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Intervista al prof. Paul Gallagher (Università Gregoriana) sul rapporto tra religioni e globalizzazione di Maria De Falco Marotta Il mondo sta diventando uno. Non c'è dubbio, se oggi l'umanità dovesse andare a votare per scegliere uno stile di vita valido per tutto il mondo, sarebbe in grado di farlo. Più di 500 satelliti diffondono sulla Terra i segnali radio dell'età moderna. Le stesse immagini appaiono su un miliardo di schermi televisivi e, sull'Amur, sullo Yangtze Kiang, sul Rio delle Amazzoni, sul Gange e sul Nilo, si nutrono gli stessi desideri. Anche in regioni lontane dalla corrente elettrica, per esempio nel Niger africano, sono arrivate antenne paraboliche e collettori solari che hanno spinto milioni di uomini da una vita paesana a una dimensione planetaria. Come oggi non ci sono mai stati tanti uomini che sentono e sanno tanto sul resto del mondo. Per la prima volta nella storia esiste una fantasia dell'essere che accomuna l'umanità. Il ceto medio dei centri economici fiorenti si sposta con una naturalezza insospettata sul nostro pianeta che si va restringendo, sia per chi fa viaggi d'affari sia per chi va in vacanza. Tutti si credono cittadini del mondo con una mentalità aperta, ma in realtà sono ben lontani dalla sensazione che i loro rapporti globali siano spesso assai provinciali e limitati al proprio ambiente sociale. A una
velocità quasi inimmaginabile procede la globalizzazione, dando
vita a un unico oceano economico globale che espone gli ambienti
piccoli alle onde gigantesche della concorrenza economica, e non
soltanto alle onde piccole e alle maree tranquille del passato. Il
mondo è visto come un unico mercato e, all'apparenza, sta
prosperando un commercio pacifico. In questo modo non si realizza
forse un sogno dell'umanità? Noi abitanti dei paesi
industrializzati finora benestanti non dovremmo forse essere
contenti dell'ascesa economica di tanti paesi in via di sviluppo? La
pace globale non è già a portata di mano? Ma allora perché si
sono sentite così intensamente le
manifestazioni da Seattle a Napoli e degli altri paesi? Quali
sono le nuove cause di protesta, e contro chi e che cosa si
manifesta? Perché dovunque si indicono convegni, tavole rotonde sul fenomeno della globalizzazione? Perché, ultimamente, anche le religioni se ne interessano? Gli educatori si sentono con le spalle al muro: non sanno più a chi credere, come informare su di essa. Il Centro Studi e Ricerche dell’Istituto Internazionale J. Maritain, ha riunito i migliori studiosi, alla metà di febbraio 2001 per informare, discutere, insegnare, consigliare, aiutare a trovare delle coordinate comprensibili a quanti hanno il gravoso compito di far crescere intellettualmente ed umanamente, le nuove generazioni. Il tema, (non nuovo) era: Globalizzazione, culture e religioni( l’impatto del mercato e delle nuove tecnologie e del compito che spetta alle religioni negli scenari mutati). Tra i tanti
esperti, il colloquio che ho avuto con il Prof. M. P. Gallagher che
ha tenuto una dottissima relazione su: “Le religioni: etica e
simboli per il nuovo vivere insieme planetario”, mi sembra un modo
semplice e sincero di offrire alcuni elementi per leggere il tormentone
globalizzazione ai tanti che proprio non sanno da che parte
affrontare il toro con le corna(= globalizzazione &
mondializzazione). DOMANDA: quali sono i valori della globalizzazione da trasmettere a livello educativo? RISPOSTA: stiamo vivendo un momento di svolta nella storia dell’umanità e questa, essendo una rivoluzione a base tecnologica, informatica, economica, si verifica con tanta velocità, da non lasciarci il tempo per riflettere e capire. Le religioni hanno un patrimonio di valori ed oggi si sono accorte che devono dire:” Fermati un attimo, c’è qualcosa che capita qui, che cambia la nostra immagine di chi siamo e c’è qualcosa qui che potrebbe mettere a rischio le nostre dimensioni più profonde, cioè le nostre dimensioni spirituali. Questo non per dire che la globalizzazione sia sempre un pericolo, ma promettente e preoccupante, come ha detto il Santo Padre. Quindi, dobbiamo vedere l’ambiguità di questo fenomeno, capirlo, e discernerlo. Per me, la parola chiave è discernere. Il cristianesimo ha una lunga storia di saggezza che si chiama il discernimento spirituale, cioè la capacità di leggere un processo, quello che capita nella nostra esperienza personale, culturale, storica. Oggi siamo chiamati a leggere quest’esperienza e a chiederci verso dove ci porta . Discernere, in senso stretto, vuol dire cercare i segni della presenza dello spirito nella storia, i segni dei tempi. DOMANDA: lei ha detto cosa deve fare la persona di fronte alla globalizzazione, però le chiedevo anche che cosa deve trasmettere un educatore ai piccoli, quali valori inculcare di questo enorme processo che coinvolge il mondo. RISPOSTA: innanzitutto, fornire delle buone domande tipo:” Chi sta immaginando la tua vita per te? Tale domanda implica che tu, forse, stai vivendo una vita senza renderti conto che l’immagine di chi sei, sta formandosi in maniera passiva per tutto ciò che ti capita intorno e che vi sono veri poteri economici, informatici, televisivi che potrebbero danneggiare il tuo orizzonte umano se tu non ti svegli meglio per chiederti: cosa capita. Un insegnante, oggi più che nozioni, deve essere il fornitore di buone domande, stimolare nei suoi allievi questo senso critico verso la realtà che ci circonda. DOMANDA : lei ne ha suggerito una di buone domande, però oggi è molto difficile districarsi in mezzo alle altre che vengono poste in modo allettante per aumentare il consumismo e, quindi, il mercato. RISPOSTA : la domanda fondamentale è: chi sono e dove voglio andare? Per noi cristiani è semplice rispondere: nel Vecchio Testamento c’è una domanda di Dio all’uomo ed una di Gesù nel Nuovo. Se le uniamo, abbiamo una buona domanda. Dove sei(Genesi) e cosa vuoi(L’inizio di Giovanni)? La prima domanda si può ampliare alla nostra situazione: dove siamo? Il vero pericolo è che questo processo rimanga anonimo. DOMANDA: Non le pare che sia già anonimo e che la maggior parte della gente agisce come marionette in questo processo? RISPOSTA: la globalizzazione non va demonizzata. Anche tra i credenti c’è una tendenza a voler trovare un capro espiatorio, perché le cose vanno male, invece di riconoscere che ancora non siamo pronti a rispondere e a capire saggiamente. Non è necessariamente la colpa di questo processo, ma della nostra non prontezza a rispondere. Per avere una buona prospettiva, necessitano buone domande. E’ un errore, farsi piovere tutto sulla testa, perché così va il mondo. DOMANDA: la globalizzazione alimenta in modo tenace il consumismo. Tutto diventa subito vecchio e bisogna sostituirlo con cose nuove. Quindi, le cose stanno prendendo il posto delle persone. RISPOSTA: è questo il dramma delle nostre auto- immagini, perché il consumismo cambia continuamente l’immagine di me stesso. Chi sono? Qualcuno che deve assolutamente comprare per vivere. “Faccio la spesa, quindi esisto”, questa era una scritta posta dietro una macchina in California(Cartesio tradotto nell’oggi). Tuttavia, questo è l’aspetto superficiale della globalizzazione. Il dramma è, invece, che ha a che fare con tutto il mondo. Un ragazzo durante il Convegno ha detto: “Voi parlate del genocidio in Uganda, ma c’è un genocidio ogni giorno dei poveri di cui non importa niente alla globalizzazione che è insensibile alla sofferenza della maggioranza delle popolazioni del globo. Ciò è incontestabile, se si permette che il processo sia solamente monopolio del mercato. Anzi, il mondo non sarà unicamente senza valori, ma crudele con la maggior parte degli uomini, che non avranno alcun contatto con il computer, ricordando che milioni di persone non hanno mai fatto una telefonata e, ancor meno, inviato un e- mail. E’ un gioco del mondo ricco che cambia il resto del mondo, ma non cambia la situazione di giustizia e di uguaglianza dei popoli. DOMANDA: come potrebbe la globalizzazione tramutarsi da quella di mercato a etica? RISPOSTA: il Papa ha detto che oggi occorre una globalizzazione della solidarietà e, credo, che la tendenza stia cominciando a funzionare in piccoli gruppi minoritari non violenti( a Porto Alegre, ultimamente, vi sono state molte manifestazioni contro i paesi più industrializzati del mondo, senza l’uso della violenza). DOMANDA: però la Chiesa, in generale, non si mostra troppo disponibile ai gruppi di giovani contestatori, piuttosto è favorevole alla globalizzazione dei mercati! RISPOSTA: ultimamente, la voce dei vescovi africani cerca qualcosa per migliorare il processo e si stanno suggerendo varie strategie da adottare. Utilizzando Internet che già ha saputo movimentare tanti giovani, per contestare molti progetti delle multinazionali, si può opporre resistenza alla circolazione di un dato prodotto. Quindi, anche le potenti ditte internazionali sono diventate attente, per forza, a quest’evoluzione delle coscienze. Hanno imparato che se i loro prodotti non rispondono a criteri ecologici e di giustizia, rimangono invenduti. Il potere di Internet è straordinario: i messaggi, i buoni messaggi che corrono velocissimi da un capo all’altro della terra, influiscono notevolmente sulle persone. Purtroppo, non è ancora una forza internazionale, ma vi sono molti segni di una nuova sensibilità molto critica verso un mercato senza un senso di etica. DOMANDA: l’unione di queste forze, non ha una personificazione particolare, perché in essa convergono cristiani, cattolici, ebrei, buddhisti, atei…. E’ un buon segno che si lavori insieme per l’umanità? RISPOSTA: credo che vi sia una buona base spirituale e, come ha detto il premio Nobel A. Solzenicyn, le possibilità dello spirito sono superiori alle circostanze dell’esistenza e le possono vincere. Lo spirito ci potrà salvare, perciò è necessario un buon discernimento, per vagliare i frutti. Infatti Gesù ha detto: “ Dai frutti saprai…”. E noi dai frutti di ciò che capita, possiamo intravedere o indovinare le radici. Oggi la radice dominante è il profitto e solo il profitto. Però la nuova sensibilità, anche nel mondo del business, prelude a qualche cambiamento. Non tutti sono orientati ad un profitto inumano. C’è, per fortuna, nell’essere , qualcosa che sfugge al controllo del mercato. DOMANDA: l’umanesimo che pure ha fatto propri gli ideali del cristianesimo, i suoi aspetti positivi quali la compassione verso gli esseri umani e il riconoscimento della libera volontà di ogni uomo, non è sufficiente per svegliare la dimensione etica nella globalizzazione? RISPOSTA: se noi restiamo chiusi nella nostra stanza, non avremo mai la visione dell’umanità. In questa stanza, vi sono due porte: una apre ai nostri rapporti con l’umanità, con le persone connotate dagli stessi diritti umani; l’altra apre a Dio. Entrambe, l’orizzontale verso l’umanità e la verticale verso Dio, ci permetteranno di trasformare la globalizzazione, che è un momento molto importante nella storia, in una conquista solidale per migliorarci tutti. Vi sono molti sociologi che ci aiutano a capire la complessità di questo processo, però il contributo specificamente cristiano è l’arte del discernere e, quindi, di leggere la presenza o la non presenza dello spirito in ciò che capita. DOMANDA: educare a riconoscere i diritti fondamentali di ogni persona, lo potrebbe fare anche un laico, senza pensare allo Spirito Santo. RISPOSTA: si, però da credenti, abbiamo un altro orizzonte, dove vediamo la presenza dello Spirito nella storia umana, come un artista che forma la nostra storia con noi e solo con noi, con la nostra libertà, le nostre decisioni, la nostra saggezza o la nostra mancanza di saggezza. Agli occhi di un cristiano, appare più profondamente il dramma che stiamo vivendo e non possiamo stare a guardare. Dobbiamo entrare, sperimentare, capire, vagliare e rispondere. Specie nel campo educativo.
Le “ Key words” La
mondializzazione indica
l’insieme dei processi che oggi operano su scala mondiale e
secondo un’ottica sistemica(il sistema-mondo). Ci si riferisce più
propriamente al complesso intreccio di interdipendenze che esaminano
i sistemi di comunicazione, formativi, culturali, linguistici,
dispositivi difensivi… posti in un orizzonte postindustriale, in
cui le risorse principali non sono la forza- lavoro, ma le capacità
intellettuali dell’uomo. Storicamente vi sono più tappe nella
mondializzazione: —
la politico- militare dei potenti imperi dell’antichità; —
l’economico- commerciale, in seguito alle scoperte geografiche; —
la tecnico- industriale (la rivoluzione industriale); —
la mediale- planetaria (l’attuale rivoluzione informatica e
telematica delle comunicazioni con l’incredibile sviluppo di
Internet). Il processo
di mondializzazione sembra irreversibile e universale: pure la più
sperduta tribù di Boscimani del Kalahari, in Africa australe, il
cui cielo è solcato da un aviogetto, vive la contraddizione di una
sua planetarizzazione in un comune destino di “villaggio
globale”. Basta poi pensare agli imprestiti culturali-musicali
della moda giovane: l’afro-world, l’etnomusic, la New Age e,
anche in campo religioso, alla novità introdotta da Giovanni Paolo
II la notte di Natale del 1999, di far spiccare i momenti più
spettacolari dell’apertura del Giubileo, con musiche etniche, per
rendersi conto che non esistono più dei mondi chiusi e che bisogna
educare alla mondialità. Essa è una visione del mondo connotata
dal valore dell’identità e della diversità, dove la famiglia
umana è considerata una comunità di popoli diversi. La globalizzazione,
invece, dal termine di origine anglosassone (global sta per
mondiale), esprime la tendenza delle imprese a sviluppare
congiuntamente processi di internazionalizzazione e di
informatizzazione. Con internazionalizzazione si intende l'insieme
dei processi di apertura verso l'estero da parte di entità
economiche nazionali. Accanto alla forma tradizionale di
internazionalizzazione che prevede il controllo diretto e
maggioritario delle filiali estere, negli ultimi anni hanno
acquisito sempre maggiore importanza le così dette "nuove
forme" di investimento basate su accordi di collaborazione
anche minoritari con partner locali. L'adozione di queste
"nuove forme" da un lato permette la penetrazione
commerciale e produttiva anche in paesi caratterizzati da ostilità
nei confronti di presenze straniere e dall'altro permette di ridurre
i costi e la rischiosità degli investimenti all'estero. In effetti
l'aumento della complessità delle organizzazioni multinazionali che
operano in paesi diversi e che adottano ormai moduli operativi
flessibili non più standardizzati secondo un modello unico, diventa
gestibile solo se corrispondentemente aumenta la potenza e la
centralizzazione del sistema informativo. Mentre i mercati divengono
planetari, gli standard universali s'impongono nella finanza, nel
marketing, nella comunicazione e nei trasporti.
Per i suoi maggiori sostenitori, il risultato sarà un
aumento esplosivo del commercio, della produttività e della qualità
della vita in tutto il mondo. Per i critici, invece, il prezzo da
pagare include un accrescimento delle iniquità della distribuzione
della ricchezza, una competizione al ribasso sul mercato del lavoro.
Per non parlare di frequenti crisi finanziarie. In ogni caso, una
cosa è certa: il processo è appena iniziato, seppure già se ne
avvertono i sintomi non tutti positivi. Diversamente
si può dire che con globalizzazione,
si
designa una multinazionalizzazione e una
internazionalizzazione dell’economia e della finanza, con una
crescita esponenziale di attività economiche in diverse aree
geografiche. Collegati a questa, vi sono fenomeni collaterali come
la formazione di una middle class mondiale, orientata globalmente,
il processo di desindacalizzazione mondiale, dovuto alla possibilità
delle aziende di decentrare la produzione e la relativa negoziazione
del costo del lavoro, la nascita di corporations in seguito a
maxifusioni. Banche, telecomunicazioni, industrie alimentari,
farmaceutiche… sono i settori che hanno visto svilupparsi
notevolmente, soprattutto le potenti multinazionali. Sotto i nostri
occhi, si svolge una continua guerra commerciale di dimensioni
colossali fra i tre blocchi del commercio mondiale (America del
Nord, Unione europea, Estremo Oriente).Il problema più difficile
affonda nell’etica: la globalizzazione, con le sue accentuazioni
di natura prettamente economica su scala mondiale e il rinnovamento
dei suoi quadri funzionali, attraverso fusioni di varie proporzioni,
va verso lo sviluppo dei popoli o l’arricchimento di pochi? Ecco il
grosso interrogativo che le agenzie educative, soprattutto, dovranno
porsi assolutamente. Maria de falco Marotta _________________________________________________________________ |