<<<-salva o stampa il file, leggerai con più comodo

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

 

  I preti: figli, sudditi o impiegati?

 

Boris & Kathrina Longojev

 

Avevamo sempre sentito dire dalla bocca del papa, dei vescovi, dei preti, che la chiesa è una famiglia. In questi giorni invece – oltre le parole patetiche – pare che ai danni di alcuni figli, nella persona di coloro che si sono incamminati al servizio della chiesa nel ruolo di preti, con i pesi da portare e le gioie da sperimentare, si sia tracciato un nuovo codice penale.

Ogni figlio della chiesa, come ogni uomo, è soggetto alle sue debolezze, sul piano sociale, familiare, sessuale, psicologico… Vi sono persone che diventano pericolose per la società, altre che non riescono a sostenere gli impegni e le responsabilità della famiglia, altri si ritrovano incamminati su strade devianti sul piano sessuale, altri perdono il retto equilibrio mentale…

In ogni famiglia queste "disgrazie" vengono accolte come si riesce a farlo: C’è il padre che condanna il figlio che ha sbagliato sino al punto di denunciarlo all’autorità giudiziaria, mentre c’è pure il padre che paga i debiti del figlio, che ha mancato. C’è il padre rigido che, disonorato, chiude la porta alla figlia che esce dagli schemi morali della famiglia, ma c’è anche il padre buono e lungimirante che sa perdonare lo sbaglio della figlia.. C’è il padre che viene a conoscere l’omosessualità del figlio con orrore, e c’è il padre che accoglie il figlio che si ritrova dentro di se una condizione difficile da sostenere per l’ostracismo della gente. C’è il padre che rinchiude in un manicomio il figlio ammalato di mente, vergognandosi di lui, e c’è il padre che resta accanto al figlio, non trascurando nulla per curarlo.

Nella chiesa, famiglia di Dio - così si proclama! – non c’è posto per il prete che è inciampato in un possibile percorso fuori la norma. Sia ridotto allo stato laicale, e se semplicemente sospetto, sia sospeso dal suo ministero! Che poi porterà dentro di se il macigno del suo sbaglio, se la veda lui: sia abbandonato al suo destino! Se invece si trova nella tentazione di peccare, il fatto di sospenderlo dai sui uffici, non può che accrescergli, nella forzata inattività, il pericolo di cadere in uno stato di depressione e di disperazione, sarebbe il caso di attivarlo con altro impegno che non lo induca in tentazione. Il vescovo, che non è padre, che è manager, deve pubblicare e denunciare il misfatto: non può sostenere il disonore che gli viene da questo suo impiegato che disonora la sua azienda; deve garantirsi che i magistrati non gli ingiungano di pagare per il suo prete i danni da questi procurati a terze persone; non può pagare i debiti del suo manovale, che va scacciato fuori dall’impresa; il papa, da governante avveduto deve deporre questi suoi sudditi, in modo da mostrare al mondo che il suo reame è formato da angeli e non può comprendere uomini …umani, soggetti a sbagliare o ad ammalarsi.

Che famiglia è mai questa della chiesa cattolica?

Molti crederanno che noi vogliamo difendere i mascalzoni. Noi "sogneremmo" solo che chi si appella col nome di padre, alla stregua del Padre che sta nei cieli, comprenda, soccorra, difenda, nasconda la vergogna del figlio, sia pure pagando prezzi alti sul piano della reputazione e delle finanze della chiesa.

Chi si stupisce, chi alza il dito, chi condanna si guardi da quella nemesi storica che i greci paventavano, perché anche lui potrà avere figli ubriaconi, inadempienti con i debiti contratti, omosessuali o pedofili, schizofrenici o soltanto epilettici…

 

 


_________________________________________________________________