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Lettera al Papa

di Domenico Manaresi



Caro Papa Wojtyla,
e così anche l'Italia è in guerra.
Ti confesso che da quando, alcuni giorni fa, il Parlamento italiano ha preso
questa decisione, ho atteso qualche parola (tua o della CEI) che fosse
chiarificatrice del pensiero della chiesa cattolica circa questo "entrare in
guerra".
Nella mia ingenuità, pensavo che la chiesa cattolica - se non una vera e
propria condanna - avrebbe forse espresso una prudente e diplomatica (per
non scontentare nessuno!) "presa di distanza".
Nulla, invece nulla, nessuna dichiarazione ufficiale.
Quella "chiesa" così pronta ad affermazioni perentorie e a richieste fatte
ad alta voce circa cosette quali il finanziamento della scuola privata (cioè
cattolica), l'otto per mille, l'insegnamento della religione cattolica nelle
scuole pubbliche eccetera, questa "chiesa" (ma chi è, cos'è la "chiesa"?)
non ha detto nulla. peggio, si è mostrata divisa. alcuni cardinali hanno
detto sì, altri no. A quale cardinale debbo "dar retta" io, insignificante
"christifidelis" che pur tuttavia forse "sono chiesa" in quanto faccio parte
del popolo di Dio, ma nella chiesa non ho voce e non conto nulla? Di quale
cardinale debbo seguire l'insegnamento?
Il fatto che in Afghanistan sarà presente anche un "cappellano militare"
(sic) (ma non è una contraddizione in termini annunciare "amatevi l'un l'
altro" con il fucile in mano?) significa forse assenso e approvazione della
gerarchia ecclesiastica?
Ma tu, caro Papa Wojtyla, poco più di un mese fa, a fine settembre, quando
eri nel Kazakhistan, non avevi detto (leggo dai quotidiani): ".le questioni
controverse devono essere risolte non con il ricorso alle armi, ma con i
mezzi pacifici della trattativa e del dialogo. Non posso che incoraggiare
questa linea di impegno, che ben risponde alle fondamentali esigenze della
solidarietà e della pace."?
Dài, caro Papa, dài. con quella tua voce affaticata e tremante come tremanti
sono le tue mani, ti incitiamo caro Papa, anche se tutti vediamo quanto sei
stanco, torna a dirci quelle tue parole così belle, torna cioè a dirci -
circa questa nostra "entrata in guerra" - qualcosa di profetico e di
"evangelico"!
In questo caso tu sai bene che qualche presbitero o episcopo o cardinale
dissentirà, ma stai certo che in questo modo avrai dato nuovamente fiducia
ai tanti "christifideles laici" i quali potranno veramente credere che la
Chiesa (non importa come la si definisce: corpo mistico, popolo di Dio o
sposa di Cristo) è veramente "una" oltre che santa e universale. Noi
"fedeli" potremo altresì essere certi che questa Chiesa - nel compito di
diffondere la buona novella - non si associa ai potenti né si vende per un
piatto di lenticchie, ma ha il coraggio di affermare (modificando
eventualmente anche il Catechismo che tu caro Papa hai firmato!) che la vita
è sacra sempre, ma proprio sempre, all'inizio, alla fine e anche durante, ed
è sacra per tutti, ma proprio per tutti, anche per i criminali.invece guerra
vuol dire uccidere.
Grazie caro Papa e perdona se mi rivolgo a te così semplicemente (come forse
si faceva agli albori del cristianesimo, quando tu non eri ancora Capo di
Stato): il fatto è che io - da quando mi son messo a leggere le Scritture
con un po' di attenzione - ho sempre pensato che il "beati i miti", il
"beati gli operatori di pace" e tutte le "beatitudini" (Matteo 5 e Luca 6)
non fossero solo belle parole e pura utopia, ma un vero e proprio
(nuovissimo e stravolgente!) programma di vita.
Caro Papa Wojtyla, e voi cari amici cui la presente va in copia, vi prego,
ditemi se sbagliavo e se sbaglio tuttora! Grazie!
Con affetto, caro Papa, e comunque con riconoscenza
Shalom! Domenico Manaresi

Bologna, 15 novembre 2001

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