Una parola per parlarne 

di Lilia Sebastiani

Diacono


Il diaconato è il primo grado dell’Ordine sacro, finalizzato al servizio ecclesiale nella liturgia e nella carità, ma nell’attuale struttura della Chiesa cattolica richiede un discorso abbastanza complesso. 
Tutti i candidati al sacerdozio ricevono il diaconato, circa un anno prima dell’ordinazione presbiterale, e quindi sono ‘diaconi temporanei’, nel senso che la loro scelta specifica non è il diaconato e sono in cammino verso un altro tipo di ministero e di identità ecclesiale. 
E’ stata poi introdotta dopo il Concilio (o reintrodotta, se vogliamo) la figura del diacono permanente: un vir probatus giovane o anziano, che può avere famiglia e vita professionale come ogni altro. 
Tuttavia c’è un tradizionale legame tra diaconato e celibato ecclesiastico. Infatti i candidati al sacerdozio proprio in occasione dell'ordinazione diaconale emettono la promessa di celibato; il diacono permanente, se è celibe, non può più sposarsi dopo l’ordinazione e, se è sposato, non può risposarsi in caso di vedovanza.
In senso teologico e spirituale, l’importanza dei diaconi permanenti è grande: appunto perché solo nel loro caso si può parlare di scelta specifica, mentre nell’altro caso il diaconato è piuttosto la tappa d’obbligo in vista di un’altra meta. 
Inoltre, nonostante i vincoli ricordati, il fatto che nell’Ordine sacro siano ammessi uomini sposati, restando tali, giova in prospettiva a sfumare l’inscindibilità psicologica sacerdozio-celibato nella Chiesa latina agli occhi dei fedeli più consuetudinari. Appunto per questa importanza ci dispiace che nella maggior parte dei casi concreti il servizio dei diaconi permanenti sia alquanto sottovalutato, al di là dei solenni riconoscimenti di principio; può dimostrarlo anche il fatto che la formazione teologica loro richiesta sia ben più rudimentale di quella richiesta ai candidati al sacerdozio…
Il diaconato ha il suo fondamento scritturistico nel libro degli Atti degli Apostoli, là dove si parla della scelta dei Sette (il termine diaconi non c’è) perché attendano all’assistenza caritativa, mentre i Dodici si dedicheranno esclusivamente al ministero della Parola. E tuttavia quelli fra i Sette di cui si dice qualcosa di specifico, cioè Stefano e Filippo, appaiono proprio come ministri della Parola.
Nella Chiesa antica vi era anche l'ufficio della diacona, fin dai primi tempi: nell’ultimo capitolo della Lettera ai Romani, Paolo accenna con grande considerazione alla “nostra sorella Febe, diacona della chiesa di Cencre”, che doveva essere un personaggio influente. 
In Occidente il diaconato delle donne era già caduto in disuso verso il V secolo, mente nella Chiesa d’Oriente durò fino al XII secolo, anche se ridotto quasi solo a una carica onorifica. 
Gli studiosi moderni non sono d'accordo sul ruolo ecclesiale delle diacone. C’è chi sostiene che le loro funzioni fossero in tutto analoghe a quelle dei diaconi di sesso maschile, e chi invece tende a restringerne il ruolo: ad esempio, affermando che le diacone erano impiegate nell’assistenza caritativa alle donne e nel battesimo delle donne, per motivi di decoro. Comunque è sicuro che venivano ordinate con l’imposizione delle mani e facevano parte del clero; per cui oggi reintrodurre il diaconato femminile, che non presenterebbe ostacoli nemmeno di tradizione appunto perché già esistito, appare come un primo passo possibile - incompleto certo, ma aperto a ulteriori sviluppi - sulla via dell’accesso delle donne al ministero ordinato.
Vorremmo sottolineare però che ancor più importante dei diaconi e delle diacone è la diakonìa. In greco significa servizio, e nell’ottica cristiana servire significa ben di più che “fare servizi”, quali che siano; soprattutto non ha nulla di servile (abbiamo avuto occasione di sottolineare che il servizio non è servitù, anzi è quasi il suo contrario, perché esige forza e libertà). E’ una scelta di fondo, uno stile di vita, un annuncio; manifesta nel modo più incisivo l'adesione alla causa di Gesù “venuto per servire”. 
Nei Vangeli la sequela di Gesù - insomma l’essere concretamente uno dei suoi - è indicata in modo quasi tecnico dall'uso di due verbi: akolythèin (“andar dietro”; da cui il termine ecclesiastico di accolito) e “servire”: diakonèin.

vai all'indice di "Una parola per parlarne"