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Condanne più severe per i minorenni di Giuliano Gallo
Tribunali, sì alla riforma di Castelli: ridotte le attenuanti,
abolite le
competenze sulle adozioni. Insorgono politici e magistrati
ROMA - Pene più alte, carcere «vero» al compimento dei 18 anni,
via i
giudici non togati, niente più competenze civili ai tribunali per
minorenni,
problemi di affidamento delegati a sezioni specializzate, da
istituire
presso i tribunali civili. Cambia la giustizia minorile. Una piccola
rivoluzione, varata ieri dal consiglio dei ministri, che ha
approvato due
disegni di legge presentati dal ministro della Giustizia Roberto
Castelli.
Una rivoluzione che ha già sollevato un'ondata di critiche, sia
tecniche che
politiche, da parte dell'opposizione ma anche di molti addetti ai
lavori.
«La delinquenza minorile è cambiata - dice il ministro nel
presentare il suo
progetto - non si tratta più di piccoli teppistelli, ma ci sono
ormai
ragazzi di 16/17 anni che commettono reati gravi, come gli adulti».
Gli
esperti, dice il ministro, «sono ormai concordi nel dire che i
minori
delinquono come maggiorenni. Non si possono più trattare come
adolescenti
che sbagliano, ma veri e propri criminali».
COME CAMBIA IL CIVILE - Sono abolite le competenze civili dei
tribunali per
minori, e sarà il giudice ordinario a decidere su affidamenti,
adozioni e
decadenza della patria potestà. Questi giudici verranno inquadrati
in
sezioni specializzate, che saranno istituite in ogni tribunale.
Ciascuna
sezione comprenderà 4 magistrati, tutti togati. E saranno loro a
decidere
sui singoli casi. Niente più esperti, dunque, nei collegi
giudicanti:
psicologi, neuropsichiatri infantili, pediatri e criminologi
torneranno ad
essere semplici consulenti esterni. Ai quali il giudice togato può
rivolgersi solo se lo ritiene opportuno. Il progetto prevede anche
procedure
più snelle e il coinvolgimento dei genitori nelle pratiche di
affidamento
dei figli minori.
LA GIUSTIZIA PENALE - Il «peso» delle attenuanti si riduce per i
minori che
abbiano già compiuto 16 anni: oggi lo sconto di pena previsto è di
un terzo,
con la nuova normativa diventerà di un quarto. Resta invece
invariato per i
ragazzi dai 14 ai 16 anni. Il disegno di legge prevede anche la
possibilità
che, una volta compiuti i 18 anni, il ragazzo detenuto continui a
scontare
la pena in un carcere per adulti. Rimangono invariati i compiti dei
collegi
giudicanti, che però perdono un membro non togato. La riforma
riduce anche i
margini di discrezionalità dei giudici, che oggi nella giustizia
minorile
sono piuttosto ampi.
LE CRITICHE - Il commento più severo è quello di don Vinicio
Albanesi,
presidente del Coordinamento nazionale delle Comunità di recupero:
«I
ministri fanno a gara a rendere più sicura la società dei
benestanti: prima
i tossicodipendenti, poi le prostitute, passando per gli immigrati.
E ora i
minori "delinquenti". A nessuno interessa la vita di
queste persone». E alle
comunità, conclude amaro don Vinicio, «spetta l'ingrato compito di
raccogliere i "rifiuti", fuori da ogni sistema di
integrazione e sostegno».
Dura anche Anna Serafini, responsabile infanzia dei Ds. «Dove sono
i
bambini, i ragazzi e le ragazze, i loro problemi psicologici, di
crescita,
le loro difficoltà sociali? Non ci sono. Così come non è previsto
un loro
recupero, un loro futuro». Lapidario il presidente
dell'Osservatorio sui
minori, Antonio Marziale: la riforma di Castelli, dice, «appaga la
richiesta
di sicurezza ma stravolge la scienza». Livia Turco (Ds): «Ancora
una volta
un provvedimento che vuol cavalcare le paure dei cittadini».
IL «NO» DEI MAGISTRATI MINORILI - Per Vittoria Randazzo,
vicepresidente dell
'associazione giudici minorili, la riforma di Castelli «privilegia
gli
adulti e non fa un buon servizio ai bambini». Ma soprattutto
rappresenta la
cancellazione «di 70 anni di cultura minorile». Al centro delle
critiche
soprattutto l'idea di eliminare gli esperti, degradandoli a
consulenti
esterni. «Gli esperti hanno un ruolo fondamentale, perché
occuparsi di
bambini non è la stessa cosa che occuparsi di diritto societario»,
dice
polemica Vittoria Randazzo. Che ricorda come il nostro codice
processuale
minorile fosse considerato all'avanguardia, e venisse guardato «con
attenzione in tutti i paesi europei». Mentre Maria Teresa
Spagnoletti, gip
del tribunale dei minori di Roma e magistrato di sorveglianza,
adombra
addirittura un sospetto di incostituzionalità per l'inasprimento
delle pene:
«E' contrario a tutta la disciplina contenuta nella Costituzione,
alla
giurisprudenza della Consulta e a tutta la normativa internazionale
che l'
Italia ha ratificato. La Consulta ha dichiarato incostituzionali
numerose
norme che non consentivano la prevalenza della rieducazione sulla
punizione».
I DATI - Secondo l'associazione Antigone il Italia la percentuale di
minorenni denunciati è la più bassa d'Europa: il 2,8 per cento del
totale,
contro il 23,9 per cento del Regno Unito, il 21,3 per cento della
Francia,
il 13,1 per cento della Germania. Secondo il Dipartimento per la
Giustizia
minorile del ministero alla fine del 2000 nelle carceri per minori
c'erano
440 detenuti, fra cui 54 ragazze.
dal "Corriere della Sera", 2 marzo 2002
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