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Fede e Ragione. Un dibattito tra il filosofo Paolo Flores D'Arcais e il Cardinale Joseph Ratzinger

 

Roma

Gad Lerner - Il titolo di questo incontro - "Dio esiste?" - può apparire
sconveniente, per un dibattito animato da un cristiano e da un ateo e
moderato da un ebreo. Somiglia più alle antiche dispute medievali che non
alle nostre conversazioni televisive... Sono dunque di fronte un credente e
un non credente. Ma possiamo accontentarci di definirli così? Voglio dire, è
così chiaro il confine fra chi crede e chi non crede? Siamo così sicuri che
non esista un terreno comune? Un tratto che accomuna i due interlocutori è
il rifiuto di entrambi di una religiosità di comodo, e un bisogno di
misurarsi con l'assoluto della verità. Vorrei chiedervi da dove nasce questo
bisogno reciproco di parlarvi.
Joseph Ratzinger - Nasce dal fatto che noi credenti pensiamo di avere cose
da dire agli altri e che Dio non è una questione privata. Siamo convinti che
l'uomo ha bisogno di conoscere Dio e che in Gesù è apparsa la verità, che va
condivisa e conosciuta, proprio in quanto momento della storia e della
religiosità.
Paolo Flores d'Arcais - In un dibattito del genere c'è un elemento di
asimmetria. Il credente è interessato a convertire il non credente. L'ateo
viceversa non vuole far perdere la fede a chi ce l'ha o la pratica. Allora
perché un ateo è interessato ai problemi che la fede suscita? Perché essere
atei - e so bene che questa parola per alcuni è di cattivo gusto - significa
aver chiaro che tutto quello che succede accade qui, in questo orizzonte
dove l'esistenza è incerta e dove i valori che la caratterizzano creano
conflitti, scontri, ma stabiliscono anche alleanze. Naturalmente, non è
indifferente il tipo di fede. Se la fede del cristiano è quella delle prime
generazioni, agli occhi delle quali la fede è uno scandalo per la ragione,
allora non nasce nessun conflitto con il non credente. Ma se la fede
cattolica pretende di essere il riassunto e il compimento della ragione,
allora è chiaro il rischio, o meglio la tentazione di imporre quella fede
anche attraverso il braccio secolare dello Stato.
Ratzinger - Le prime generazioni dei cristiani non hanno mai pensato alla
fede come a qualcosa di assurdo. Anzi essa appariva tanto più necessaria,
quanto più evidente era la crisi degli dèi. La religione nasce dal cuore
dell'uomo e dalla luce di Dio. E perciò persone illuminate cercano non già
una costruzione filosofica, ma una religione autentica. Tutti noi cerchiamo
una religione consona alla nostra ragione e sono d'accordo con Flores: se la
ragione non è disponibile non si può aiutare la fede con il braccio
secolare.
Flores - E' chiaro che il cristianesimo si impone in un orizzonte di crisi
del mondo antico. Per le prime generazioni di cristiani la ragione non
condanna la fede, per il semplice motivo che sono cose diverse. Non a caso
Paolo parla della follia della Croce. Ciò che allora distingueva il
cristianesimo dalle scuole filosofiche, poniamo da un Platone o un Epicuro,
non è la fede in un Dio unico, ma la fede in Gesù che muore e risorge.
Questa è la follia a cui allude Paolo.
Lerner - La follia della resurrezione come elemento della verità. E' solo di
questo che si discute?
Ratzinger - E' chiaro che San Paolo è convinto che la fede va anche oltre la
ragione, ma per il semplice motivo che c'è in gioco l'amore. Che non è un
sentimento irrazionale, ma la ragione stessa che parla, cioè qualcuno che si
mette in relazione con un altro. Il logos non è solo certezza del discorso,
oggettività matematica, è l'annuncio stesso dell'amore.
Lerner - Vorrei chiedere a Flores se si può vivere senza fede. Più
precisamente, per dirla con Enzo Bianchi, se si può vivere senza una qualche
forma di affidamento esistenziale.
Flores - Basta intendersi sulla parola fede. Non rinuncerei a una passione
esistenziale che può dar senso alla vita. Ma se per fede si intende una
credenza religiosa, credo che si possa vivere senza. Pascal sosteneva che
non si può dimostrare l'esistenza di Dio in termini umani. Però ai suoi
amici scettici diceva: che cosa vi conviene fare, scommettere che esiste l'
immortalità o che dopo la morte non c'è che il nulla? Pascal invitava
comunque a credere, proprio perché non costava niente. E l'argomento è
inaccettabile, c'è qualcosa che non funziona nel suo ragionamento... E' vero
in San Paolo molte volte si riscontra la pretesa che la ragione possa
arrivare a Dio, ma mai che la fede del Cristo risorto sia ottenibile
mediante la ragione. Altrimenti la fede non sarebbe un dono!".
Lerner - C'è un tratto che accomuna la fede come esperienza civile e la fede
in Dio?
Ratzinger - Qualcosa che unisce esiste. Ci possono essere convinzioni
fondamentali che rendono la vita degna. Per esempio combattere
l'intolleranza, il fanatismo, come pure l'impegno verso la libertà e il
senso della generosità. Voglio dire che esistono valori che noi e gli atei
possiamo condividere, nonostante la divisione nella fede. Sì, c'è un terreno
comune di responsabilità.
Lerner - Quanto il pensiero laico e illuminista vi ha in questo contaminati?
Ratzinger - Pensiero laico e illuminista sono concetti tutt'altro che
definiti. In Italia il laico è caratterizzato come qualcosa di distinto dal
credente. Ma non sempre è così nelle altre lingue o paesi. Io ritengo che il
cristianesimo ha voluto essere una sorta di continuazione per esempio
dell'illuminismo socratico.
Lerner - Ma illuminismo e cristianesimo è noto che si sono scontrati
sanguinosamente.
Ratzinger - E' naturale che questo sia accaduto. Nel senso che il secolo dei
Lumi è una cosa, l'illuminismo è un'altra. C'è anche stato un illuminismo
cristiano.
Flores - A me dispiace di non avere qui il volume con tutte le Encicliche di
Woityla, perché potrei leggervi delle frasi di critica virulenta
all'illuminismo. Noi siamo abituati a scorgere in lui prima il grande
critico del comunismo e poi il grande fustigatore del liberismo selvaggio.
Due momenti distinti. In realtà fin dalla prima Enciclica questi due motivi
sono stati una costante della sua filosofia. Non solo. Ai suoi occhi
l'edonismo borghese e il comunismo sono i due figli diversi di una stessa
madre: la modernità illuminista. E' Voltaire la radice di tutti i mali... Mi
chiedo cosa vuol dire "illuminismo cristiano". C'è un illuminismo buono e
uno cattivo? Se c'è, chiaramente Voltaire è quello cattivo, quello buono è
introvabile. Vengo infine alla questione del terreno comune. Personalmente
credo che esista: è il Vangelo e i valori che esso propaga. Due in
particolare: dire sì quando è sì e no quando è no. Il di più è opera del
maligno. E poi l'altro grande insegnamento: il peccato più grave è il
privilegio. Ho l'impressione che questi valori siano più sentiti fra i non
credenti che fra i credenti.
Lerner - Sentiamo intanto il cardinale sulle osservazioni di Flores
sull'illumismo e il papa.
Ratzinger - Non sono preparato a fondo sull'interpretazione da dare alle
Encicliche del Papa... Il Santo Padre critica il comunismo come il
totalitarismo che ha distrutto la terra e le anime. E critica i pericoli
della civilizzazione liberista. Certo non possiamo non essere grati al
benessere che l'Occidente ci ha dato. Ma nel liberismo senza controllo c'è
una mancanza di attenzione all'altro che conduce inevitabilmente a un
impoverimento delle anime. Flores sostiene che queste due critiche sono
secondo il Papa derivati dell'illuminismo. Non oso discutere l'esegesi del
Santo Padre, ma sono convinto che per lui il comunismo non ha radici
nell'illuminismo.
Lerner - Vorrei chiederle qualcosa sul pentimento della Chiesa, sul mea
culpa. Per noi che non siamo cristiani è facile relativizzare e spiegare
certi comportamenti passati della Chiesa, le Crociate, l' intolleranza,
l'antisemitismo, come legati a certe epoche. Ma la Chiesa che si concepisce
come entità sovrastorica, come fa a spiegare e a accettare le proprie colpe?
Ratzinger - La penitenza è un concetto che nasce da una liturgia di
purificazione, una sorta di dovere della teologia, alla quale si chiede di
andare a fondo in questa esperienza purificatrice. Abbiamo capito che il
Vangelo parla di peccatori. La purezza della Chiesa non nasce dai suoi
meriti. Questo è il paradosso.
Lerner - Sia in campo tradizionalista, che ha vissuto con disagio la
liturgia penitenziale, sia in quello più favorevole, si è immaginata una
sorta di potenzialità sovversiva del mea culpa. In fondo nulla esclude che,
fra un secolo, un nuovo Papa riconosca le colpe per aver la Chiesa
condannato gli omosessuali.
Ratzinger - Parlare di potenzialità sovversiva è improprio. In fondo il Papa
con il mea culpa non voleva parlare al mondo, ma a Dio.
Flores - Nel mea culpa c'è qualcosa di contraddittorio. La prima cosa che
viene in mente è perché questa intolleranza la Chiesa non l'ha riconosciuta
prima? Perché la Chiesa riconosce solo certi peccati del passato e non
quelli del presente?"
Lerner - Vorrei però dire a Ratzinger che, nella storia della Chiesa, il
valore della difesa della vita umana non è sempre stato un tema così
cruciale.
Ratzinger - Certo la Chiesa, nella sua lunga storia, ha anche imparato
molto... Il valore della difesa della vita umana si è accentuato senz'altro
per la specificità del secolo che abbiamo alle spalle, per i suoi orrori,
per quel disprezzo che ha mostrato per la vita che deve svegliarci. Su certi
valori non può decidere la maggioranza...
Flores - Sono assolutamente d'accordo, e del resto in democrazia una
maggioranza non può decidere su tutto.. Le grandi democrazie moderne sono
infatti fondate sulle Costituzioni che limitano le possibilità decisionali
di una maggioranza, considerando inalienabili certi diritti. Il problema è
un altro: su che cosa le maggioranze non possono decidere e chi lo
stabilisce?
Lerner - Se la pena di morte fosse contemplata dalla Costituzione, sarebbe
per questo lecita?
Flores - La Costituzione non la prevede.
Lerner - Ma potrebbe essere modificata, e prevederla!
Flores - Non ne farei una questione di tecniche costituzionali... La
questione che pongo è un'altra: chi li stabilisce i diritti inviolabili? Il
cardinale Ratzinger individua il fondamento di questi diritti nella
creazione, considerata come un nucleo di diritti-doveri per tutti. Ma questa
è un'affermazione assolutamente problematica, basandosi su un principio
religioso. La creazione è infatti una certezza per chi crede, ma per chi non
crede è pura immaginazione... Individuare nella creazione il fondamento dei
diritti inviolabili è un argomento fragilissimo, che riguarderebbe solo i
credenti. La maggioranza degli occidentali si orienta verso l'idea di un
diverso sviluppo cosmologico...
Lerner - La maggioranza degli occidentali non si pone la domanda.
Flores - Noi intanto ce la stiamo ponendo... Oggi gli scienziati
riconoscono - con Jacques Monod - che siamo il frutto del caso e della
necessità... Più che di diritti umani, bisognerebbe allora parlare di
diritti civili, che per affermarsi hanno avuto bisogno di una religione
laica. L'uomo ha vissuto secoli calpestandoli e li ha scelti con grande
fatica. Naturalmente sono anche il portato di una secolarizzazione dei
valori cristiani. E vorrei anche dire che se tutti noi avremmo una grande
difficoltà di andare a cena con degli assassini, magari con un ex ufficiale
delle SS che buttava i bambini ebrei nei forni, tutti noi andiamo a cena con
donne che hanno abortito... E' evidente che l'aborto e l'assassinio non sono
sullo stesso piano, e trovo immorale chi lo sostiene...
Ratzinger - Io volevo introdurre un elemento filosofico, discutendo
sull'utilità del concetto natura, sulle realtà che possono in sé contenere
un messaggio morale... Gli ecologisti, ad esempio, ci dicono che la natura
ci porta un messaggio, che con la nostra esperienza di una natura abusata,
possiamo essere più attenti al fondamento del nostro agire, porre un limite
al nostro arbitrio... Non si tratta solo di diritti civili, non sono solo
scelte nostre. L'argomento che per migliaia di anni certi diritti siano
stati calpestati per me non conta, perché so bene che l'uomo può vivere
contro natura. Ma l'uomo è anche un essere speciale che porta in sé una
dignità inestimabile, e non sono affatto d'accordo con Flores che trova
immorale la posizione di chi fa equivalere l'aborto con l' omicidio. Posso
capire le sue esitazioni, ma così non si fa appello alla riflessione
dell'altro.
Lerner - Una domanda a Flores: non c'è la sensazione di una debolezza di un
pensiero laico e illuminista che non è riuscito a rendere residuale il
pensiero cattolico, e se lo ritrova davanti forte?
Flores - Ma io credo che nessun laico voglia rendere residuale la
convinzione religiosa. Troverei ridicolo e bizzarro l'idea di "sconvertire"
quelli che credono, la necessità di discutere con chi crede dipende dal
fatto che la fede viene vissuta come compimento della ragione... L'ho
scritto anche nel mio saggio su MicroMega, non vi è dubbio che nel sostegno
agli ultimi, ai più deboli, i credenti danno ai non credenti molti punti.
Non avere la fede non rende impossibile, ma rende più difficile, superare il
proprio egoismo. Anche se tanti non credenti hanno sacrificato la propria
vita per difendere certi valori, come nella lotta al fascismo. Ma per i
laici è forse più facile, meno difficile, in momenti eccezionali... Detto
questo, è fondamentale arivare a una chiarezza di fondo: l'idea che chi ha
fede sia tutt'uno con la ragione porta alla tentazione d'imporsi anche con
la forza. La natura non ci dà proprio nessun messaggio, per difendere certi
valori non dobbiamo pensare affatto che siano inscritti nella natura, perché
sono invece il portato di una lentissima evoluzione storica e poggiano sulle
nostre spalle, e noi ne siamo totalmente responsabili... MicroMega è
comunque a disposizione del cardinale Ratzinger perché possa illustrare il
suo punto di vista, che pure non mi convince.
Lerner - Farò un'ultima domanda a Ratzinger, che riferendosi alla "crisi
profonda" del cristianesimo europeo fa riferimento anche al Concilio
Vaticano II, come evento di grande turbamento. Allora lei, Ratzinger, come
giovane teologo partecipò a quel Concilio con grande entusiasmo... A tanti
anni di distanza, lei è cambiato?
Ratzinger - Non mi sento cambiato. Era un impegno necessario aprire il
linguaggio teologico, cercare una nuova profondità della fede, seppure senza
ottenere gli effetti terapeutici sperati... "Mai e poi mai andrò a un
Concilio, perché c'è troppa confusione", disse Gregorio Di Nazianzio
invitato a Costantinopoli... Ed è vero, un Concilio provoca anche nuove
complicazioni che poi occorre fronteggiare.
Flores - Soprattutto perché una volta i Concilii li decidevano gli
imperatori, mentre oggi li decidono i vescovi.
 

(a cura di Luciana Sica)

da La Repubblica, 22 settembre 2000

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