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Giocando a nascondino con Dio

Laici e credenti: dialogo impossibile? Ne discutono Gian Enrico Rusconi e padre Bartolomeo Sorge

di Alberto Papuzzi


MILANO LAICI e credenti: dialogo o conflitto? L'Anno Santo, appena chiuso,
ha riacceso le polemiche su un rapporto che rappresenta un carattere
originario della società italiana. Su questo tema, complesso ma anche
avvincente, soprattutto in un'Italia multiculturale, La Stampa ha
organizzato un incontro, al Centro S. Fedele di Milano, tra Gian Enrico
Rusconi, politologo autore del recentissimo saggio Come se Dio non ci fosse
(Einaudi), e Bartolomeo Sorge, gesuita che è stato responsabile a Palermo
della scuola politica intitolata a padre Arrupe e oggi direttore della
rivista Aggiornamenti sociali . Ecco una sintesi di questo dialogo, che vede
i due interlocutori misurare le distanze che separano la visione del laico
da quella del credente.
RUSCONI : L'espressione come se Dio non ci fosse, proposta come base per un'
intesa sul piano del confronto politico, è accettabile da lei? Oppure esige
un più di spiegazioni? Oppure è da respingere, come sostenuto in diversi
interventi riguardo il mio libro?
SORGE : Come se Dio non ci fosse può avere due significati che io traduco
con laicità e laicismo. Che sono due concetti diversi. Nel primo caso la
frase significa la rivendicazione della laicità delle realtà temporali, nel
senso che in natura vi sono finalità e strumenti propri che non dipendono
dalla fede religiosa; per esempio non vi è un modo confessionale o un modo
ateo di guidare l'autobus o di operare una appendicite. Allo stesso modo, le
leggi della politica non sono confessionali e quando sono state
confessionalizzate è stata la fine sia della politica sia della religione,
perché i piani sono diversi. Non si può usare la religione a fini politici,
né la politica a fini religiosi. La Chiesa non può avere un partito, non lo
deve avere, se questo è storicamente avvenuto si è trattato di immaturità o
di «supplenza» in casi gravi di emergenza, che restano una eccezione. Lo
scopo della politica non è l'evangelizzazione, non sono gli interessi della
Chiesa, ma il bene della comunità politica che è laico. Se invece con Etsi
Deus non daretur s'intende il laicismo, vale a dire l'esclusione di Dio dall
'orizzonte umano, in modo che la storia umana finisce nel politico o nell'
economico, senza una trascendenza, questo non è accettabile. Il vero dramma
è che l'uomo, anche se non ha incontrato Cristo, ha insito in sé il bisogno
della trascendeza. Vivere una storia umana senza la dimensione tracendente
non è vivere umanamente. L'uomo e Dio o stanno insieme o cadono insieme.
RUSCONI : Mi pare che questa distinzione eluda la sfida della mia proposta,
che vuol sottrarsi all'ambiguità, se non all'impossibilità, di stabilire se
un comportamento è «laico» o «laicista». Quando si devono prendere decisioni
che creano profonde differenze fra laici e credenti sulle questioni
cruciali, ben note, dall'interruzione della maternità alla bioetica all'
eutanasia, mi domando come facciamo a distinguere i due piani. Le faccio
degli esempi: condividere o respingere le tesi del cardinal Biffi sulla
società multiculturale, approvare o rifiutare il finanziamento
incondizionato della scuola confessionale. Dove tracciamo la distinzione tra
laico e laicista?
SORGE : Stiamo passando alla casistica. E' importante prima di tutto
intenderci sui valori e sui principi. Poi discutiamo dell'applicazione ai
casi concreti.
RUSCONI : I miei esempi non sono casistica. Sono i luoghi in cui la
distinzione da lei proposta acquista rilievo. Sono i problemi del credente
di fronte alla laicità della politica.
SORGE : Guardi, professore, il problema è come conoscere la verità sull'
uomo. Il Vangelo non è stato scritto solo per i credenti, ma anche per
tutti. Lì c'è la risposta a interrogativi che sono di tutti. Se fossi un
onorevole che dovesse difendere l'indissolubilità della famiglia in
parlamento, non direi che il divorzio va rifiutato perché l'ha detto il
Vangelo e la Chiesa lo insegna. Sarebbe fare un uso strumentale della
religione a fini politici. Io direi: vi dò dieci ragioni che dimostrano la
necessità della famiglia unita per sempre, sul piano psicologico,
sociologico, economico, eccetera. Alla fine anche chi non crede, penso dirà:
lei con questi argomenti mi ha convinto. Se poi mi domandano: ma dove ha
trovato la capacità di intuire così a fondo questo problema, io non mi
vergognerò di rispondere: alla luce del Vangelo.
RUSCONI : E chi non fosse convinto dei suoi argomenti?
SORGE : Lo rispetto, ma ciò non mi impedisce una battaglia che non è
confessionale ma civile.
RUSCONI : Ma se in questa battaglia ci sono cittadini che non accettano i
suoi argomenti, lei li declassa automaticamente a «laicisti», negatori
quindi di un'autentica dimensione umana della politica?
SORGE : Che c'entra? Il problema è come raggiungere insieme verità
essenziale sull'uomo. Vede, la verità è una, perché se ci fossero due verità
una delle due non sarebbe vera. Ora io posso attingere una verità attraverso
la ricerca scientifica, l'indagine filosofica, la ricerca storica. Anche
attraverso la fede. La fede è un cammino che mi fa conoscere la verità per
altra via. Ma la verità è unica, quindi non ci può essere contrasto tra
verità scientifica e verità di fede, se i due percorsi sono fatti bene.
Questo in linea di principio. Allora vede come la laicità non viene messa in
discussione dalla fede. Perché la fede illumina l'uomo, però poi la
mediazione dalla fede alla storia o alla politica è laica. E la devo fare io
con la mia competenza scientifica, non chiedendo al magistero, al Papa, ai
vescovi una competenza che in quanto tali non hanno.
RUSCONI : Lei usa tranquillamente concetti come «la verità dell'uomo» o «la
verità è unica». Se uno considerasse queste espressioni filosoficamente
inaccettabili o altamente problematiche, automaticamente lei lo
collocherebbe nell'area laicista, negatrice del vero essere uomo? Non c'è
bisogno di essere un filosofo postmoderno per rimanere perplesso di fronte a
queste espressioni...
SORGE : Quali espressioni?
RUSCONI : Verità dell'uomo e la verità è unica. Se io le accettassi senza
batter ciglio, mi sarei già messo sul suo piano di discorso. Ma il suo
linguaggio entra in collisione con tutta una riflessione filosofica
contemporanea, perché «verità dell'uomo» ad esempio, rigorosamente inteso, è
un concetto metafisico, incompatibile con lo sviluppo del pensiero
contemporaneo. Parole come «verità», «uomo», «natura» non si possono usare
come se fossero dati certi definitivi. Per il laico invece queste parole
sono altrettante sfide di conoscenza e quindi di comportamento.
SORGE : Non si lasci impressionare dai termini tomistici o neotomistici che
io uso. Guardiamo piuttosto alla sostanza.
RUSCONI : Benissimo. Ma non ho ancora capito se chi non accetta il suo
discorso sulla verità viene declassato da laico a laicista. Per riprendere
un esempio concreto: come giudica chi respinge ad esempio le tesi di Biffi
sulla necessità per lo Stato di privilegiare una determinata etnia di
immigrati per preservare l'identità nazional-religiosa italiana a discapito
del pluralismo?
SORGE : Ogni elaborazione culturale è degna di rispetto e di attenzione.
Perché è l'uomo che cerca di capire se stesso. Guai se ci fosse un'unica
cultura. Saremmo più poveri. Il pluralismo non è cedimento a una situazione
che non si può fare a meno di accettare, ma è ricchezza. Il vero problema
riguarda il rapporto fra le diverse culture. Io so che ci sono difficoltà
che nascono dal valore che certi fatti hanno di fronte alla coscienza dei
cittadini. Non dimentichiamo che in Italia il cristianesimo è anche un
patrimonio culturale, ha un'incidenza su tutto il nostro modo di essere.
Volere innaturalmente rompere quanto in Italia ha un valore culturale più
che gli interessi della Chiesa danneggia l'anima culturale di un popolo.
RUSCONI : Personalmente ritengo molto problematica l'identificazione che il
cardinal Biffi ha fatto dell'identità italiana con la tradizione culturale
religiosa, che pure nessuno nega. E' lo stesso problema che in altri Paesi
europei è stato sollevato a proposito del crocefisso in luoghi pubblici: è
un generico simbolo culturale o un segno di fede specifico?
SORGE : Scusi, professore, che cosa ha fatto il cardinal Biffi? Si è rivolto
allo Stato laico dicendo: voi dovete tutelare l'eredità culturale del vostro
popolo. E' una preoccupazione seria. Anche se poi va da sé che non si può
chiedere allo Stato laico di discriminare gli immigrati secondo la fede
religiosa.
RUSCONI : Però nel libro ricordo la famosa sentenza della Corte
costituzionale tedesca del 1995 che dichiarava incostituzionale la decisione
del governo bavarese di imporre per legge l'esposizione del crocefisso nelle
aule della scuola pubblica.
SORGE : Che cosa diceva Papa Giovanni? Partiamo da ciò che ci unisce, per
vedere fin dove possiamo andare insieme. Il punto è riconoscere il
patrimonio culturale comune. Ci sono principi che non sono confessionali, ma
si trovano in tutte le culture di oggi. Anche se poi nella comprensione di
questi principi possono nascere delle diversità. Glieli enuncio: la dignità
della persona, la solidarietà, cioè il fatto che l'uomo ha bisogno di essere
sociale, la sussidiarietà, cioè la partecipazione alle responsabilità comuni
nella vita civile.
RUSCONI : Dignità della persona, solidarietà e sussidiarietà sono i principi
stessi che ispirano la Carta dei diritti dell'Unione europea. Però il Papa
ha lamentato che non ci fosse un riferimento a Dio. Lei condivide questa
obiezione, oppure pensa laicamente che no, la Carta può fare a meno del
riferimento a Dio?
SORGE : Qui torna la differenza tra l'enunciazione del principio generale e
la sua applicazione ai casi concreti. Qui si tratta dell'Europa, di un
continente particolare che è stato la culla della religione cristiana. La
rinuncia esplicita al nome di Dio non è solo un'affermazione di laicità, ma
può nascondere una intenzione di laicismo, come dire che possiamo rinunciare
alla dimensione religiosa. Quello che ha mosso il Papa a parlare è questa
preoccupazione: perché volete escludere in Europa il riferimento a un
elemento essenziale del suo patrimonio bimillenario che ha ispirato l'arte,
la letteratura, la cultura? E' lacità o laicismo escludere Dio?
RUSCONI : Naturalmente per me è un'espressione di laicità. Dopo tutto non
dimentichiamo che storicamente l'affermazione dei diritti universali dell'
uomo in Europa non è stata opera della Chiesa ma di una società civile e
politica ostile alla Chiesa. Lo ricordava sempre anche un grande cattolico,
Jacques Maritain. Del resto neppure la nostra carta costituzionale, che pure
contiene il Concordato, nomina Dio. E' vero che le radici storiche dell'
Europa sono cristiane, però non si deve dimenticare che la modernità nasce
attraverso una laicità e anche un laicismo che devono lottare per potersi
affermare. Non significa quindi rinnegare la storia d'Europa se - come fanno
gli estensori della Carta dei diritti - non si nomina Dio in essa. Mi pare
invece che lei condivida le preoccupazioni del Papa.
SORGE : Le dirò che con il Concilio Vaticano II abbiamo tutti salutato con
gioia la fine della cristianità, cioè la fine dell'identificazione tra fede
e politica, tra trono e altare. A me non scandalizza che si sia detto che in
una Carta europea è meglio non citare Dio. Io ho interpretato la lamentela
del Papa come un ammonimento a non dimenticare che cosa è l'Europa, a non
cadere nel laicismo, nella negazione di Dio.
RUSCONI : Però quel tono accorato di Wojtyla, le raccomandazioni delle varie
conferenze episcopali...
SORGE : S'immagini se la salvezza della fede, dopo la fine della
cristianità, può dipendere dalla formalità se citare o meno il nome di Dio
in un documento!
RUSCONI : Comunque molti laici e anche alcuni credenti, che hanno steso la
Carta, ci sono rimasti male. Si sono domandati perché Wojtyla non capisce
che la Carta deve essere laica.
SORGE : Non credo che lui volesse confessionalizzare la Carta. E' vero che
alcuni valori della modernità sono nati fuori della tradizione cristiana o
anche contro. Lo scontro è nato soprattutto dalla rottura fra Stato e
Chiesa, per cui la Chiesa ha alzato i ponti levatoi, si è chiusa in se
stessa, e ha scomunicato la modernità fino ad arrivare al Sillabo . E' stato
un errore che da una parte non ha aiutato l'evoluzione dela cultura laica,
dall'altra ha impedito alla Chiesa di capire che alcuni valori della cultura
laica non solo non erano contro il Vangelo ma andavano addirittura nella sua
direzione. Quando sono stato a Palermo, mi sono chiesto come sia stato
possibile che gente con il Vangelo in mano non avesse capito che la mafia
era anticristiana: ci sono stati casi inconcepibili di collusione. Valori
come la tolleranza, il pluralismo, la libertà di coscienza sono stati
promossi dalla cultura laica e mi rammarico che uomini con il Vangelo in
mano non li abbiano capiti per primi. Per fortuna nella storia della Chiesa
vi sono sempre stati i profeti, anche se talvolta purtroppo sono stati messi
a tacere. Anche oggi.
RUSCONI : Una battuta impertinente la voglio ancora fare: lei ha fatto un
inciso sul Sillabo . Quindi lei non è d'accordo con la beatificazione di Pio
IX?
SORGE : Sono due cose diverse la santità di una persona e la opportunità di
proporla a esempio sugli altari...
RUSCONI : Cominciamo col dire che è inopportuna.
SORGE : Però, torno a dire che, al di là del concetto di opportunità, la
canonizzazione è il riconoscimento che una persona ha praticato in modo
eroico le virtù cristiane, anche se nella sua vita ha commesso errori.
RUSCONI : Ma non si può sovrapporre la santità personale a un ruolo pubblico
così manifesto e incisivo come quello di un papa.
SORGE : Si può ammettere che rispetto alla cultura di oggi questa
beatificazione sia suonata inopportuna. Lei sa d'altronde che anche alcuni
cattolici hanno tentato di dissuadere il Papa. Probabilmente però lui si è
attenuto all'esortazione di San Paolo a Timoteo: «Insisti in ogni occasione,
opportuna e non opportuna».
 

da La Stampa, Mercoledì 17 Gennaio 2001

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