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IN DIGIUNO CONTRO GUERRE E SPESE MILITARI di padre Angelo Cavagna
[Padre Angelo Cavagna, tenace
testimone di pace, e' presidente del movimento
di solidarieta' Gavci. Per contatti: gavci@iperbole.bologna.it]
Finanziaria ultrablindata. Maggioranza
sorda ad ogni emendamento
migliorativo su solidarieta' e pace,
anche a quelli votati all'unanimita'
nelle rispettive commissioni
parlamentari.
Occorre riconoscere che anche
l'opposizione, sostanzialmente allineata con
il governo per l'intervento in guerra,
non ha svolto alcuna azione
correttiva significativa. Del resto, una
vera politica di pace non e' mai
esistita nei partiti e nei governi del
dopoguerra: i La Pira e i Dossetti
furono voci isolate, oggi addirittura
quasi dimenticate e rimosse.
Onore invece al drappello dei
parlamentari di ogni partito, da Rifondazione
Comunista (al completo) fino ad alcuni
appartenenti persino alla maggioranza
di governo, che si sono astenuti o hanno
votato contro l'entrata dell'Italia
in guerra. Almeno questi hanno reso
omaggio all'art. 11 della nostra
Costituzione repubblicana.
Le ragioni di opposizione al sistema
economico-finanziario guerrafondaio
oggi imperante non sono venute meno;
anzi, sono cresciute. L'11 settembre
non ha cambiato in nulla, bensi' ha
esasperato ulteriormente tale sistema:
aumento delle spese militari; vittime
civili e profughi a milioni; sempre
piu' scoperti, nella cosiddetta guerra
contro il terrorismo, i piani di
conquista delle maggiori riserve di
energie petrolifere e idriche per il
predominio geopolitico sul mondo futuro;
sempre piu' a rischio anche il
confine tra guerra tradizionale e
possibile uso di armi chimiche,
batteriologiche e nucleari, gia'
ventilate nel caso di un conflitto
India-Pakistan e per esplicita
dichiarazione di Bush: "Se abbiamo queste
armi, e' segno che intendiamo
usarle".
I politici, avvilitisi da se stessi a
marionette del potere
economico-finanziario, mantengono l'Onu
in uno stato di impotenza
strutturale: "poco piu' che
embrionale" (Kofi Annan). Cosi' la
globalizzazione, per se' evento
positivo, continua ad essere selvaggia,
mentre ci vorrebbe poco a capire che, se
il mondo e' diventato un "villaggio
planetario", occorre dotarlo di un
sindaco (vero governo sopranazionale) e
di un Consiglio Comunale (vero
parlamento mondiale); altrimenti e' un paese
di matti, come si sta verificando sempre
piu' ai giorni nostri.
Urge una riforma radicale dell'Onu in
tal senso.
Per questi e altri motivi connessi, noi
intendiamo continuare la catena dei
digiuni a staffetta e dei digiuni
periodici per tutta la durata della
guerra.
Ringrazio, anzitutto, i bolognesi Cinzia
Monari, Simona Urso e Renzo
Venturoli,, coinvolgenti in vario modo
Attac, Rifondazione, Bologna Social
Forum, che mi hanno dato la staffetta
(dopo 15 giorni) del digiuno
prolungato, coprendo effettivamente
tutto il periodo della finanziaria. Se
cio' non ha contato per la finanziaria
2002, incidera' certamente sulla
evoluzione culturale, morale e politica
di pace del Paese.
Novita' di questa campagna contro la
guerra sono i digiuni periodici
settimanali, cosicche': tutti i lunedi
digiunano Antonio Somma e Gianluca
Bartolini; tutti i martedi Martina
Cecini, Marie Cecilie Benoit, Maurizio
Galderisi, Angela Scodes, Cesare Iacono
Isidoro, Marianna Murianni e suor
Marcellina di Napoli; tutti i mercoledi
Laura Pescatore e Gilda Luciano;
tutti i giovedi Luciano Grandi ed Emilia
Manzo; tutti i venerdi Vittorio
Pallotti, Sabrina Magnani, Lucia
Precchia, madre Maria Di Meo, Assunta
Apuzzo, Maurizio Sgarzi, Mauro Innocenti
e Stefano Rappezzi; tutti i sabati
padre Angelo Cavagna; piu' diversi altri
che fanno lo sciopero della fame o
digiunano (come ognuno preferisce) un
giorno o due al mese.
Tre notazioni: i digiunatori periodici
continueranno fino a guerra finita,
coprendo tutti i giorni, salvo i
festivi; le donne sono piu' numerose degli
uomini; vi partecipa anche un obiettore
del Comune di Bologna, Gianluca
Bartolini, assegnato al Centro Servizi
"Villa Tamba" per il volontariato di
Protezione Civile.
A questi va aggiunta la lunga lista di
digiunatori a staffetta (circa 750),
parecchi anche nello stesso giorno,
partita il 31 ottobre 2001 e gia'
garantita fino al 12 aprile 2002.
E' importante che la lista dei
digiunatori si infoltisca e si allunghi
ancora, sia a staffetta semplice di un
giorno (quello che si vuole), sia con
periodicita' fissa (un giorno
settimanale a scelta), fino a che durera' la
guerra, con iscrizioni presso
"Beati i Costruttori di Pace" di Padova, o
presso Pax Christi o il Gavci stesso.
Diamo una svolta vera alla storia e,
quindi, alla cultura, alla morale e
alla politica: basta con le guerre.
Umanizziamo la difesa, in ascolto della
saggezza popolare ben espressa nel
detto ricorrente in varie regioni della
penisola: "batter le noci, spazzar
la neve e ammazzar la gente sono tutti
lavori fatti per niente". Il che
corrisponde perfettamente all'esperienza
sofferta dei soldati stessi che,
nella seconda guerra mondiale,
sostituivano all'ultima strofa del canto "Dio
del cielo, se fossi una
rondinella..." la seguente: "prendi il fucile e
gettalo giu' per terra, vogliam la pace
e mai piu' la guerra".
Esiste l'alternativa della difesa
popolare nonviolenta, che non e'
passivita', come dimostrano le lotte di
tutti i grandi nonviolenti; e che
non e' nemmeno utopia, come dimostrano
le pagine storiche magnifiche gia'
scritte, oramai oggetto di studio nelle
universita'.
Basta con guerre come questa, che sta
dando fondo ai cumuli di armi giacenti
negli arsenali e che si aggiunge ai
lutti e rovine delle decine e decine di
guerre gia' in atto su tutta la faccia
della terra, guerre atrocissime come
quella della Repubblica Democratica del
Congo (due milioni e mezzo di morti
dal 1998 a oggi) e lunghissime come
quella del Sudan, che dura da una
cinquantina d'anni.
Almeno i cristiani trovino la coerenza
evangelica e il coraggio di superare
decisamente e definitivamente la
cosiddetta "dottrina della guerra giusta",
in omaggio al natale di Cristo principe
della pace.
4. INIZIATIVE. VALDA BUSANI: I PACIFISTI
DI ACTION FOR PEACE INCONTRANO
ARAFAT
[Valda Busani, delle donne in nero,
partecipa all'azione nonviolenta "Action
for peace" in Palestina. Rngraziamo
Letizia Valli (letizia.valli@libero.it)
delle donne in nero di Reggio Emilia per
averci trasmesso questa
testimonianza]
Ieri sera a Ramallah abbiamo incontrato
Arafat.
Tutta la delegazione internazionale di
"Action for peace", circa 400 fra
europei (italiani, francesi, inglesi,
olandesi, belgi, spagnoli),
statunitensi e canadesi, e' stata
ricevuta da Arafat nella sua residenza di
Ramallah, in cui e' confinato dal
governo israeliano da diverse settimane,
con i carri armati israeliani a qualche
centinaio di metri.
Ci ha colpito entrare in quello che la
stampa definisce "il bunker di
Arafat" e trovare invece un
edificio chiuso da un normale muro di cinta, con
un normale cancello sorvegliato da due
giovani soldati palestinesi. Nessun
blindato, nessuna postazione militare.
Poco distante l'antenna della
radio-tv palestinese, abbattuta qualche
settimana fa dagli israeliani.
Ci sembra una realta' indifesa e insieme
forte, della forza che deriva dalla
consapevolezza di essere a casa propria
e di avere diritto alla propria
sicurezza.
E' stato un incontro emozionante. Oltre
ad Arafat erano presenti diversi
esponenti dell'ANP (Autorita' Nazionale
Palestinese), Moustapha Barghouti,
responsabile del Centro palestinese per
i diritti umani, e Marwan Barghouti,
leader della seconda Intifada.
Luisa Morgantini, a nome della
delegazione italiana (la piu' numerosa con
quasi 200 persone), e i rappresentanti
belga e francese, hanno testimoniato
la solidarieta' al popolo palestinese,
il suo diritto a lottare contro
l'occupazione israeliana e la necessita'
che tutta la comunita'
internazionale intervenga per far
riprendere il processo di pace e imporre a
d Israele il rispetto del diritto
internazionale violato.
Arafat ci ha parlato a lungo, in modo
diretto, spontaneo, con grande calore.
Ha parlato degli ultimi difficilissimi
mesi, della durezza dell'occupazione
israeliana che si e' fatta feroce con il
governo Sharon. Ci ha parlato delle
violenze quotidiane, dei bambini e
ragazzi uccisi ai check point perche'
lanciano pietre contro i carri armati,
delle quotidiane vessazioni che
impediscono ai palestinesi di lavorare,
di studiare, di andare in ospedale,
di muoversi liberamente sul loro
territorio.
Ha parlato dello sforzo dell'ANP contro
il terrorismo, rifiutato dalla
stragrande maggioranza della popolazione
palestinese. Ha ricordato piu'
volte Rabin, "il mio amico
Rabin" come lo ha definito, e del processo di
pace interrotto dopo il suo assassinio
da parte di un estremista israeliano.
Ha ricordato la solidarieta' che gli e'
arrivata persino dal presidente
dello Stato israeliano, quando Sharon
gli ha impedito di partecipare alla
messa di Natale a Betlemme, e ci ha
detto di avere invitato il presidente
israeliano ad incontrare il consiglio
nazionale palestinese per riaprire il
dialogo di pace. Ci ha chiamato ad
essere testimoni del fatto che conferma e
rinnova questa proposta di ripresa del
dialogo.
Ha insistito piu' volte, con calore, e
con la voce emozionata, sulla
necessita' di costruire un futuro di
pace e di convivenza "per i bambini
palestinesi e per i bambini
israeliani", in questa terra, la Terra Santa,
che, ha detto, "e' patrimonio di
tutta l'umanita' e non solo dei palestinesi
o degli israeliani".
Ha sottolineato la drammaticita' della
situazione attuale, dell'isolamento
in cui il governo Sharon costringe i
palestinesi e la loro ANP, del
tentativo di screditare la loro lotta
come "terrorismo", e della necessita'
vitale che la comunita' internazionale
intervenga.
"Abbiamo bisogno di voi, abbiamo
bisogno di voi" ha ripetuto piu' volte,
quasi come una invocazione di aiuto. E
tutte le 400 persone, uomini e donne
presenti, abbiamo promesso, a noi stessi
prima ancora che a lui e i
palestinesi, che questo aiuto vogliamo
portarlo, costringendo i nostri
governi ad inviare una forza di
protezione e interposizione.
Al termine dell'incontro andiamo in
piazza a Ramallah a festeggiare con i
palestinesi l'anno nuovo e
l'anniversario della nascita di Al Fatah (oggi
primo gennaio).
E' una folla di uomini, donne, ragazze e
ragazzi, bambine e bambini. Qualche
fuoco d'artificio e tante candele in
mano. Ci si abbraccia e ci si augura
buon anno in arabo, italiano, inglese,
francese. Un anno di pace.
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