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Pensieri
e parole di Nobel per l’Economia sulla globalizzazione
di
Maria De Falco Marotta. Durante il Third Millennium Colloquia( Venezia, Fondazione G.Cini, 13- 15 dicembre 2001), nove Premi Nobel per l’Economia alla presenza di capitani di industria, economisti, banchieri(insomma tutta la gente che gira attorno alla Money), si sono confrontati sui problemi più scottanti derivati dalla globalizzazione che, per loro, è sicuramente una grossa chance per l’umanità. Il loro “cinismo”( per esempio, Robert Solow, un anziano signore spiritosissimo, Nobel 1987 , si è meravigliato che a loro fossero poste domande sulla cultura quando “ è notorio che gli economisti di cultura non capisco un acca”) nel sezionare come un cadavere all’obitorio la globalizzazione, ha impressionato non poco. Tra mercati, cambi, ridistribuzione del reddito, poteri forti, flussi monetari, dollaro forte e Euro che lo insidia ed avanza, sono emerse anche parole come disuguaglianza, equità, giustizia, trasparenza, controllo democratico fermo, necessità di raddrizzare ciò che è storto, prendersi cura dei perdenti, grazie allo sbalorditivo sviluppo delle tecnologie, tra cui Internet, che mettono alla pari, quasi fossero dei sacchi di derrate di cui specificare il peso e il valore commerciale, le persone del pianeta che, dicono loro, sono informati abbastanza su ciò che succede in Indonesia, come al polo Nord. Non è più il tempo, come ha detto Robert Mundell, Nobel 1999, che qualcuno osi dire come gli accadde di sentire a Chicago nel 1955, durante un convegno sul progresso, dove erano presenti gli intellettuali più famosi in ogni branca del sapere, che “l’ingrediente principale del progresso economico è l’ineguaglianza tra gli individui e che vincono quelli che sanno correre”. Secondo l’ultimo Rapporto dell’ONU sullo sviluppo, non è che le cose siano cambiate molto, però c’è più sensibilità per quanti non sanno correre e si richiede, soprattutto, una direzione politica globale che renda anche il Mercato più umano. Siamo, anche per i prestigiosi Premi Nobel per l’Economia( mai visti tanti, in un solo consesso), tutti per uno. E l’Uno, per buona pace anche della globalizzazione, è sempre l’uomo. Robert Mundell, Nobel 1999 per l’Economia. La
globalizzazione crea nuove opportunità per tutti, dal punto di vista
del movimento dei capitali e del commercio( con le migrazioni, per
esempio), senza negare che ogni volta che vi sono dei cambiamenti, vi
sono anche dei perdenti. Un Paese che ha beneficiato molto, a livello internazionale della globalizzazione, è la Cina che ha vinto in questo processo, sebbene debba imparare a bilanciare la ridistribuzione del reddito tra le regioni più ricche e quelle più povere, con un elevato tasso di crescita e di esportazioni, divenendo una potenza economica mondiale. Però, al suo interno, si sono creati problemi di disuguaglianza macroscopica che prima o poi, dovranno essere affrontati. In generale, possiamo dire che siamo globalizzati per certi versi e per altri aspetti, non lo siamo a sufficienza. Abbiamo un’economia globale, ma non un sistema monetario globale. Di
per sé, la globalizzazione, non è cattiva, né buona, perciò
bisogna prestare attenzione a quei Paesi che vogliono usare il potere,
sia economico che politico, per imporre la loro volontà. Non è un
bene per l’umanità, quando grandi poteri si concentrano in mano a
qualcuno, nell’economia mondiale. Oggi, quello che manca veramente,
è l’assenza di una direzione, di un orientamento politico globale. Myron S. Scholes, Nobel 1997 per l’Economia. Negli
ultimi tempi, abbiamo avuto una notevole crescita delle
telecomunicazioni, delle capacità computazionali e di calcolo e si è
goduto di una maggiore libertà. Si è anche avuto una transazione dei
capitali verso organizzazioni più efficienti, riducendo i costi morti
delle istituzioni, delle organizzazioni. Questo aumenterà sempre di
più a livello nazionale ed internazionale e nasceranno nuovi modi di
organizzazione che daranno un valore aggiunto agli individui e alle
società, grazie a transazioni che avverranno a livello globale. Se
tutti considereranno adeguatamente i rischi, i soldi aumenteranno per
chiunque. Naturalmente,
si presume che vi sia una regolamentazione nei flussi finanziari e i
governi dovranno imporre la trasparenza per evitare speculazioni e
dispersione del reddito, oltre che essere scavalcati, perché oggi si
impara di più e si è più proattivi nel mondo globale, senza
aspettare che le tegole ti cadano in testa L’interrogativo
più pressante è: come interverranno i vinti nei confronti dei
vincitori? Per ora, non vi sono risposte. Robert Solow, Nobel 1987 per l’Economia. Quasi
tutti i miei colleghi hanno menzionato il fatto che fosse inevitabile
che un gruppo di questo tipo( 8 Premi Nobel per l’economia, presenti
alla Fondazione G.Cini per il Third Millennium Colloquia, 13- 15
dicembre 2001) avesse considerato la globalizzazione come
un’opportunità vera e propria, genuina per l’economia mondiale. Quindi, non si può far altro che favorirla e promuoverla, in primo luogo per la sua inevitabilità: tanto vale unirvisi. L’altro
elemento che non è stato accennato è il seguente: tanto più è
lontana la prospettiva della globalizzazione, tanto più si sarà
favorevoli ad essa. Non
si discute sull’espansione del commercio mondiale che ha accresciuto
le possibilità di investimento all’estero e ha portato ad un
notevolissimo miglioramento economico le persone coinvolte in esso, ma
dei problemi conseguenti che porrò, a mia volta, come domande. L’animosità
che si percepisce dall’opposizione alla globalizzazione, a cosa è
dovuta, principalmente? Credo
agli ostacoli che si frappongono nelle difficoltà di raggiungere la
globalizzazione a breve termine. I conflitti che insorgono sono di due
tipi: in primo luogo la distinzione tra il breve e lungo termine e
poi, nella globalizzazione, come in tutti gli altri processi, vi sono
perdenti e vincenti. E questo è un problema che percorre l’economia
da sempre. Come risolvere la questione che in qualunque mutamento
benefico vi sono persone che vengono danneggiate per aver investito
troppo in passato e le cui competenze sono diventate obsolete o la cui
ricchezza ha perduto valore? Come facciamo a riconciliare il nostro
atteggiamento nei confronti dei perdenti( ma si parla anche di Paesi),
soprattutto quando sono i più deboli? Come facciamo a riconciliarci
con la necessità di compiere un progresso globale? Per i salariati,
per esempio, esistono misure adeguate per proteggere la loro vita e
non gettarli in braccio alla disperazione(come sta succedendo in
Argentina)? Esiste
un sistema commerciale mondiale, come un sistema dei capitali mondiali
anche se imperfetto, ma abbiamo pochissime istituzioni normative,
governative o di altra natura che abbiano la stessa portata rispetto
ai mercati. Possiamo
ancora chiudere gli occhi? Anche
l’economia di mercato, nella sperequazione e nella capacità di
guadagno, deve promuovere un po’ più di umanità, deve essere
guidata da misure politiche globali ed eque. Ritengo che questo è uno dei possibili rimedi; per ridurre l’ineguaglianza esistente tra i lavoratori del mondo. James
Mirrlees, Nobel 1996 per l’Economia. Nelle aspettative generali, si pensa che i capitali si muovano dai Paesi ricchi verso quelli poveri. Invece avviene il contrario. Perché,
come mai? Dati
alla mano, la risposta è comprensibile: i paesi ricchi hanno
politiche interne che assicurano il governo della Legge e la
protezione della proprietà privata, delle attività umane. Ciò li
trasformano, qualunque sia la loro cultura, in Paesi attrattivi per
gli investimenti, mentre in quelli poveri, sottoposti a dittature o a
regimi equivalenti, dove le persone non riescono a controllare la
realtà, né a godere di alcuna sicurezza o il governo della legge, i
capitali volano all’estero, grazie al cumulo di informazioni rese
possibili dalla globalizzazione. Questo
fatto, mette tutte le persone del mondo nella condizione di
comprendere quelle che sono le fonti dei problemi, in ogni parte del
pianeta. Infatti,
alcuni Paesi che erano molto poveri come Taiwan, Singapore, Hong Kong,
altri dell’Asia, ora sono in grado di unirsi a quelli più ricchi. Velocemente,
hanno imparato a garantire all’impresa privata, la sicurezza
necessaria per svilupparsi. Il mondo in cui viviamo e che cambia giorno per giorno sotto i nostri occhi, richiede che i suoi abitanti siano altrettanto rapidi nell’affrontare i rischi, vincendoli con le tecniche giuste ora accessibili a tutti, proprio per l’espansione universale dei saperi e delle tecniche. Lawrence
L. Klein, Nobel 1980 per l’Economia. La globalizzazione, è inutile nasconderlo, ha aumentato le disuguaglianze tre le persone e tra i Paesi. Naturalmente,
quella tra i Paesi, pone più problemi che tra le persone. Però
si possono creare, copiare e guidare i progetti infrastrutturali verso
le parti più povere, come già sta avvenendo in Cina, per diminuire
le disuguaglianze e a ridistribuire le possibilità economiche
all’interno di un Paese, in modo più equo. Non
è credibile, attualmente, che si possa dimostrare, come fanno gli
americani, che x è uguale a y, operando in un certo qualmodo. Vi
è sempre un terzo fattore da considerare- i cicli economici, le
infrastrutture interne…- In
Cina, di cui si loda il suo rapido inserimento nei mercati globali, è
proprio il terzo fattore che ha cambiato i risultati dell’equazione. Si
recrimina ancora molto sul protezionismo. E’ vero che vi sono quote
e tariffe protezionistiche nel mondo, però non viene considerato
abbastanza il fatto che per avere un sistema commerciale più liberale
a livello globale, necessita valutare sia la domanda che l’offerta. Il
protezionismo viene stimato dal punto di vista della domanda, come una
barriera dei beni e dei servizi. Però,
tanto per fare un esempio, la protezione mondiale del commercio,
presta poco, anzi pochissima attenzione all’operato dell’OPEC e ciò
provoca un impatto non sempre positivo, sull’economia del mondo. E’
difficile proporre “ricette” in un mondo che cambia così
velocemente, però le istituzioni devono prestare più attenzione alla
trasparenza dei flussi finanziari e controllare meglio ciò che
avviene nei mercati asimmetrici, per evitare che piccoli Paesi
arrivino alla bancarotta, non conoscendo gli attuali sistemi
contabili. Le
conoscenze vanno condivise, per vivere meglio nel nostro piccolo
villaggio globale. Milton
Friedman, Nobel 1976 per l’Economia. Nel mondo le cose non sono mai bianche o nere. Molte
delle vittime dei perdenti apparenti nel mondo commerciale
internazionale, perdono perché hanno delle politiche interne molte
negative come, per esempio, l’Indonesia. Ricchissima
di risorse naturali, in pratica le ha sprecate perché non ha saputo
gestire gli elementi della stabilità politica, lo Stato di diritto, né
i dati relativi ai contratti. Non
dimentichiamo che vi sono molti esempi di questo tipo, nondimeno vi
sono Paesi molto piccoli, privi di diversità naturale nei prodotti
primari che non sono in grado di produrre ed esportare e soffrono
terribilmente per la ragione che non riescono a tenere testa alla
tecnologia e al reddito crescente nel mondo che porta a mutamenti
notevolissimi della domanda. La
globalizzazione, crudelmente, consente agli spostamenti e ai
cambiamenti di avere effetti dappertutto Oggi
non è una buona cosa essere produttori di ferro, lo è ancora per un
tempo limitato per quelli del petrolio, perché gli scenari prossimi
muteranno ancora. Vi
saranno risorse che aumenteranno di valore, ed altre che lo
perderanno. L’importante
è che ogni Paese adotti un codice giuridico appropriato, per non
permettere disuguaglianze tra i cittadini talmente enormi da portare a
una rivoluzione. Vi
sono parecchi studi sull’opposizione che intercorre tra la
distribuzione dei redditi e la crescita economica: la conclusione è
che il rapporto tra di loro, non è affatto semplice. Per
ora, nessuno ha individuato il quantitativo ottimale di
ridistribuzione all’interno di un qualsiasi Paese. E’
un errore ritenere che uno dei due estremi(ridistribuzione dei redditi
e crescita economica)sia più favorevole dell’altro Il
sistema politico non presta particolare attenzione all’effetto
incentivante della ridistribuzione, né a qualsiasi aspetto giuridico
della questione. L’incertezza, il senso di spaesamento che provano molti di fronte alla globalizzazione, è dovuta proprio all’assenza di una guida politica sicura. Robert
C. Merton, Nobel 1997 per l’Economia. Globalizzazione significa anche fine della monocultura in ogni ambito delle conoscenze. Nel
campo finanziario, con le adeguate cognizioni tecnologiche, ogni
Paese, anche piccolo, può costruire il suo sistema finanziario in
modo creativo utilizzando le nuove tecnologie finanziarie e saltare di
pari passo ,il sistema dei Paesi più sviluppati. Sempre in questo
campo, le tecnologie offrono il vantaggio di offrire forme
a molti canali a basso costo per i flussi di capitale, con una
maggiore flessibilità ed opportunità. Il
problema grosso che ancora non ha trovato una soluzione è la
divisione digitale. Dobbiamo
escogitare un modo con cui i Paesi in via di sviluppo abbiano
l’istruzione necessaria, il sostegno indispensabile per poter essere
parte di questo sistema globale. Tutti capiamo quali sono le possibilità dell’istruzione con l’accesso ad Internet, ma per averlo, è basilare essere provvisti di quella tecnologia in loco. Daniel
Mcfadden, Nobel 2000 per l’Economia. La globalizzazione è un fenomeno di pace. Dal punto di vista economico, è un fattore di crescita, a seconda del livello della diversità della situazione economica dei Paesi. Vi saranno e vi sono tra un Paese e l’altro, periodi in cui sussisteranno forti differenze, però questi stimolano l’innovazione creativa ed accentuano l’interesse per la globalizzazione. La
rivoluzione tecnologica in corso, ha messo in gioco degli ingenti
interessi e nelle aree più avanzate del mondo, essendo più
progredite rispetto ad altre, aumenta la fattibilità di movimento,
perché si cerca di catturare dei vantaggi che scaturiscono dal
commercio e dall’informazione. Il mondo è cambiato e cambierà in meglio: per tutti, purché le istituzioni politiche agiscano per la giustizia e il rispetto della persona. _________________________________________________________________ |