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In
Israele, contro Sharon
I
pacifisti e la guerra di Sharon. Risposta alla lettera di Lerner
Ronit Dovrat
Caro Gad Lerner, colgo l'occasione data dalla tua
lettera al manifesto per dichiarare che io, israeliana di
sinistra, ebrea, non condivido affatto la tua posizione e mi permetto
di dire che con la mia risposta rappresento i miei cari amici
pacifisti che vivono in Israele e che da tantissimi anni lottano
coraggiosamente per la giusta causa palestinese, contro l'occupazione
israeliana, contro gli insediamenti nei territori occupati. Lottano
per una soluzione pacifica del conflitto riconoscendo lo stato
palestinese su tutti i territori prima del `67 inclusa Gerusalemme
est, lo smantellamento di tutti gli insediamenti e la risoluzione del
problema dei profughi palestinesi per una giusta pace tra due popoli
in due stati. È ora di chiarire tra noi ebrei che ci diciamo di
sinistra (e lo siamo, chi di più chi di meno) qual è la differenza
tra noi. Rompere finalmente questa unità fastidiosa e scorretta che
serve soltanto a nascondere i fatti e la verità. Alcuni intellettuali
israeliani rappresentano come te e con te un pacifismo razzista,
persone che noi di sinistra in Israele abbiamo chiamato negli anni
settanta e ottanta «quelli che sparano e piangono». Prima aderiscono
pienamente a tutte le decisioni del governo israeliano e a tutte le
azioni militari e poi piangono per le conseguenze. Pacifismo razzista
perché in fondo, sotto sotto, diciamo la verità, il nostro sangue è
tanto più caro del sangue palestinese. Così siamo stati educati e
cresciuti in Israele. Io che avevo 12 anni nel `67 mi ricordo una
infanzia accompagnata dalla scritta sui muri «un arabo buono è un
arabo morto». Ora la scritta è cambiata: «niente arabi- niente
attentati».
Non parliamo poi dei nostri libri di storia che raccontavano un sacco
di bugie e negavano completamente l'esistenza dei palestinesi. Si può
scrivere tanto sull'apartheid in Israele. Non solo una politica
sistematica da sempre da parte di tutti i governi israeliani contro i
palestinesi dei territori occupati nel `67, ma anche contro un milione
di palestinesi israeliani che vivono come cittadini di terza categoria
privi di tantissimi diritti, cittadini che subiscono giorno dopo
giorno dalla creazione dello stato d'Israele ingiustizie e
umiliazioni.
In questi giorni si possono leggere queste notizie nei giornali
israeliani: «aerei israeliani hanno distrutto ai beduini
israeliani i loro campi di grano buttando dal cielo veleni. La
presidenza del parlamento israeliano ha approvato la discussione sulla
proposta di legge per l'incoraggiamento dell'immigrazione dei
palestinesi israeliani e la proposta di una legge che impedisce a loro
il diritto di comprare terreni in Israele nello stesso modo che lo
possono fare gli ebrei israeliani. Il ministro
dell'interno prepara una lista dei palestinesi israeliani che
perderanno la loro cittadinanza israeliana. La commissione delle
politiche estere e della sicurezza prepara una proposta di legge che
permetterà a tenere le persone in ostaggio senza nessun processo e a
tempo indeterminato». Ti rendi conto della gravità di queste
proposte? Ma quante ingiustizie, alcune fatte in maniera più o meno
sottile, sono state programmate da sempre da tutti i governi
israeliani?
Scrivi: «questa nuova arma che ribalta in impotenza la superiorità
militare israeliana che per la prima volta rende vero simile la
vittoria del terrorismo, cioè la distruzione dello stato ebraico nel
giro di prossimi quindici- vent'anni». Bene. Noi (io e miei amici
pacifisti) abbiamo sempre condannato il terrorismo come arma, prima
per motivi umani e morali e poi per motivi tattici perché ogni
attentato contro gli israeliani è contro i palestinesi. Ma senza mai
ignorare in modo unilaterale come fai tu vari fatti molto importanti.
Non devi mai dimenticare di aggiungere, quando nomini l'esercito
israeliano, la parola terrorista perché avere un esercito non
legittima e non fa nessuna differenza tra sue azioni e quelle dei
terroristi palestinesi. I mezzi usati non hanno nessuna importanza, ma
conta lo scopo e l'essenza dell'azione. Bombardare con gli aerei campi
profughi in Libano (per anni) o nei territori non risparmia la morte
dei civili. Anzi l'aereo è più efficace. Umiliare fisicamente e
psicologicamente una popolazione intera - da neonati a vecchi - per
anni e anni è un atto terroristico perché il suo scopo è di ferire
e uccidere. Questa è anche una delle ragioni per la quale uno sceglie
alla fine di fare il martire. Come sai non è la classe media o la
borghesia palestinese a fare i kamikaze, ma la gente povera e
disperata che non ha nulla da perdere. La loro unica soddisfazione
prima della morte è una rivendicazione atroce contro chi li ha messi
in questi condizioni.
Non c'è bisogno di fare conti numerici dei morti tra israeliani e
palestinesi, ma non si possono mettere i coloni e i soldati morti
assieme a tutti i cittadini israeliani vittime degli attentati per un
motivo molto semplice. Loro, coloni e soldati non hanno nulla da fare
nei territori occupati: devono andarsene via da lì, e subito. In più,
il governo israeliano e quelli precedenti sanno benissimo che mettono
a rischio la vita dei soldati soltanto per difendere i coloni, quelli
che non hanno nessuna morale nemmeno in confronto alla vita dei loro
figli.
I coloni sono terroristi e hanno il pieno appoggio del governo
israeliano. Giorno per giorno rendono la vita dei palestinesi
impossibile e sofferente in nome della bibbia e della terra promessa
così amata e desiderata da poter rasare al suolo notte dopo notte le
coltivazioni agricole dei contadini palestinesi. Senza pane non c'è
vita.
Non dire che Tzahal (l'esercito israeliano) difende il suo popolo. Non
sapevo che per difendere bisogna diventare criminali di guerra. (Leggi
le testimonianze dei soldati israeliani che hanno firmato la famosa
lettera). Non puoi negare che così può nascere soltanto il
terrorismo. Il terrorismo può uccidere la mia famiglia e i miei
amici. La paura, negli ultimi mesi, la condividiamo tutti. Dici: «dopo
gli attentati sanguinosi nei giorni della pasqua ebraica qualunque
governo israeliano , fosse anche guidato dalla sinistra...». Ma quale
sinistra? Se parli di laburisti israeliani e se per te loro sono di
sinistra hai completamente ragione. Non solo. Loro sono i primi a
portare la politica dell'apartheid e dell'occupazione. A parte qualche
periodo di grazia e di speranza di pace nell'ultima epoca di Rabin i
laburisti non hanno risparmiato nulla ai palestinesi. Anzi, hanno
preparato perfettamente il terreno per Sharon. il manifesto lo
sento molto vicino per la sua linea di correttezza giornalistica e di
grande ricchezza culturale. Al posto di «genocidio» (termine che non
avrei usato nemmeno io anche perché ogni giorno che rischiamo di
rimanere senza più parole) cerca di provare un'altra parola come «distruzione»:
di case, di proprietà, di coltivazioni, di scuole, di ospedali, di
strade, di vite umane dei bambini e delle donne incinte e non, di
uomini (tutti terroristi senza dubbio...). Cancelliamo qualsiasi
immagine che ci può ricordare anche la storia delle nostre famiglie e
non guardiamo i numeri sulle braccia che ci hanno accompagnato tutta
la vita. La comunità ebraica manifesta soltanto quando si ammazzano
gli ebrei e contro ogni critica al governo israeliano utilizzano in
modo demagogico l'arma dell'«antisemitismo». Arma che come il
terrorismo torna soltanto contro di essa e contro tutti noi ebrei.
Ogni giorno la montagna dei cadaveri palestinesi cresce. I soldati
israeliani continuano a fare il gesto V (vittoria), Sharon non è
stato condannato e punito per i suoi crimini precedenti, Israele non
è mai stata punita per la violazione dei diritti umani, i coloni lo
stesso, e in modo unilaterale nessun paese europeo ha fatto in tutti
questi anni qualcosa veramente per i palestinesi. Malgrado le atrocità
nessuno ha ritirato da Israele il suo ambasciatore. Come noi diciamo
nel giorno della memoria «Non dire 'non sapevamo'»! Per piacere Gad
Lerner se vuoi rimanere insieme a quella gente, ebrea o no, che pensa
che ci sia una simmetria tra un popolo di oppressori e un popolo
oppresso è meglio che in questo momento rimaniamo lontani.
Ronit Dovrat è una pacifista israeliana
Tratto da "Il
Manifesto" 9 aprile 2002
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