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PIANETA PROSSIMO VENTURO
Gli scenari ambientali del futuro tracciati nel rapporto dell' IPCC di
Venezia
completamente sommersa dalle acque, niente più sci e ghiacciai
sulle Alpi, siccità e carestie al sud Italia mentre al nord
aumentano le alluvioni, la malaria fa la sua ricomparsa nel nostro
paese: non è l’abbozzo di una sceneggiatura cinematografica
estremamente catastrofica per lo stivale, ma è la fotografia
dell’Italia del ventiduesimo secolo, alle prese con le
trasformazioni che i nostri comportamenti le stanno imprimendo. Una
fotografia che sarà presentata, inserita nel quadro più generale
dei mutamenti climatici mondiali, dagli scienziati dell’IPCC (International
Panel on Climate Change, istituzione creata
dall’Organizzazione meteorologica mondiale in collaborazione con
l’ONU) al loro congresso internazionale che si svolgerà a Londra
i prossimi 24-29 settembre. Questo rapporto parla molto chiaro:
“il riscaldamento del pianeta non è imputabile a cause naturali e
le emissioni di gas serra sono così elevate che è certa una
continua accumulazione nell’atmosfera per tutto il XXI secolo”.
Anche se oggi, di colpo, tutti i paesi decidessero un completo stop
ad ogni tipo di emissione. Il pianeta è malato e noi ne siamo i
principali responsabili: ciò che gli scienziati dell’IPCC
auspicano è che almeno si applichi il protocollo di Kyoto che
impone di ridurre le emissioni di anidride carbonica, protossido
d’azoto, clorofluorocarburi prodotte da auto, centrali ed edifici,
emissioni che solo in parte riescono ad essere assorbiti da oceani e
piante. I livelli di
anidride carbonica nell’atmosfera sono del 30% più elevati
rispetto all’epoca preindustriale, e presumibilmente paragonabili
ai livelli dell’ultimo periodo caldo interglaciale. Inoltre il
loro tasso elevatissimo di crescita non riesce ad essere compensato
dall’inquinamento “buono”, cioè dal rilascio nell’atmosfera
di particolati e polveri che danno un effetto di schermo alle
radiazioni solari. Il lavoro dell’IPCC ha
messo in evidenza come la temperatura dello strato inferiore
dell’atmosfera si sia innalzata sensibilmente nel corso del XX
secolo e che la velocità del surriscaldamento sia salita nel corso
degli ultimi dieci anni raggiungendo il suo picco massimo nel 1998.
Tale riscaldamento, date le sue peculiarità, non è imputabile a
fattori naturali: infatti, mentre al sud ha accentuato fenomeni di
siccità già presenti, si è concentrato particolarmente
nell’emisfero settentrionale, è maggiore in inverno e durante la
notte, tutti fenomeni riconducibili a modelli sperimentali che si
basano su aumenti non naturali di gas serra nell’atmosfera.
Canada, Siberia, Mongolia, Tibet saranno più calde durante la
stagione invernale ma anche zone già oggi aride risentiranno del
maggiore riscaldamento (+7 gradi centigradi sul Mar d’Aral ed
effetti sensibili sulla maggior parte dell’Europa, dell’Africa e
del Nord America). L’atmosfera sarà più ricca di energia per
l’accumulo di calore, e ciò porterà ad un aumento delle piogge
nelle zone tropicali e ad eventi meteorologici estremamente più
violenti. Il riscaldamento alle alte latitudini dell’emisfero
boreale provocherà un massiccio scioglimento dei ghiacci in
Groenlandia, che oltre all’innalzamento del livello del mare oltre
ogni previsione, apporterà un sensibile mutamento della salinità
delle acque che potrebbe far saltare il meccanismo che governa la
corrente del Golfo. Questa prospettiva comporterebbe un ulteriore
disastro per l'Europa del Nord che sarebbe spinta a livelli glaciali
con ripercussioni negative su tutto l’ecosistema europeo (oggi tra
Europa e Siberia, in inverno alla stessa latitudine, ci sono 25
gradi centigradi di differenza). L’espansione termica
dell’acqua dovuta a questo progressivo riscaldamento porterà ad
un innalzamento continuo del livello dei mari che, anche se le
temperature dovessero stabilizzarsi, non si fermerebbe per i
prossimi 500 anni: entro il 2100 i livelli degli oceani
raggiungerebbero una quota superiore di 80 cm rispetto alla quota
attuale (considerando l’attuale livello medio di crescita di circa
14 cm a decennio e senza contare gli effetti di un massiccio
scioglimento dei ghiacci, a cui si è poco sopra accennato, che
innalzerebbe il livello degli oceani a 6 metri oltre la quota
attuale entro il 2100) con conseguenti inondazioni delle aree più
esposte non escluse grandi città come Lagos, Londra e New York. Entro il 2025 almeno
cinque miliardi di esseri umani non avranno più acqua potabile con
cui dissetarsi: questa crisi toccherà drammaticamente regioni che
fino ad ora non hanno avuto particolari problemi di
approvigionamento, Asia e Africa meridionale, bacino del
Mediterraneo con pesanti ricadute su una economia basata
essenzialmente sul turismo. Tutti i ghiacciai delle vallate montane
potrebbero sparire entro il 2100 e le precipitazioni nevose con
loro: questo fenomeno è già vistosamente in atto come si può
vedere da alcune foto del ghiacciao Rutor in Valle d’Aosta riprese
a 100 anni di distanza l’una dall’altra dalla Società Italiana
di meteorologia onlus; i ghiacciai del monte Kenia si sono ridotti
di circa il 92% in volume e quelli del Kilimangiaro del 73%. Insomma
stiamo assistendo al più grande disgelo dalla fine delle
glaciazioni, con una diminuzione media dei ghiacci del 10% negli
ultimi 30 anni Ma se non volessimo
spostarci troppo da casa nostra, per pigrizia o per poco interesse,
comunque gli effetti del surriscaldamento sono già sotto i nostri
occhi con, purtroppo, il loro tragico bilancio: chi non ricorda le
recenti alluvioni, sempre più frequenti sull’Italia
centrosettentrionale. Straripano il Lago di Como e il Lago Maggiore
a ottobre; ad Albenga a novembre muoiono tre persone; la Lucchesia
flagellata dalle piogge; Natale sotto la neve al Nord e temperature
più che primaverili al Sud, con punte di 20 gradi in Sicilia; la
Capitanata in Puglia, un tempo una delle zone più fertili del
nostro Meridione che somiglia sempre più ad un arido deserto. Il grido d’allarme
lanciato dagli scienziati dell’IPCC somiglia ad un ultimo appello:
fare qualcosa, qualsiasi cosa, e smettere di rimandare: un appello
rivolto ai governi (servono 55 ratifiche al protocollo di Kyoto
perché questo possa decollare: a tutt’oggi siamo a 34), ma anche
ai singoli che spesso assumono stili di vita improntati ad alti
consumi energetici per soddisfare desideri e necessità. Grandi
speranze vengono riposte nello sfruttamento di fonti di energia
rinnovabile, come quella eolica o solare, anche se la loro
diffusione è ancora molto bassa e si prevede che tra venti anni
rappresenteranno solo il 2% dell’offerta di mercato; altro
capitolo importante riguarda l’adozione di processi di produzione
industriale più “puliti”, che dovrebbero drasticamente
abbattere le emissioni nell’atmosfera nel volgere di un ventennio,
e l’introduzione sul mercato di automobili a celle a combustibile,
molto più pulite dei motori attuali e probabilmente più efficaci
dei motori ad idrogeno; la migliore progettazione dei più comuni
elettrodomestici, che dovrebbero assicurare un netto taglio dei
consumi energetici. Usando un espressione semplice, ricorrente,
adottare uno sviluppo sostenibile, prima che la sceneggiatura del
pianeta agonizzante vada definitivamente in scena. Francesco
De Marchis _________________________________________________________________ |