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WELCOME TO GENOA, CITIZENS OF THE WORLD di Francesco e Fabio Genova,
un qualsiasi giorno del 2001, tanta gente in strada; colore come raramente se ne
può vedere in una città spesso dipinta come fredda, senza slanci. Oggi non è
così, qui di colore e di slancio ce ne sono eccome: non è solo il colore delle
bandiere, delle magliette gialle, rosse, è il colore della gente che balla,
salta, canta, produce caroselli improvvisati, liberando nel vento treccine scure
di capelli rasta come capelli bianchi di teste non più giovanissime; gente che
si intreccia senza distinzione di sesso, di età, di religione; gente che apre
il corteo e da il suo biglietto da visita; gente che ha una sola voce che sale
camminando, e vuole spiegare a tutti - e purtroppo non sa che tutti stanno
guardando ed ascoltando altro, alla tv - che un mondo diverso è possibile, che
la solidarietà, la cooperazione, l’aiuto di noi che viviamo nel benessere a
chi questo benessere lo sente come un miraggio lontano è un obiettivo da
raggiungere; gente che crede che le decisioni dei potenti devono essere dettate
dai bisogni reali, non dall’interesse del potere economico. Pacifici
contestatori, che disegnano un’oasi di vita al di fuori del ghetto protetto
dalla polizia; pacifici contestatori consapevoli che il vero impegno, che le
critiche agli effetti di intollerabile sbilanciamento/sfruttamento che la
globalizzazione sta oggi implicando hanno sedi molto più quotidiane e valicano
i tempi e gli spazi di questo corteo.
Davanti a noi un profilo noto, Sandro Curzi; di fianco una coppia di anziani
sorridenti; più avanti, da una strada laterale, arriva con calma don Gallo. Si
respira quell'aria di comunità (di consensi) che ci ha spinto a prendere il
treno. Nessuno lo dice, ma è continuo quel mormorio che sale dai nostri passi,
e che ad ogni passo diventa sempre più distinto, e manda avanti questo fiume
placido di gente, nonostante tutto: lo si vede dalle magliette, dagli ombrelli
scritti a mano, anche dalla frutta che qualcuno mangia sotto il sole, che
"basterebbe poco" da qui, dall'Occidente, per far cambiare un po' la
rotta a questi percorsi planetari così squilibrati. Passiamo sui depliant
bruciacchiati di un'agenzia di viaggi distrutta: il fiume placido non si
scompone di fronte ai resti delle violenze di ieri, ci cammina sopra senza
turbarsi: ieri è stato, è il domani concreto che importa. C’è sempre quel
mormorio che sale dai passi dei manifestanti: passiamo sopra a quei resti,
schiacciamo e scacciamo la violenza, nel nostro DNA c’è il rispetto per
l’uomo. Più avanti, dal piano terra di un palazzo una signora allunga
amichevolmente bottiglie d'acqua ai manifestanti: Genova città blindata,
abitanti che scappano - agenzie di viaggio hanno organizzato addirittura
“viaggi G8” -, ma quelli che rimangono sono lì, non camminano tra noi, ma
con i gesti sono tra questa moltitudine. Certo, ci siamo trovati a guardare
intorno, circospetti, alcuni strani movimenti, pronti ad andarcene se questo
scenario tranquillo e costruttivo fosse stato capovolto. Gli sguardi di tanto in
tanto si girano all'unisono verso chi è stato visto bruciare la città, in tv,
e che, comunque, anche solo istintivamente ognuno riconosce: figure mascherate,
defilate, solitarie. Che vita hanno fatto loro, in una giornata qualsiasi, prima
di venire qui? Chi ha fatto in modo che molti di loro superassero i confini a
cuor leggero, ad accordi di Schengen sospesi? È quasi sera, lasciamo una Genova
amica, che dai balconi ha partecipato con noi, e che è stata troppo poco
raccontata: non dimenticheremo le signore anziane alla finestra che salutano la
manifestazione sorridendo, a braccia aperte, e che non hanno ricevuto altro che
applausi, né la famigliola all'ultimo piano che, con un paio di bacinelle, ha
continuato a svolgere la funzione di doccia per i più accaldati, che hanno
contrassegnato quel punto del marciapiede, in corso Sardegna, come un'oasi
invocata di benessere fisico. E che sembrava volesse urlare quel “Benvenuti a
Genova, cittadini del mondo” che abbiamo letto lì vicino, su un telo appeso
ad un balcone. _________________________________________________________________ |