, non mi sono mai posto. E tuttavia voglio dirle, forse perché sono un provinciale argentino mezzo spagnolo, ecco, voglio dirle che se Dio esiste, come sostiene mia madre, ecco tutto sommato non mi dispiacerebbe che, nel suo cuore, senz'altro grande, ci fosse un posto, magari piccolo, per me, per le persone che amo».

(da Adesso n.21)