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Dott. Domenico Manaresi

Bologna, venerdì 22 Giugno 2001

LETTERA APERTA

 

LA CARITAS DI BOLOGNA HA DECISO DI CHIUDERE LA MENSA SANTA CATERINA

 

Mi sembra di ricordare che il Catechismo della chiesa cristiano-cattolica di quando ero bambino (cinquant’anni fa!) indicava e consigliava al buon cristiano le cosiddette “opere di misericordia corporale”: “…dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi…”. Forse oggi questi consigli, queste indicazioni pastorali - almeno qui a Bologna, regnante Biffi e Nicolini - andrebbero formulate in altro modo: “…sì, d’accordo, dar da mangiare agli affamati…purché non siano troppi e soprattutto purché siano tutti buoni cattolici…

Leggo infatti su “Repubblica-Bologna” di oggi che la mensa Santa Caterina della Caritas bolognese chiude. Nel bell’articolo di Michele Smargiassi – che allego qui in calce - si legge infatti: “Le ragioni sono state spiegate: troppi poveri in cerca di un piatto di minestra, ma soprattutto troppo diversi da quelli che la Chiesa sente suo dovere assistere.”

Voglio credere, spero fortemente di aver capito male, di aver frainteso.  Però il dubbio è grande. E mi vengono in mente strani pensieri, di almeno due tipi.

Primo pensiero. Se il problema della chiusura della mensa è di tipo essenzialmente economico, allora mi passano davanti agli occhi i sette miliardi (settemila milioni!) che la Fondazione Carisbo ha concesso alla Curia Bolognese per la costruzione del mega-galattico edificio che dovrebbe essere sede dell’istituito “Veritatis Splendor” (per conferenze e quant’altro di teologia) voluto da Biffi.

Siamo certi che una struttura un poco più spartana di questo edificio (settemila milioni sono tanti!) non avrebbe potuto far risparmiare quel tanto necessario per far sì che la chiesa di Bologna potesse continuare a erogare 150-200 pasti al giorno?

Secondo pensiero. Se invece il problema della chiusura della mensa è massimamente dovuto alla grande varietà della tipologia degli assistiti (che in gran parte sono di religione islamica), beh allora immagino che il buon Dio, con volto triste, stia guardando verso la mensa di via Santa Caterina e chieda al proprio Figlio:

“Gesù, quando hai raccontato la parabola cosiddetta “del buon Samaritano” ti sei spiegato bene? Hanno capito tutti (laici, presbiteri ed episcopi) che prima di dare una mano a qualche povero Cristo non è assolutamente necessario (anzi, è riprovevole) fargli domande sulla sua identità o su quant’altro, ma è bene dargli una mano punto e basta?”

Poi, forse sempre più triste, il buon Dio ha continuato a dialogare col proprio Figlio:

“Gesù, credi che gli tutti uomini (laici, presbiteri ed episcopi) abbiano capito bene quelle frasi che poi l’evangelista Matteo ha riportato al capitolo 25 …io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato… in verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me…”

 

Non so, cosa ne dite, sono questi pensiero molto strani? Sono forse il frutto di una non conoscenza del problema e di una errata interpretazione delle Scritture ? Dove sbaglo?

Shalom a tutti!

Domenico Manaresi

Mitt. Domenico Manaresi - via Gubellini, 6 - 40141 Bologna - tel&fax 051-6233923 – e-mail: bon4084@iperbole.bologna.it


la Repubblica - Bologna      22 Giugno 2001

IL CORSIVO

Buoni-pasto invece della mensa

 

Gli impiegati della povertà

 

MICHELE SMARGIASSI


Erano l'immagine di Cristo: dal primo luglio saranno gli impiegati dell'indigenza. La mensa Santa Caterina della Caritas, storico desco dei derelitti di Bologna, chiude i battenti. Anziché un gesto cristiano, i poveri riceveranno un burocratico ticket da 13 mila lire spendibile in novemila bar e ristoranti. Il Comune ne metterà a disposizione cinquemila per due mesi (c'è pure il giallo: secondo la Caritas l'accordo era per settemila). Comunque, dovrebbero bastare.

Ma tutto non è come prima. Non può essere considerato solo un passaggio di consegne il fatto che la Chiesa (la stessa che chiede l'8 per mille per "opere caritative") decida di esentarsi dall'autoimposto dovere morale della carità, dirottando in Comune i bisognosi che bussano alla sua porta. Le ragioni sono state spiegate: troppi poveri in cerca di un piatto di minestra, ma soprattutto troppo diversi da quelli che la Chiesa sente suo dovere assistere. Tossicodipendenti, immigrati, malati mentali non sono i barboni tradizionali, e "la Chiesa non può essere la soluzione dei problemi sociali": proclamato dal cardinale Biffi, il concetto viene messo in pratica con una decisione che è un atto politico (il rifiuto di supplenza del potere civile), ma che riscopre la distinzione medievale fra "poveri virtuosi" e "poveri vergognosi", tra poveri "della Chiesa" e "del Re", tra ammessi e non ammessi a un gesto che "vuol essere segno della fede cristiana", utile a chi lo fa più che a chi lo riceve.

Ma nessuno può pretendere che la Chiesa sfami i poveri (anche quelli "buoni") se ritiene di non doverlo più fare. Tocca alla collettività prendersi cura dei suoi figli più fragili. Può farlo in molti modi. Ne ha scelto uno curioso: distribuire loro gli stessi buoni-pasto che le aziende offrono ai dipendenti per il brunch. Bologna inventa il fringe-benefit del senza-casa, il fuori-busta dell'emarginato. Protesteranno forse gli impiegati quando divideranno il tavolino del bar con lo sbandato. Può essere uno choc salutare: vedremo che gli sbandati esistono. In fondo quella mensa nascosta più che la coscienza del credente sollevava quelle laiche della città del benessere. 

MICHELE SMARGIASSI

Mitt. Domenico Manaresi - via Gubellini, 6 - 40141 Bologna - tel&fax 051-6233923 – e-mail: bon4084@iperbole.bologna.it

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