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IL VESCOVO DI TRAPANI ROMPE L'OMERTÀ. MAFIA E POLITICA DI NUOVO A BRACCETTO
TRAPANI-ADISTA.
"Gli intrecci e i legami tra affarismo, illegalità e
personaggi di determinate aree politiche
sono sotto gli occhi di tutti".
Sostenuta da una realtà di cui non si
può non prendere atto (mai, come da
qualche mese a questa parte, è
"irrisorio" il numero di delitti dovuti a
mafia, camorra, 'ndrangheta, sacra
corona unita, una inquietante "stagione
del silenzio", ha detto Luciano
Violante a Palermo il 19 gennaio, che nel
passato, ha sempre "preceduto i
delitti eccellenti") una frase così è un
macigno gettato nello stagno delle
connivenze, tanto più grosso in quanto a
lanciarlo è stato il vescovo di
Trapani, mons. Francesco Miccichè, il quale
non risparmia neanche la Chiesa, preda
di "atteggiamenti neutrali e
omertosi". Non in un intervento
pubblico ha pronunciato queste frasi, ma in
una lettera indirizzata, in data 14
gennaio, a Giovanni Mapelli del Centro
Studi Teologici di Milano, resa pubblica
dal destinatario dopo aver ottenuto
il permesso alla diffusione dalla
segreteria del vescovo.
Mapelli, il 13 gennaio, aveva elaborato,
e inviato anche a mons. Miccichè,
un comunicato dal titolo:
"Preoccupazioni accorate per la ripresa della
mafia nell'isola - Condivisione delle
preoccupazioni dei vescovi di
Sicilia", relativo alla
contrapposizione governo-magistrati e al
suggerimento dell'on. Enrico La Loggia
di stilare una sorta lista di
proscrizione di magistrati ("Un
manipolo di facinorosi", li ha definiti a
Palermo il 13 gennaio in occasione
dell'inaugurazione dell'anno giudiziario,
"dodici, quattordici. da mettere
nelle condizioni di non continuare a fare
attacchi a democrazia e
istituzioni"). Ricevuto il comunicato, il vescovo
confermava per lettera a Mapelli
"il disappunto sulle affermazioni deliranti
di alcuni esponenti delle forze di
governo e sulle altrettanto inopportune e
gravi valutazioni di stampo non
giuridico, ma politico rese da alcuni
magistrati" (il vescovo ne ha per
tutti).
Riportiamo in forma integrale qui di
seguito i due testi, dopo aver aggiunto
che tale corrispondenza ha avuto un
piccolo strascico polemico. L'edizione
siciliana di "Repubblica" (18
gennaio), ricevuta la lettera di Miccichè, ha
riferito della dura requisitoria del
vescovo. Nel pezzo, tuttavia, ha
definito una "scorrettezza" la
divulgazione della lettera da parte di
Mapelli, tanto più che il vescovo, a
dire del quotidiano, si sarebbe
"adirato". Al contempo quasi
lo ringrazia: "La 'scorrettezza' del
professore", scrive, "consente
però di aprire uno squarcio sui veli che
nascondono i pensieri più segreti della
Chiesa siciliana, una Chiesa da
troppo tempo silenziosa, anche di fronte
alle polemiche sulla giustizia che
infiammano l'Italia".
Mapelli ha allora scritto al quotidiano
per precisare: "per ben tre volte ho
chiamato il Vescovado di Trapani,
chiedendo l'autorizzazione alla
pubblicazione della lettera, e per ben
tre volte mi è stato ribadito che
nulla ostava" e "dal
segretario del vescovo me lo sono fatto ripetere più
volte. Se poi il segretario vescovile -
conclude Mapelli - non ha informato
il vescovo di questa autorizzazione, non
potevo certamente esserne al
corrente (.); se invece - cosa che si può
ipotizzare - il vescovo è stato
redarguito da qualcuno alla Cei o in
Vaticano e ha fatto perciò parziale
marcia indietro, questo non significa
che io non mi sia comportato in
maniera 'corretta', sotto ogni
profilo".
Tratto da Osservatoriomonopoli.it _________________________________________________________________ |