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LOGICHE DI RIARMO

MEGLIO NON SMARRIRE IL SENTIERO DI ISAIA


di Diego Bona



Ci sono delle parole che tengono banco nell'opinione pubblica, trovano larga
accoglienza ed ampio spazio negli organi di informazione, innescano
riflessioni, dibattiti e talvolta contrapposizioni, vengono via via
condivise dalla gente. Succede anche che, dopo un periodo di tempo più o
meno lungo, man mano che escono di scena, non compaiano più e di conseguenza
si riduce e rischia di scomparire l'attenzione che suscitavano.
Mi sembra che questa sorte sia toccata alla parola disarmo, con quello che
contempla circa la riduzione e il progressivo superamento della corsa agli
armamenti e all'impressionante arsenale di strumenti di morte che trova
locazione in tante nazioni e in varie parti del mondo.
Fa impressione riandare a quindici anni fa, poco meno o poco più, quando da
tante parti giungevano messaggi in questo senso, ed una coralità di voci
concordava su tale urgenza, ed una sincera passione di uomini e donne dava
luogo ad un'iniziativa che coinvolgeva migliaia di persone.
Queste voci sembrano essersi man mano dissolte mentre è continuata
persistente la marcia, del resto mai arrestatasi, verso un riarmo più ampio
e sofisticato.
Così abbiamo visto riaffacciarsi lo scudo stellare che tanta inquietudine
desta nelle nazioni del mondo, la disponibilità - sul mercato legale come di
quello clandestino - di ordigni micidiali per progetti terroristici, la
dotazione di armi sempre più raffinate in possesso della Nato, pur se
presentate con nomi accattivanti (bombe intelligenti o taglia-margherite),
la persistente proposta del "nuovo modello di difesa" che va ben oltre al
senso autentico delle parole, l'impostazione di una nuova portaerei in
Italia che si stenta a capire come possa essere strumento per operazioni di
pace e infine, proprio in questi giorni, un disegno di legge di iniziativa
governativa (n. 1927) che di fatto, in nome della competitività e
dell'identità europea finisce per travolgere la legge 185 del 1990, che
aveva fatto del nostro Paese uno dei più avanzati nel mondo quanto a
regolazione del commercio delle armi nel rispetto dei diritti umani, della
difesa della pace e della trasparenza.
Una legge nata per disciplinare con rigore una materia tanto esplosiva
verrebbe di fatto svuotata per parte del suo significato, annullando fra
l'altro quella visibilità sulle transazioni bancarie che ha permesso il
monitoraggio sulle "banche armate".
Non può far incantare, al riguardo, la favorevole prospettiva di un
beneficio economico o occupazionale, e nemmeno l'esigenza di una sintonia
europea visto che su altre questioni, anche recentemente, è stata
rivendicata libertà di scelta.
Di qui un forte richiamo alla coscienza degli uomini e delle donne che amano
sinceramente la pace a chiedere il rispetto e la valorizzazione di una legge
che certo non dà ancora sulla strada della trasformazione delle lance in
falci e delle spade in vomeri, come annuncia la visione del profeta, ma è
almeno non smarrire il sentiero di Isaia per imboccare quello che si rifà
alla Roma imperiale: «se vuoi la pace prepara la guerra».
È una decisione che sta nelle mani dei parlamentari che noi abbiamo eletto a
rappresentarci. Cominciamo a chiedere a quelli che conosciamo, per averli
designati a tale compito, di rispettare le nostre convinzioni e la nostra
volontà.

da "Avvenire" 1 marzo 2002

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