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Profeti del Novecento 

OSCAR ROMERO

(San Miguel 1917 - San Salvador 1980)

 

                                                                 di Dario Scorza

Quella di Oscar Romero è la storia di una grande conversione e di come la volontà di Dio si afferma facendosi beffe dei piani degli uomini.

Se infatti il sacerdote di San Miguel ha percorso in breve  tempo la carriera ecclesiastica è perché il Nunzio Apostolico  (l’ambasciatore della Santa Sede) e gli oligarchi di San Salvador  vedevano  in lui un campione di intransigenza, e a ragione, dato  che nel 1968 Romero aveva giudicato “ambigua” la scelta preferenziale dei poveri fatta dai vescovi dell’America Latina a Medellin. Così nel 1970 è nominato vescovo ausiliario; nel '72 approva la  chiusura  coatta  dell'Università poiché «essa è nient'altro  che  un centro di attività comuniste», quindi nel '74 diventa vescovo effettivo a Santiago de Maria; negli anni seguenti non protesta mai contro  la violenza gratuita della polizia ai danni della  popolazione  e così il Nunzio e il Presidente della Repubblica  pensano che sia l'uomo adatto a prendere il posto dell'arcivescovo di San Salvador,  Luis Chaves, considerato troppo progressista.  E  così nel  febbraio del '77 Oscar Romero è nominato  nuovo  arcivescovo della capitale. Nel frattempo però, egli stava maturando la  propria  conversione alla causa dei poveri e dopo  l'intronizzazione dichiara di voler seguire la linea del suo predecessore. Per tutta risposta gli “Squadroni della morte” uccidono un prete suo  amico e amico dei campesinos, padre Rutilio Grande. Ed ecco che la conversione si compie: Romero scomunica gli assassini (ignoti)  e dispone che per la domenica seguente venga celebrata in tutta  la diocesi un'unica messa, celebrata da lui nella cattedrale, perché tutta la città partecipi al funerale di padre Rutilio. Il  Nunzio raccoglie le proteste dei “cattolicissimi” oligarchi (che non hanno intenzione di piangere per il defunto “prete sovversivo”) e rimprovera Romero per l'idea della messa unica, ma l'arcivescovo è irremovibile.

La sua conversione continua: rinuncia al lussuoso palazzo arcivescovile e va a vivere in un ospedale per malati terminali di cancro. In una situazione tragica in cui quasi ogni giorno scompaiono  persone e il governo nega le sue responsabilità e si rifiuta di compiere delle indagini mentre i giornali e le radio non informano  sulle stragi, sulle violenze commesse dall'esercito, Romero diventa la voce di chi non ha voce, ogni domenica legge il lungo elenco dei desaparecidos e informa i familiari su eventuali ritrovamenti di corpi, un compito triste ed ingrato  che nessun altro svolge nel paese, e la sua voce raggiunge tutti i  salvadoregni tramite la radio della diocesi. Il 23 novembre 1978 è candidato al Nobel per la pace. Nel gennaio del '79,  all'Assemblea generale dell’episcopato latino-americano Romero distribuisce un bollettino con testimonianze sulle stragi e tutti i nomi dei 108 desaparecidos. Mano a mano che cresci il suo impegno per i diritti umani aumentano le diffamazioni sul suo conto da parte  degli altri vescovi che mandano al Papa un documento comune in cui  Romero è descritto come un «vescovo che benedice la guerriglia, che esorta i campesinos alla rivoluzione».

Romero  comincia a ricevere minacce di morte, ma insiste nel  denunciare le responsabilità del governo nelle violazioni dei diritti  umani.  I soldati più di una volta lo perquisiscono  come  un criminale comune, una volta gli puntano il fucile al petto e  minacciano di ucciderlo. Ciò nonostante l’Arcivescovo non si lascia intimorire: il 17 febbraio 1980 scrive al presidente degli  Stati Uniti per esortarlo a non finanziare più il governo salvadoregno, che  adopera il suo denaro per opprimere e massacrare i poveri. Due giorni dopo, la radio della diocesi e la biblioteca dei gesuiti vengono distrutte da bombe.

Il governo americano non accoglie la richiesta di Romero; lui continua ad accogliere centinaia  di contadini perseguitati dall’esercito e dagli squadroni della morte.

Il 9 marzo fallisce un attentato dinamitardo alla basilica dove Romero celebra la messa.

Il 23 marzo 1980 esorta gli agenti di polizia a rifiutarsi cristianamente di massacrare i campesinos.

Il giorno dopo, mentre celebra una messa funebre, un sicario gli spara in pieno petto.