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Chi non la pensa come noi, aiuta anche noi

Francesco Alberoni

 

Nella nostra società vivono e si scontrano due concezioni radicalmente diverse del bene e del male, dei rapporti fra esseri umani, della giustizia. Due concezioni che nascono tanto da esperienze quanto da principi filosofici opposti. La prima è fondata sulla contrapposizione fra noi e loro, fra amico e nemico. Il bene è ciò che giova alla nostra collettività, nazione, partito, religione. Il male ciò che giova agli altri, ai nemici. Per poter dare un giudizio su una persona, qualunque cosa abbia detto o fatto, devi per prima cosa stabilire da che parte stai tu e da che parte sta lei.
La concezione opposta invece ci impone di giudicarla senza sapere se è con noi o contro di noi. E usando criteri universali, validi per tutti gli uomini, a qualunque Paese, razza, religione, classe o partito appartengano.
La prima concezione, nega l'esistenza di principi morali universali da seguire sempre e comunque. Essa considera buono, morale solo ciò che serve al tuo gruppo, al tuo partito. E’ la concezione che ispira Il principe di Machiavelli, l' Artashastra indiano. E' la concezione che domina durante le guerre, soprattutto quelle religiose e ideologiche dove ciascuno crede di possedere la verità assoluta.
L'abbiamo vista all'o- pera nella lotta contro le eresie, nelle guerre di religione del Seicento e poi di nuovo, nel secolo scorso con i totalitarismi. Chi l'ha usata nel modo più bieco e spregiudicato è stato il nazismo. E' però stata teorizzata dal marxismo-leninismo. Esiste un solo criterio per giudicare se una azione è buona o malvagia: sapere se contribuisce o ostacola la rivoluzione proletaria e la distruzione del capitalismo. E chi lo decide è solo il partito comunista che, in quel momento storico, è infallibile. Gli avversari sono spazzatura della storia, hai perciò il dovere di attaccarli con ogni mezzo: con la menzogna, con la più spregiudicata campagna di diffamazione e con i processi truccati. Questa filosofia ha influenzato intere generazioni di politici e di intellettuali. E i suoi veleni sono ancora in giro.
All'estremo opposto c'è la filosofia secondo cui invece esiste una morale assoluta che prescinde dall'amico e dal nemico. Questa tradizione di pensiero è il più prezioso apporto dell'Occidente alla civiltà mondiale. Essa si è sviluppata gradualmente dal pensiero di Socrate e di Platone, dal diritto romano, è stata ripresa dai pensatori cristiani, affermata dagli intellettuali e dai politici che hanno faticosamente introdotto in Europa l'idea di tolleranza religiosa. Vi hanno dato il loro apporto i moralisti inglesi e Kant. E' stata successivamente incarnata nei diritti dell'uomo e del cittadino e nel pensiero liberale. Forse la formulazione più semplice e chiara è quella che ci ha insegnato il filosofo americano Rawls. Egli ci dice che, per giudicare moralmente, noi non dovremmo sapere nulla non solo di chi giudichiamo, ma nemmeno di noi stessi .
Ignorare da che parte stiamo, se siamo uomini o donne, bianchi o neri, a che nazione, razza, partito, religione apparteniamo. Solo allora diventeremmo capaci di giustizia. Queste due tradizioni, questi due modi di pensare esistono fianco a fianco nella nostra società. Anzi, esistono e si alternano perfino dentro noi stessi. Eppure costituiscono l'unica vera differenza di cui dovremmo preoccuparci. Perché quando perdiamo la capacità di essere obiettivi, perdiamo anche il diritto di giudicare.



Tratto da "Il Corriere della sera" 15 aprile 2002

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