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Susan
George, la grintosa dell'antiglobalizzazione
di
Maria de falco Marotta e Diana Barrow’s Ha un volto interessante e perennemente “arrabbiato”, proprio di quelle donne che ci mettono l’anima nelle cose che fanno. Soprattutto, se si pensa che pochi uomini l’amano( anzi, per niente), per la sua capacità dialettica di sapere puntualizzare ogni teoria antiglobalizzazione. Al contrario di Naomi Klein che, al suo confronto sembra una mammoletta, Susan, ti dà forza, ti trasmette quella carica di energia per testimoniare coraggiosamente i diritti fondamentali dell’umanità. La sua vita, tra un convegno e l’altro, tra un incontro scientifico e un bagno di folla come è avvenuto a Padova e dove avverrà ovunque si recherà, per non aver peli sulla lingua, circa la “cattiva” realtà che ci circonda, discute da competente, essendo direttrice del Transnational Institute e esperta internazionale sulle relazioni tra Nord e Sud del mondo. Non ha scritto “bibbie” contro il Mercato che vede come il peggior nemico dell’umanità, ma le sue analisi taglienti e meticolose, fanno tremare parecchi potenti. Non se ne cura, risoluta com’è. DOMANDA: Susan, oggi si parla tanto di globalizzazione. E’ diventato il nostro tormentone, ma non esiste qualcosa di simile tra gli uomini di vari continenti, sin dall’antichità, tra di loro non si è sempre tentato uno scambio commerciale? RISPOSTA:
è vero, la
globalizzazione sussiste almeno dall’epoca dell’Impero Romano,
quando già si scambiavano servizi, prodotti e capitali tra continenti.
Ma ci sono oggi nuovi aspetti: nuovi attori, nuove istituzioni, nuove
regole, nuove conseguenze – e questo da quando nella metà degli anni
’80 il neo- liberalismo è divenuto la dottrina ufficiale di Stati
Uniti, Regno Unito e gli altri paesi industrializzati( compresa
l’Italia). DOMANDA: sinceramente, lei cosa intende per “globalizzazione”? RISPOSTA : La globalizzazione è un modo
gentile per definire il dominio delle Corporazioni. Non si tratta di una
grande cospirazione. E’ semplicemente l’incontro tra interessi
comuni che condividono gli stessi obiettivi: l’accumulazione di
profitto. Domanda: cosa si conosce per corporazioni? RISPOSTA: Le corporazioni transnazionali
– le top 100 del capitalismo ed è inutile farne l’elenco, visto che
le maggiori sono note a tutti, controllano
direttamente 2/3 degli scambi commerciali a livello mondiale: un terzo
tra rami interni della stessa multinazionale (es. tra Shell e Shell) e
un terzo tra corporazioni (es. IBM-Shell). Gli investimenti di queste
imprese sono concentrati per la maggior parte nel Nord del mondo, e il
giro di affari dall’82 ad oggi si è sviluppato di una decina di
volte, mantenendo lo stesso
numero di lavoratori, che costituiscono ancora il costo maggiore per la
produzione (negli Stati Uniti, il 70%). Si è creata, inoltre, una
enorme sovraproduzione. L’industria dell’auto, per esempio., produce
all’anno 79 milioni di vetture ma ne vende solo 59 milioni. Gli
industriali si sono dimenticati quello che metteva in pratica Henry Ford,
che pagava i suoi operai abbastanza perché essi stessi fossero i primi
a potersi comprare un’automobile. DOMANDA.: ma sul mercato agiscono gli
operatori finanziari… RISPOSTA: senza dubbio la tecnologia ha avuto un ruolo determinante per il mercato delle finanze, dato che mentre 20 anni fa l’80% delle transazioni avevano riguardavano aspetti produttivi, oggi più del 95% di esse non ha niente a che vedere con l’economia reale. Puoi fare soldi con la sola aria. I capitali che girano per il mondo ogni giorno nel mercato finanziario – circa 1.2 miliardi di dollari – non sono tassabili. Se lo fossero e andassero nelle giuste mani, avremmo risolto molti problemi. Spesso questi scambi valutari esplodono, come in Messico nell’85, o più recentemente in Russia, Indonesia, Corea, quando i maggior investitori hanno ritirano improvvisamente i loro capitali, riducendo quei paesi in profonda crisi. E il Fondo Monetario Internazionale, poi, cerca di rimetterli in sesto con i soldi pubblici di tutti i paesi. DOMANDA: mi pare che lei se la prenda molto con gli intellettuali: Perché? RISPOSTA: non con tutti. Molti di loro rafforzano la classe dirigente. Sono ideologi pagati dalla destra conservatrice per fare propaganda e dire al mondo come sono belle queste corporazioni. Sono alle dipendenze della "Gente di Davos", 2000 persone che si incontrano nella località Svizzera per il Forum Mondiale sull’Economia e decidono delle sorti del mondo. Scrivono le nuove regole e non devono rispondere a nessuno.(Le elites illuminate).Poi vanno a Napoli, a Genova e, prossimamente, nei paesi dove si puniscono aspramente i contestatori. DOMANDA: perché sono considerati nemici anche la Banca Mondiale e il Fondo monetario? RISPOSTA : le istituzioni, da Bretton Woods alla Banca Mondiale e al Fondo Monetario, da 50 anni impongono programmi neoliberisti ai paesi indebitati. Prima la vittima principale era il Sud del Mondo, poi l’Est Europeo e le Tigri asiatiche. E la stessa Organizzazione Mondiale per il Commercio ha scritto le nuove regole, senza clausole sociali ed ambientali. Poi c’è l’ Accordo Multilaterale sugli Investimenti (MAI) scritto in gran segreto all’OECD (che raggruppa 29 dei paesi più ricchi) e che prevede che una corporazione straniera debba essere trattata come le imprese nazionali (inclusi sussidi e priorità) e che possa poi rivalersi sullo Stato in cui vuole investire. Dobbiamo intervenire in parlamento perché ciò non avvenga. I governi possono essere puniti dalle corporazioni con semplici operazioni valutarie, come ha fatto George Soros nel '92 con la sterlina inglese. DOMANDA: c’è un altro mercato molto prospero, quello della natura… RISPOSTA: Il mercato della Natura è un altro aspetto della globalizzazione. Gli standard ambientali sono sempre più bassi ed è diventato più semplice comprare permessi per inquinare. Non siamo più in un mondo diviso tra Nord e Sud. Oggi la situazione somiglia più ad una piramide con una piccola elite internazionale in cima. Nel mezzo una classe sociale sempre più ansiosa e insicura di mantenere la sua posizione. Alla base centinaia di milioni di persone (2/3 della popolazione mondiale) che non possono essere integrate nel sistema, e dunque inutili. La concentrazione delle ricchezze oggi assomiglia ad un calice di Champagne: nella coppa vi è l’85% per i pochi ricchi, mentre nel gambo il resto dello champagne deve essere diviso tra milioni di persone povere. Però, grazie ai giovani di Seattle e alle tante persone coscienziose che soffrono nell’osservare l’arroganza dei potenti che ignorano i diritti umani, il grido dei popoli oppressi salirà fino a Dio. DOMANDA: insomma, fuori da ogni metafora, lei non vede nulla di buono nella New Economy? RISPOSTA: parliamo, di Nuovo Ordine Economico Internazionale. Non c’è niente su cui basarlo. Non le Nazioni Unite, non il gruppo dei Paesi non allineati, resi deboli e disuniti. Dicono che i mercati si autoregolamentano e che la globalizzazione sarà, alla fine, un fenomeno benigno. Ma è falso: non lo è per la forza lavoro, non lo è per l’ambiente. Gli attori delle nuove regole non sanno cosa stanno facendo. Non c’è un pilota nell’aereo. Gli stati sono svestiti di potere (con le privatizzazioni e le deregulation) ma ci si aspetta che raccattino i pezzi degli esclusi dal "Mercato", pagando i costi sociali. DOMANDA: lei analizza spietatamente le manovre dei ricchi in questa globalizzazione, ma un suggerimento per un agire più positivo a favore di tutti, può darlo? RISPOSTA: i miei suggerimenti sono semplici e, forse, difficili da realizzare. Bisogna creare legami: legami generazionali, tra città e periferia, e ancora solidarietà a livello internazionale, rafforzamento dello Stato. Costruire una democrazia a livello globale è un compito immane, perché desideriamo una struttura di potere, ma non sappiamo come metterla in pratica. Ci arriveremo, come ci sono arrivati nel secolo scorso le persone che volevano creare la democrazia a livello nazionale. Speriamo che questa volta si possa farlo in maniera non violenta. E’ sicuramente venuto il momento che la Società dica al Mercato cosa fare e non il Mercato alla Società. Non dobbiamo permettere che il Mercato guidi i paesi. Ora lo fa, ma a quali costi? Ricordiamo che la democrazia ha bisogno di tempo e sforzi. Ma ne vale la pena. Per sostenerla, a livello mondiale, abbiamo i mezzi giusti. Gli assenti dalla storia, aspettano che noi li liberiamo.
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