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La guerra dell'acqua
LA DIMENSIONE POLITICA
E STRATEGICA
Non è possibile parlare di scarsità
delle risorse idriche in termini
generali, giacché vi sono aree di
scarsità e aree ricche d'acqua. L'acqua
però anche quando è abbondante,
diviene sovente una questione politica.
La legislazione nazionale e le
tradizioni stabilite da lunga data,
permettono spesso di risolvere delle
dispute legate all'acqua a livello
nazionale, o nell'ambito delle comunità
rurali, ma il diritto internazionale
non si è sviluppato in modo così
rapido da trattare i conflitti legati
all'acqua che, sempre più numerosi,
possono nascere tra diversi paesi o tra
diverse regioni del globo.
Nel 1989, M. Boutros-Ghali, allora
ministro di Stato incaricato degli affari
esteri dell'Egitto, ha osservato che:
"la sicurezza nazionale dell'Egitto è
nelle mani di almeno altri otto paesi
africani.". Questa frase mostra bene
quello che rappresenta l'acqua per
l'economia egiziana e quale sia il potere
che i paesi che si trovano a monte dei
fiumi esercitano sui loro vicini a
valle.
LE GUERRE DELL'ACQUA
La minaccia di una guerra per il
controllo di territori ricchi di petrolio
non rappresenta niente di nuovo, ma
negli anni a venire l'acqua potrebbe
accendere più conflitti politici
dell'oro nero. In alcune regioni del mondo,
la scarsità di acqua potrebbe
diventare quello che la crisi dei prezzi del
petrolio è stata ,negli anni
settanta: una fonte importante di instabilità
economica e politica. [...]
Quasi il 40% della popolazione
mondiale dipende da sistemi fluviali comuni a
due o più paesi. L'India e il
Bangladesh disputano sul Gange, il Messico e
gli Stati Uniti sul Colorado, la
Cecoslovacchia e l'Ungheria sul Danubio.
Una zona calda emergente è l'Asia
centrale, dove 5 ex repubbliche
sovietiche, da poco indipendenti, si
dividono due fiumi già troppo
sfruttati, l'Amu Darja e il Sjr Darja.
E' soprattutto nel Medio Oriente
tuttavia che le dispute sull'acqua
stanno modellando gli scenari politici e
i futuri economici. [...]
L'Egitto è un esempio dei dilemmi e
delle incertezze che devono affrontare i
paesi con una rapida crescita
demografica e fonti di approvvigionamento
idrico molto limitate sul proprio
territorio nazionale. 56 milioni di
persone in Egitto dipendono quasi
interamente dalle acque del Nilo, ma le
origini del fiume non si trovano
all'interno dei confini del paese. l'85%
del Nilo è generato dalla piovosità
in Etiopia e scorre come Nilo azzurro
nel Sudan prima di entrare in Egitto.
La parte restante dipende dal sistema
del Nilo bianco, che ha le sue
sorgenti in Tanzania, al lago Vittoria, e si
congiunge al Nilo azzurro nei pressi
di Khartoun. Il fiume più lungo del
mondo rifornisce in tutto nove
nazioni, e in Egitto arriva per ultimo.
Sulla base di un accordo sottoscritto
nel 1959 con il Sudan, l'Egitto ha
diritto ogni anno a 55,5 miliardi di
metri cubi d'acqua del Nilo, mentre al
Sudan ne sono stati assegnati 18,5.
Per soddisfare il suo fabbisogno
l'Egitto integra l'acqua del Nilo con
piccole quantità di acque freatiche,
con l'acqua del drenaggio agricolo e
con acque di scolo municipali trattate.
Nel 1990, ha avuto una disponibilità
di 63,5 miliardi di metri cubi di
acqua. sfortunatamente, anche secondo
le proiezioni più modeste la domanda
idrica egiziana salirà a 69,4
miliardi di metri cubi per la fine del
decennio.
Il valore crescente dell'acqua, le
preoccupazioni concernenti la qualità e
la quantità di approvvigionamenti,
oltre che le possibilità di accesso,
accordate o rifiutate, hanno dato
luogo a un concetto di geopolitica delle
risorse , o "idropolitica".
A questo riguardo, l'acqua si avvicina al
petrolio e a certe ricchezze minerali
in quanto risorsa strategica. La sua
rarità e il suo valore crescente
porteranno sempre più a delle politiche
dell'acqua e a conflitti
internazionali che potranno attribuire ai diritti
su quest'ultima un'importanza di primo
piano. Molti paesi dipendono da corsi
d'acqua che vengono da altri paesi.
Il Botswana, la Bulgaria, la Cambogia,
il Congo, l'Egitto, il Gambia, l'Ungh
eria, il Lussemburgo, la Mauritania, i
Paesi Bassi, la Repubblica araba
siriana, la Romania e il Sudan,
ricevono tutti più del 75 per cento dei loro
approvvigionamenti idrici da corsi
d'acqua che nascono dai loro vicini a
monte. Più del 40 per cento della
popolazione mondiale vive in bacini
idrografici divisi tra diversi paesi.
LA QUESTIONE DELLE
ACQUE NEL MEDIO ORIENTE
E' indubbio che le difficoltà legate
ad un'intesa per l'equo sfruttamento
delle fonti comuni tra Israele e i
territori di Gaza, secondo la formula che
potremmo definire, parafrasando quella
posta a fondamento del negoziato
territoriale, di scambio "acqua
contro pace", sono dovute al fatto che i
bisogni socio-economici di entrambe le
parti si coniugano con rivendicazioni
politico-ideologiche difficilmente
conciliabili. Da parte palestinese si
avanzano diritti storici di
sfruttamento del patrimonio idrico conservato
dalle falde acquifere che nascono in
Cisgiordania, comprese quelle che
scendono naturalmente in territorio di
Israele, venendo così sfruttate in
prevalenza da quello stato. Soltanto
quando l'esercizio di simili diritti
verrà ripristinato, si sostiene,
potranno essere negoziati accordi di
cooperazione per una gestione
coordinata delle risorse ed un impegno
congiunto di iniziative quali lo
sviluppo di impianti di desalinizzazione.
L'amministrazione militare israeliana
è, inoltre, ritenuta responsabile di
un insufficiente allocazione delle
risorse idriche presso le popolazioni
palestinesi, con grave pregiudizio
dello sviluppo urbano ed industriale e
delle esigenze di valorizzazione del
territorio occupato. Come nel caso dei
territori e delle risorse energetiche,
l'acqua è oggetto di conflitti, e nei
casi estremi ha dato luogo a delle
guerre. La spartizione dell'acqua del
fiume Indus e dei suoi affluenti tra
l'India e il Pakistan dovrebbe servire
d'esempio e di avvertimento. La guerra
è stata evitata nel primo anno
dell'indipendenza grazie ad un
accordo, appoggiato da un aiuto
internazionale massiccio, per
costruire enormi barriere di contenimento e un
sistema di canalizzazioni. I costi
dell'operazione sono stati elevati per
tutte le parti coinvolte, ma sono
stati certamente inferiori ai costi umani
e finanziari di un conflitto.
Numerosi fiumi come il Nilo, l'Eufrate, il
Gange, e il Mekong presentano tutti
nella loro area rischi di conflitti di
questo tipo. L'avvenire delle acque
del Giordano rappresenta già ora un
motivo di discussione tra i paesi
della regione considerata, e illustrano
bene la complessità che può
attendere l'idropolitica. Il fatto che le acque
di profondità siano anche esse
l'oggetto di tali discussioni aggiunge
un'altra dimensione alle precedenti
difficoltà.
Tutto il Medio Oriente si trova a
fronteggiare una scarsità d'acqua che crea
un complesso di problemi sempre più
gravi, e secondo molti esperti questi
problemi influiranno negativamente
sulla stabilità della regione.
IL CASO DELL'EUFRATE
La Turchia e la Siria hanno firmato
nel 1987 un protocollo che garantisce
alla Siria un getto minimo di 500
metri cubi al secondo, circa la metà del
volume del fiume Eufrate al confine.
La Siria vuole aumentare questa quota,
una richiesta che la Turchia ha sinora
rifiutato. Si dice che lo scorso anno
il primo ministro turco Suleyman
Demirel, riferendosi alla richiesta
siriana, abbia osservato: "Noi
non diciamo che dovremmo condividere il loro
petrolio. Loro non possono dire che
dovrebbero condividere la nostra
acqua".[...]
Una possibile carta vincente in mano
siriana è il fatto che la Turchia ha
bisogno di un accordo sull'acqua con i
suoi vicini più a valle per
assicurarsi il finanziamento della
Banca Mondiale e di altre agenzie
internazionali di prestito necessario
a portare a termine il suo Southheast
Anatolia Project, il cui costo è
stato valutato intorno ai 29 miliardi di
dollari. I benefici che la Siria e
l'Iraq ricaverebbero da un accordo che
fornisca sicurezza idrica sono ovvi.
Calcoli relativi ai futuri sviluppi
demografici della regione (il tasso di
crescita medio annuo è pari al
2,2-3,7%) ed alla sua evoluzione climatica ed
idrologica, sembrano promettere
insolubili scompensi nel rapporto tra
domanda e offerta delle risorse
idriche degli anni a venire, con conseguenti
tensioni socio-politiche a livello
interno e internazionale, tanto da
indurre qualcuno a prevedere che la
prossima guerra medio-orientale sarà
combattuta per l'acqua. L'importanza
di tale risorsa è pure illustrata dalla
sua inclusione in uno dei
"cesti" in cui si articola il programma del
negoziato multilaterale per il Medio
Oriente, che, esteso anche a soggetti
non appartenenti alla regione né
coinvolti attivamente nel processo di pace
bilaterale, come l'Europa, viene
affrontando, dal gennaio 1992, tematiche in
vario modo collegate con tale
processo.
Alle controversie internazionali, che
non interessano il solo versante
arabo-israeliano, ma si estendono alla
stessa dimensione dei rapporti
inter-arabi, si sommano preoccupazioni
legate ai bisogni interni delle
popolazioni. Basti pensare che nel
Medio Oriente più del 70% delle risorse
idriche è destinato alle colture
irrigue, benché il contributo dato dal
settore agricolo alla produzione ed
occupazione nei diversi paesi sia
declinante. L'obiettivo
dell'autosufficienza alimentare (cfr. la Scheda
relativa), ma anche la presenza di
forti gruppi di pressione a tutela degli
interessi degli agricoltori, oltreché
motivazioni secondarie, quali
l'esigenza di contenere fenomeni di
inurbamento potenzialmente
destabilizzanti, sono tutti fattori
che spiegano simili scelte dei governi
in materia di allocazione delle
risorse idriche.
DIVISIONE DELL'ACQUA
NEL BACINO DEL GIORDANO
Gli sforzi per raggiungere un accordo
sulla divisione dell'acqua nel bacino
del Giordano risalgono agli inizi
degli anni Cinquanta. Nel 1953, una
industria statunitense abbozzò un
piano idrico per il sistema del Giordano,
che fu mandato in Medio oriente
tramite un inviato speciale del presidente
Eisenhower. Dopo due anni e quattro
tornate di difficili e nervosi
negoziati, finalmente tutte le parti
in causa si accordarono sui dettagli
tecnici del progetto.
Come ha scritto Miriam Lowi, esperta
della situazione idrica medio-orientale
presso la Princeton University, i
colloqui tuttavia si interruppero per
ragioni politiche, principalmente a
causa del fatto che i paesi arabi non
intendevano aumentare in alcun modo le
prospettive di sviluppo del nuovo
Stato di Israele. I negoziati
cessarono nel 1955. Da allora, si sono avuti
diversi tentativi di mediazione in
merito a questioni specifiche, ad esempio
la diga sullo Yarmuk, ma non si è
arrivati a una soluzione delle dispute
idriche nel bacino del Giordano.
Le nazioni del bacino del Nilo hanno
partecipato tutte a un forum per la
cooperazione tramite un gruppo
chiamato Undugu, che in swahili significa
"fraternità".
Nell'immediato futuro, però, non appare probabile una
collaborazione significativa,
soprattutto non tra l'Etiopia, l'Egitto e il
Sudan. All'Africa Water Summit,
incontro ad alto livello tenutosi al Cairo
nel giugno 1990, l'Etiopia dimostrò
la sua indisponibilità a condividere con
i suoi vicini persino dati idrologici
di base. Per l'Etiopia, la
cooperazione è condizionata alla
rinegoziazione dell'accordo sulla divisione
dell'acqua raggiunto da Egitto e Sudan
nel 1959. L'Etiopia considera il
trattato iniquo e impraticabile perché
destina una grande quantità di acqua
del Nilo a questi due paesi, che
contribuiscono molto poco al flusso del
fiume.
(Tratto da: Postel
S., 1993, "Le guerre dell'acqua", in World Watch, n°8,
p.22)
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