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LAICI-CATTOLICI, IL CORAGGIO DEL CONTAGIO POSSIBILE di Vittorio Morero
Ci sono capitoli di etica e di
valutazioni morali che forniscono un certo
contenzioso fra laici e cattolici oggi.
Contenzioso nel senso ampio, ossia
di dibattito che in taluni casi arriva
ad apparire come un vero conflitto,
in altri mantiene la forma di dialogo, e
cioè una ricerca di reciproco,
positivo contagio. Sarebbe utile che il
conflitto si stemperasse
abitualmente nel dialogo: non per
raggiungere compromessi impropri ma per
fare avanzare gli spazi di persuasione
comune o almeno per offrire momenti
di ulteriore approfondimento e
riflessione.
I capitoli più recenti di questo
ping-pong riguardano almeno tre aree: la
valutazione sulla crisi della famiglia,
il significato di valore
dell'embrione, il rapporto fra società
e scuola, o se si preferisce, fra
educazione e istruzione. Negli ultimi
giorni pareva essersi aggiunto anche
il rapporto fra peccato e malattia. Si
può - su questi grandi temi -
imboccare la strada del dialogo? Fino a
che punto è dato di discutere,
dibattere, approfondire, usare argomenti
realmente ragionevoli e magari
convincenti così da fare uscire allo
scoperto i veri interessi in gioco che
è il bene di tutti o meglio la
condizione ottimale per l'uomo di oggi?
Anche la metodologia del dialogo ha
premesse da rispettare e condizioni
interne da seguire onde entrare
veramente nel merito.
Le premesse. Non sono poche.
Innanzitutto la presa in considerazione del
discorso altrui per quello che è e per
quello che dice e non per quello che
a noi fa comodo che sia o dica. So molto
bene che i laici sono persuasi che
la nostra posizione è eteronoma, cioè
dettata da un soggetto estraneo, ma un
osservatore della fede e della religione
dovrebbe accorgersi che non c'é
fede senza libertà cioè senza libera e
totale adesione di coscienza. In
secondo luogo bisognerebbe mai
dimenticare che la fede o una persuasione
etica ha una valenza collettiva e
personale per cui non è corretto pensare
che ci sia un magistero della Chiesa
senza retroterra di fede vissuta e di
etica praticata. Il magistero non è
solo quello che termina ai mass media,
ma anche quello che in spazi temporali
quotidiani offre testimonianza e
riceve testimonianza dal popolo dei
credenti. Poiché questi ultimi sono per
lo più soggetti passivi dei mezzi di
comunicazione, ne consegue che essi non
siano considerati nel contesto culturale
e sociale come parte attiva, mentre
in realtà lo sono e con vistose
concretezze.
Occorre infine che si osservino le
regole interne al dialogo fra cui si
evidenzia quella che possiamo chiamare
il rispetto dell'argomentazione
persuasiva. Ed è qui che il dialogo ha
funzione, respiro, interesse e anche
libertà.
Faccio degli esempi. Come chiamano i
laici la crisi della famiglia per cui
troppi matrimoni falliscono e i figli
vengono separati dai genitori?
Un matrimonio che fallisce è un bene o
un male? Come si può rimediare? Certo
con una preparazione e un più alto
grado di responsabilità. Su alcuni
aspetti della questione non sarebbe
utile una certa convergenza?
L'embrione non è una realtà organica
che la scienza studia e conosce fino a
segnalare una continuità di sviluppo,
una certa qualità individuale già
iniziale e virtualmente disposta ad un
crescita composita e definitiva? Può
un laico dubitare di una pratica che
sembra insinuare l'idea di un oggetto
devitalizzato solo perché non ha ancora
la coscienza terminale del suo
sviluppo? Possiamo discutere e capire
meglio i meccanismi della vita umana
sin dalla sua origine o l'origine non è
determinante? Discutiamo e
dialoghiamo con le nostre persuasioni
argomentate.
La scuola. L'educazione, l'istruzione,
la formazione sono beni pubblici solo
quando li gestisce lo Stato e non quando
vengono gestiti pubblicamente, con
criteri pubblici da una associazione di
cittadini?
La scuola di Barbiana che era privata
non era forse per i suoi contenuti la
scuola più pubblica di allora? Vedo che
il sindaco di Torino che è laico
parla giustamente di "sistema
integrato per cui il pubblico è tale perché
tutti ne riconoscono indirizzi e
metodologie e non perché lo gestisce lo
Stato". Dunque anche in questo
settore è bene dialogare,
proporre,argomentare, cercare di
persuadere, partire dalla realtà e non
dalla ideologia.
Certo anche noi cattolici abbiamo
bisogno di persuadere e di convincere
senza trovare mediazioni ideologiche ma
mediazioni culturali, storiche ed
etiche. Bisogna partire dall'uomo e
dalla sua dignità sempre, bisogna
riconoscere che non c'é giustizia senza
la libertà di coscienza, ma la
libertà di coscienza è motivata e
convinta.
Da Avvenire 9 febbraio 2002
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