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Dedicato ad un Amico e a un Profeta
di Valerio Dalle
Grave
Ringrazio di tutto cuore l'amico Mario Lucini che, ricordandomi il decimo anniversario della morte di Padre David Maria Turoldo, mi ha chiesto di scrivere una testimonianza in merito. Cosa che mi accingo a fare.
Ho due effigi di Padre David che fanno bella mostra sui muri di casa mia (una delle quali, stilizzata, mi è stata donata dalla Wanda Guanella), oltre ad una discreta raccolta di suoi scritti, ma sinceramente mi sfuggiva l'avvicinarsi della fatidica data della sua morte, avvenuta il 6 febbraio 1992 a Milano. Forse la disattenzione (non è una scusa), è dovuta al fatto che l'Amico David per me è una costante e quotidiana presenza alla quale ricorro ogni volta che ne sento il bisogno.
Lo chiamo "Amico David" per dovere di riconoscenza; perché Lui ha voluto sancire l'amicizia con me dedicandomi una Sua raccolta di poesie; un volume dal titolo profetico: "Ritorniamo ai Giorni del Rischio". Quale onore e quale gioia per me!
Ho conosciuto Padre David verso la metà degli anni settanta.
Quando l'Italia stava attraversando l'inquieta fase del terrorismo nostrano, culminato con l'assassinio di Aldo Moro e della sua scorta, la dirigenza della CISL Milanese e quella Regionale Lombarda (alla quale io appartenevo), ricorse più volte ad organizzare incontri con Padre Turoldo per farsi aiutare a comprendere i moventi delle difficoltà che si stavano attraversando, per averne sprone alla lotta che si stava conducendo e, soprattutto, per ricevere , ognuno di noi, conforto sulla giustezza delle nostre iniziative e una nota di speranza e sul loro positivo sbocco. "Un uomo senza speranza ha perduto la sua umanità", amava ripetere in ogni occasione.
Resistete, resistete, ripeteva in continuazione, perché il drago dalle sette teste e dalle dieci corna sia sconfitto (mi ricordo che chiamava drago anche il male che lo stava inesorabilmente portando alla morte).
Anche in quella occasione, in quella fase tribolata della vita sociale e politica del Paese, fu buon profeta ed ebbe ragione, e noi con Lui.
Fu in quelle occasioni che entrai in contatto anche personale con la Sua straordinaria personalità. Mi affascinavano le sue espressioni "forti", le sue conoscenze e relazioni cosmopolite, il suo schietto realismo nel valutare le situazioni, e relativi personaggi/protagonisti del momento, anche quelle più complesse; mi affascinava il tono della sua voce, a volte cavernosa ma suadente e bonaria, con la quale rivolgeva le sue domande che, forse proprio per questo, non potevano rimanere senza risposta.
Insomma, il filo di ogni suo discorso e la potenza del suo carisma, ti prendevano interamente e non ti mollavano più fino alla fine.
Fu così anche quella sera in cui fu graditissimo ospite del Consiglio Generale della CISL di Sondrio (anno 1979), convocato in sessione di studio presso il Convento di Madonna di Tirano. Egli ci intrattenne fino a ora tarda (o piccola a seconda dei punti di vista) della nottata.
Quella, che io definii "lezione", - improntata tutta sullo strapotere delle società multinazionali, sui guasti economici, sociali e morali da loro provocati per scopo di profitto in tutto il mondo e in special modo nei Paesi in via di sviluppo,- si concluse solo perché, dopo una lunga giornata di studio, su di noi vinse la stanchezza: Sua e nostra.
Nel discorso memorabile di quella serata, com'era Suo costume, non risparmiò nessuno; e fu implacabile nello stigmatizzare le connivenze responsabilità di politici, sindacalisti, scienziati; di capi di stato, di responsabili delle grandi istituzioni internazionali quali il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale, nonché parte della gerarchia ecclesiale (internazionale e nostrana) quando, pur vedendo e sapendo, tacque e, - come i leviti e i sacerdoti nella parabola Evangelica del Buon Samaritano, - passò oltre senza voler vedere gli orrori che venivano commessi, spesso nel nome della libertà, della democrazia e del progresso scientifico.
Fummo un po' tutti scioccati da quell'incontro; qualcuno (pochi per la verità) anche in modo negativo, per aver ascoltato un prete (un frate) parlare "male della sua ditta" (espressione spesso usata da don Milani).
Ebbi modo in seguito di incontrarlo più volte sia nel convento di Tirano che nella Casa di Emmaus connessa con il Centro di Studi Ecumenici da Lui fondati nel 1965, presso l'Abbazia di S. Egidio a Fontanella (una piccola frazione di Sotto il Monte - Giovanni XXIII in provincia di Bergamo).
Fu in quel luogo ameno e di spiritualità che ebbi lunghe conversazioni con Padre David e fu proprio in quel luogo che si consolidò la nostra amicizia e furono quelle lunghe conversazioni che mi aiutarono a superare la crisi che stavo attraversando dopo una malattia che mi costrinse a lasciare l'incarico di responsabile provinciale della CISL di Sondrio.
Godevo della Sua presenza e della Sua parola come si può godere di un paesaggio primaverile ammirato dalla cima di un colle, come si può godere ammirando il volto di una mamma , il sorriso di un bambino o un quadro del Botticelli.
Io volevo confessarmi con Lui e Lui invece si confessava con me.
Un giorno di quelli, (Lui era appena tornato dall'India) mentre passeggiavamo attorno alla Abbazia, mi confidò di essere reduce da una esperienza, allo stesso tempo drammatica e stupenda. IL suo cruccio, però, era l'imbarazzo provato nello svolgere il compito che gli era stato affidato; quello cioè di predicare gli esercizi spirituali ai missionari che si trovavano in quei lontani paesi dell'oriente.
Meravigliato e anche un po' imbarazzato gli chiesi di spiegarsi meglio. Mi rispose: ""Cosa ho da dire io, che ho un tetto sotto cui ripararmi, cibo in abbondanza, abiti quanti voglio, medicine e medici per curarmi, carta per scrivere e una abbondanza di chiese dove raccogliermi in preghiera, a quei miei fratelli che condividono con la gente del luogo una vita da miserabili? Cosa ho io da insegnare a loro che già non conoscano e vivano quotidianamente sulla loro pelle? Quale Cristo posso rappresentare a loro che vivono quotidianamente sul patibolo e in mezzo ai crocifissi? ai reietti della società? ai dimenticati del mondo? "" Fece una pausa, come per riprendere fiato e poi: "ma quelli non sono dimenticati da Dio!" E via di questo passo.
Altre confidenze, condivise anche con l'amico Sandro Antoniazzi (allora dirigente della CISL di Milano, poi della CISL Regionale Lombardia e oggi capo dell'opposizione nel comune di Milano), riguardavano la sua assidua attività di assistenza spirituale per il recupero sociale dei carcerati condannati per atti di terrorismo. Penso, a questo proposito, che tante dissociazioni dal terrorismo e tante conversioni personali avvenute in seguito, siano da accreditare all'opera persuasiva e consolatoria esercitata su di loro da Padre David.
Insomma, come amava dire il suo amico padre Ernesto Balducci, Turoldo era l'uomo dell'emergenza , e siccome l'emergenza c'era spesso, Lui c'era sempre.
Ad ascoltare quelle confidenze, io mi sentivo importante, al pari di tanti amici suoi dai nomi altisonanti nel campo della letteratura e del giornalismo. Ma non sapevo ancora la sorpresa che Egli mi stava riservando.
Come ricordavo più sopra, nei primi anni ottanta durante un lungo periodo di convalescenza a seguito di un guaio cardiaco, ho pensato di occupare il tempo scrivendo, con l'aiuto di un amico, un libro autobiografico. Prima della pubblicazione presso l'editore "Edizioni Lavoro", feci leggere le bozze anche a Padre Camillo De Piaz, dal quale ne ebbi un incoraggiamento per la pubblicazione.
Padre Camillo, l'amico di sempre di Padre David, del quale ama definirsi il suggeritore, lo informò del fatto, tanto che quando uscì "Sindacalista di Valle" (titolo del libro), ne volle subito una copia.
Dopo qualche tempo Padre David mi telefonò per dirmi che con quella mia pubblicazione gli avevo ricordato, con qualche piccola variante, la vita dei suoi fratelli, e di ciò me ne era profondamente grato. Più tardi ebbi occasione di recarmi ancora a Fontanella assieme a Padre Camillo, pure lui convalescente, e fu in quella occasione che David mi fece dono della sua nuovissima (1985), rara e pregiata pubblicazione "Ritorniamo ai Giorni del Rischio".
IL Suo autografo, sotto la dizione: "al mio amico Valerio" è quanto di più bello e significativo che io potessi sperare di avere da un personaggio - Padre David Maria Turoldo - conosciuto e ammirato a livello mondiale; tanto discusso, tanto osteggiato ma anche tanto amato dagli amici e dalla gente comune.
Furono in tanti a gioire, - quando in occasione della consegna del Premio Lazzati (21 novembre 1991) il cardinale arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini gli ebbe a chiedere scusa delle incomprensioni della chiesa nel passato, dichiarando la Sua una delle "voci profetiche" dell'età contemporanea, - e io gioii con tutti loro. E sono grato a David di avermi fatto partecipe di quella gioia, perché così mi sono sentito, e mi sento, accomunato a tante persone animate dallo stesso senso della vita, della fede e della speranza.
Per cause fortuite non ho potuto partecipare ai suoi funerali. Qualche anno più tardi mi sono recato però al cimitero di Fontanella per visitare e pregare sulla Sua tomba. Osservando la massiccia croce di legno grezzo che la sovrasta mi è sembrato di vedere David durante una delle ultime prediche a cui ho assistito nel convento di Tirano: una figura imponente, con quelle sue braccia, soprattutto con quelle sue mani, così grandi, così forti, da minatore, tese in avanti in un gesto a volte ammonitore altre benedicente; con quel suo vocione tonante, ultimamente un pò arrochito a causa del male che lo stava progressivamente consumando, ma sempre schietto e avvincente nel trasmettere il suo messaggio di pace, di fratellanza e di amore.
Per quanto io l'ho conosciuto personalmente, per quanti testimoni ho ascoltato direttamente, tra cui Padre Camillo e Padre Egidio molto conosciuti dai valtellinesi, per quante letture ho fatto delle Sue opere, e delle opere di tanti Suoi amici, biografi e critici, sono sempre più convinto che l'umanità intera si è impoverita dopo la Sua scomparsa. Rimangono a conforto di tutti noi, suoi amici, e di quanti hanno avuto la fortuna di ascoltarlo, le Sue profezie che, secondo me, vanno molto al di la della sua grande produzione letteraria e poetica, della quale non ho titoli per parlarne, ma solo di accettarla come dono..
E a proposito di profezie, concludendo questa mia testimonianza voglio ricordare per me e fare partecipi chi vorrà leggermi, un brano della presentazione del libro "Ritorniamo ai Giorni del Rischio" scritta da padre David: ""……..Perché a liberarci non sono gli uomini e le ideologie. Se è un uomo a liberarmi, io sarò schiavo di quell'uomo, Per questo nella Bibbia è detto che non è Mosè che libera: nel caso, tu saresti schiavo di Mosè.
La liberazione è molto più misteriosa e radicale, tanto da travolgere e superare ogni ideologia. Ogni ideologia, per quanto rivoluzionaria, una volta arrivata al potere sarà sempre una forza conservatrice: se non altro per conservare il potere che ha conquistato. E' così anche per il cristianesimo, qualora lo si riduca a ideologia. La libertà trascende tutti i miti. Ed è la ragione per cui la libertà è molto rara, costosa, e difficile. Perciò gli stessi ebrei nel deserto, a volte, rimpiangevano la loro schiavitù……
E dunque, perché questo richiamo?
Perché il Faraone non è stato vinto. Perché ne sono succeduti altri, ugualmente oppressori e schiavisti.
Perché non avrei mai immaginato, dopo tante speranze, che ci saremmo ritrovati in queste condizioni: provate solo a pensare a questa Europa. (Senza pensare, non dico agli stati dell'Est, cui pensiamo da sempre - per fortuna - ; ma, nel contempo, pensare agli stati dell'America Latina e a molti stati del Terzo Mondo: almeno tentare di pensare, pensare a intervalli almeno!)
Perché ho imparato sulla pelle che la liberazione è sempre un miraggio, e che raramente è una realtà, o meglio, un miraggio da realizzare tutti i giorni.
Perché ho imparato che ogni uomo - è tanto più un cristiano! - deve ritenersi sempre un "resistente": uno nel deserto, appunto.
Perché la Terra Promessa è sempre da raggiungere; come il "Regno" ha sempre da venire; e Cristo è per definizione "posto a segno di contraddizione tra le genti". Perciò la Resistenza fa corpo con lo stesso essere cristiano.
Ho scritto un giorno. "Beati coloro che hanno fame e sete di opposizione"; oggi aggiungerei: "Beato colui che sa resistere".
Pensiamo al presente, ai drammi che l'umanità sta vivendo in questi giorni, alla confusione e all'incertezza del domani, ai rischi che stiamo correndo tutti di vederci crollare addosso l'impalcatura del nostro effimero benessere, se non corriamo ai ripari in tempo.
Grazie David di queste parole di sprone e di speranza. Forse ce la facciamo a superare anche la crisi anche questa volta in attesa della prossima!
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