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La pace, condizione essenziale per lo sviluppo globale


Sentinelle del mattino 2002

documento definitivo presentato presso la Sala Stampa Vaticana dalle 60 associazioni cattoliche che hanno firmato il manifesto Sentinelle del Mattino 2002

Lo sviluppo di un popolo non deriva primariamente né dal denaro, né dagli aiuti materiali, né dalle strutture tecniche, bensì dalla maturazione della mentalità e dei costumi. E’ l’uomo il protagonista dello sviluppo, non il denaro o la tecnica. La Chiesa educa le coscienze rivelando ai popoli quel Dio che cercano ma non conoscono. … Ecco perché tra annunzio evangelico e promozione dell’uomo c’è una stretta connessione.

Giovanni Paolo II

Redemptoris Missio (n. 58 – 59)

 

 

 

 

Siamo donne e uomini che credono in Gesù Cristo. Siamo donne e uomini che credono nel valore universale e sacro della vita umana, nella inviolabilità della sua dignità e nella necessità che questa sia garantita ad ogni persona umana in ogni parte del mondo. 

In quanto parte della universale famiglia umana, ci sentiamo cittadini che a tutti gli effetti intendono partecipare responsabilmente alla vita della comunità cui appartengono, in modo particolare nei tempi odierni in cui, con la globalizzazione, l’interdipendenza fra le diverse aree del pianeta diventa sempre più consistente e con essa cresce la corresponsabilità.

 Condividiamo con ogni altro abitante della terra la difficoltà di questa responsabilità, nel momento in cui, nonostante il progresso scientifico e tecnico, le disuguaglianze e la violazione della dignità della vita sono particolarmente vive e pesano su milioni di persone. Per dare risposte autentiche a queste urgenze crediamo necessaria la verità del Vangelo, che è messaggio di liberazione integrale dell’uomo, in grado di superare i suoi limiti materiali e la sua apparente solitudine. L’uomo, infatti, trova la sua piena realizzazione nel Cristo, che facendosi uomo trasforma anche la storia. Quello che insieme professiamo, celebriamo e annunciamo, non è una verità astratta, ma è anzitutto una persona: Gesù Cristo, morto e risorto per la salvezza dell’uomo e del mondo. Nel cercare di seguire Gesù Cristo e di fare nostro il Suo messaggio, incontriamo i poveri e riconosciamo le debolezze presenti in ognuno di noi. Crediamo che solo nella risposta alla Sua chiamata all’amore sia possibile costruire soluzioni autenticamente efficaci ai problemi che la famiglia umana sta vivendo in questa fase storica.

Alla luce del Vangelo, nella fedeltà alla comunione ecclesiale, e traendo insegnamento dal magistero e dalla dottrina sociale, vogliamo vivere pienamente nella comunità degli uomini, guardando all’intera comunità del pianeta, per costruire rapporti sociali orientati alla promozione integrale dell’uomo e alla costruzione della civiltà dell’amore e del perdono: “non c’è pace senza giustizia, non c’é giustizia senza perdono”.

Con questo spirito vogliamo collaborare e dialogare con tutte le donne e gli uomini di buona volontà per costruire la pace: la pace fondata sulla dignità della persona umana che esige il diritto all’alimentazione, alla salute, all’educazione, alla libertà religiosa, al rispetto delle proprie tradizioni e culture, ad un lavoro dignitoso. Crediamo che costruire la civiltà dell’amore significhi concretamente anche lavorare per elaborare e diffondere regole in grado di orientare le azioni dei membri della comunità in questa direzione.

Apparteniamo a realtà laicali che hanno vocazioni e specificità diverse all’interno della chiesa e della società italiana. Ma tutte, pur con le naturali diversità, vogliamo condividere un cammino di responsabilità educativa e sociale per offrire il nostro contributo nel rendere la globalizzazione uno strumento a servizio della promozione dell’uomo anziché della sua mortificazione. Siamo coscienti che per farlo occorra arricchimento spirituale, fatica di approfondimento e ricerca di dialogo. Per questo vogliamo caratterizzare il nostro cammino nell’impegno per umanizzare le strutture economiche e sociali a partire dalla nostra vita.

 

La nostra comunità: il pianeta

 

La storia dello sviluppo degli ultimi cento anni dimostra come la comunità mondiale non è stata in grado di utilizzare al meglio il progresso tecnologico, risorsa essenziale per garantire uno sviluppo equo e sostenibile capace di assicurare condizioni minime di vita ad una popolazione in fortissima crescita.  Progressi sostanziali sono stati fatti nello sviluppo di meccanismi che consentono di aumentare la produzione di beni e servizi aggregata. Allo stesso tempo però non si è stati in grado di costruire meccanismi di distribuzione equa della ricchezza prodotta in modo da realizzare progressivamente la condizione di eguaglianza delle opportunità di tutti gli individui indipendentemente dalla loro provenienza geografica e sociale.

Gli attuali squilibri del mondo sono sotto gli occhi di tutti. Da una parte un aumento della distanza tra ricchi e poveri, con oltre un miliardo di persone che vive al di sotto della soglia di povertà assoluta, concentrata prevalentemente nel Sud del mondo. Dall’altra la ricerca affannosa del benessere economico, non inserito in una corretta scala di valori, ha generato stili di vita che mettono a serio rischio la stabilità ambientale del pianeta. Costruire giustizia significa non solo ridistribuire, ma mettere l’uomo al centro dei processi.

Questo è il cuore della richiesta più volte ripetuta da Giovanni Paolo II di globalizzare la solidarietà. Un invito a contrastare i rischi e i pericoli che una globalizzazione non governata che comporta anche e soprattutto far emergere le forze positive della globalizzazione attraverso gli esempi e i progetti che migliorano le condizioni di vita delle persone. Fra questi il trasferimento di produzioni dal Nord del mondo nei paesi a minor reddito, quando ciò avviene nel rispetto della dignità dell’uomo e del lavoro e nella salvaguardia dell’ambiente, e il miglioramento dell’agricoltura in una logica di sviluppo rispettosa dell’ambiente e delle persone.

Ma soprattutto occorre far leva sulle forze della società civile organizzata, vera protagonista dei progetti di cooperazione allo sviluppo orientati a promuovere dignità umana, lavoro e democrazia. La cooperazione internazionale deve ispirarsi ad un criterio di discriminazione positiva: sostenere i processi di sviluppo come via per incamminarsi decisamente sulla strada della libertà, del rifiuto della guerra e del rispetto degli inviolabili diritti dell’uomo.

La globalizzazione della solidarietà non avviene solo con l’impiego di maggiori risorse economiche, ma puntando su progetti di educazione e formazione come strumento principe di lotta alla povertà; promovendo la vita delle popolazioni insieme con l’ambiente; tutelando la salute delle persone anche attraverso le grandi conquiste che la medicina ha conseguito nei nostri paesi. Lottare contro la povertà non è solo una questione di politiche e di investimenti –certamente indispensabili-, ma al fondo è questione di riconoscere la persona, l’uomo, per quello che è, e di riconoscere tutti gli uomini, qualsiasi uomo in qualsiasi parte del mondo per favorirne la liberazione e lo sprigionarsi delle capacità che Dio ha seminato e che noi dobbiamo apprezzare e valorizzare.

E’ nostro dovere guardare soprattutto ai più poveri e ai più vulnerabili, coloro che sono impossibilitati a far fruttare i talenti che Dio ha loro regalato. Nel quadro attuale, infatti, la questione della povertà e della differenza delle condizioni di vita emerge clamorosa. Su sei miliardi di persone che abitano la Terra circa un sesto non dispone di cibo ed acqua a sufficienza. Tre miliardi, cioè la metà dei cittadini del pianeta, si deve accontentare di due dollari di reddito per giorno. Non vorremmo però affrontare la questione solo in termini di avere. La povertà da combattere non è solo l’indisponibilità di beni materiali, ma anche l’impossibilità di realizzarsi come persone. Povero è colui che non può mettere a frutto i talenti che ha ricevuto. A questa povertà vogliamo contrapporre quella evangelica che auspica la ricerca dell’essenzialità e della sobrietà, l’essere e il condividere contrapposti all’avere.

Eliminare la prima e far spazio alla seconda significa farsi operatori di pace e di giustizia e testimoni coerenti affinché a tutti sia data opportunità di diventare protagonisti del proprio originale percorso di crescita personale e comunitario, in particolare:

 

§        individuando i meccanismi che impediscono che le risorse e le opportunità siano più equamente prodotte e distribuite;

§        identificando con esperienze comunitarie e stili di vita rinnovati, modelli di relazione sociale ed economica virtuosi;

§        elaborando le nostre esperienze in proposte politiche per la costruzione di un nuovo quadro di regole e relazioni internazionali.

 

Tutto ciò potrà avvenire non solo grazie alla nostra intelligenza ma se sapremo rispondere alla chiamata di sempre della Chiesa che ci chiede la conversione del cuore.

 

 

Costruire la pace

 

Questo nuovo secolo, dopo quello precedente che ha visto il maggior numero di martiri cristiani della storia, già al suo inizio è stato segnato da terribile violenza. Molti uomini e molte donne, presi dalla paura per il futuro, si sono lasciati trascinare nella rassegnazione, nel pessimismo, indulgendo al terrorismo sempre deprecabile, rassegnandosi alla via del conflitto. Siamo consapevoli dell’enorme potenziale di male che è racchiuso nel nostro mondo. E’ facile lasciarsi trascinare dalla violenza, dallo scontro degli uni contro gli altri, dall’opposizione di un mondo contro un altro, dallo scontro di una religione e di una cultura contro un’altra. La compassione di Gusù per il dolore del mondo ci impone di cercare assieme le vie della pace e della solidarietà. Il mondo intero ha bisogno di speranza. La speranza di poter vivere con l’altro, la speranza di non essere dominati dalla memoria dei torti subiti, la speranza di costruire un mondo in cui tutti possano vivere con dignità; la speranza della civiltà dell’amore e del perdono di cui parla Giovanni Paolo II.  Sentiamo ancor più urgente in questo tempo in cui spirano venti di guerra, la necessità di proseguire con decisione la via del dialogo per superare divisioni e conflitti. Il dialogo non lascia indifesi: può proteggere. Non indebolisce: può rafforzare. Il dialogo può trasformare l’estraneo in amico e può liberare tutti dal demone della violenza. Nulla è mai perduto con il dialogo. Ci impegniamo a fare crescere nel mondo l’arte del dialogo e del convivere. Il mondo intero ne ha bisogno. Non è il conflitto che salva.

 Condanniamo ogni forma di terrorismo; crediamo nel negoziato; preferiamo nettamente decisioni concertate e non unilaterali al fine di rafforzare e non indebolire l'azione delle istituzioni internazionali. Crediamo che la migliore risposta da dare alle minacce del terrorismo e della guerra sia, innanzi tutto, quella della conversione personale unita ad un impegno ancora più convinto per la costruzione della pace, attraverso il dialogo interreligioso e la solidarietà globalizzata, per rendere più giusti e sostenibili gli equilibri del mondo.

 

 

L’impegno come cittadini

 

Intendiamo caratterizzare il nostro impegno nell’azione educativa, nella testimonianza e nella partecipazione. La prima si sviluppa a partire dalle nostre organizzazioni, anche coinvolgendo centri culturali di eccellenza, in attività di studio e formazione continuare a creare sia al nostro interno, sia mettendole a disposizione di tutti gli uomini e delle loro organizzazioni.  Riteniamo che se il ruolo della politica è quello di indirizzare e gestire il cambiamento, il ruolo della cultura è quello di offrire gli strumenti per orientarne la direzione. Daremo vita in questi anni a momenti e attività comuni per conseguire questo obiettivo.

Intendiamo mettere in atto, personalmente e comunitariamente comportamenti e azioni coerenti alla domanda di vita dignitosa per tutti. Il nostro essere operatori di pace e di giustizia non deve limitarsi alla constatazione dell’ingiustizia, alla ricerca e alla denuncia, ma deve spingersi alla proposta e alla attuazione di nuovi stili di vita, che permettano coerenza e diano forza alla domanda di riforma delle regole. 

Ci proponiamo quindi di sviluppare e diffondere i comportamenti che stanno sempre più caratterizzando la vita delle nostre organizzazioni: il consumo e il risparmio responsabile, gli esempi di imprenditoria e cooperazione sociale, il commercio equo e solidale, le attività di cooperazione allo sviluppo, la finanza etica, le attività di promozione umana in ambito lavorativo, l’azione educativa, l’orientamento e l’animazione sociale.  Non si tratta di attività di nicchia per soddisfare sentimentalismi ingenui, ma di esempi concreti sempre più diffusi di partecipazione alla vita sociale e professionale.  In questo modo intendiamo coniugare la sostenibilità economica a quella sociale e ambientale. E’ possibile e il risultato è umanizzante.

In particolare riteniamo che la liberazione dalla povertà comincia da azioni spesso nate da condivisione cristiana, in cui uomini del nord e del sud del mondo camminano insieme senza colonialismi o assistenzialismi in un percorso educativo.

Questi tentativi incentrati prevalentemente sull’azione delle ONG e ispirati sia alla sussidiarietà che genera opere di sviluppo, coinvolgendo i popoli del Sud del mondo, sia alla promozione di forme di governo democratico, sono l’unica strada allo sviluppo.

Rifiutiamo ogni fondamentalismo o ideologie quali il liberismo e il marxismo che hanno condotto l’uno ad un dominio incontrastato del mercato quale unica regola della convivenza sociale, l’altro alla violazione della libertà e dei diritti fondamentali delle persone e al disastro socio-economico. Non possiamo perciò tacere e dobbiamo denunciare che anche nel sud del mondo esistono regimi oppressivi che discriminano o sono violenti sul piano della libertà religiosa e dei diritti umani e si ispirano a modelli neocoloniali, integralisti e totalitari.

In questi anni la ricchezza del tessuto associativo, non solo cattolico, è stata risorsa preziosa per lo sviluppo, sia ieri nel nostro paese, sia oggi nei paesi più impoveriti. Intendiamo proseguire il nostro impegno perché la promozione umana, a partire da una scelta preferenziale per i poveri, sia caratterizzata dall’interazione fra sussidiarietà e solidarietà e diventi così patrimonio comune per creare un contesto in cui tutti membri della comunità abbiano l’opportunità di sviluppare i propri talenti.

 

 

 

La partecipazione

 

Per costruire la pace e la giustizia abbiamo bisogno di un sistema di regole che orientino i comportamenti della comunità e dei suoi membri verso la promozione dell’uomo.  E’ per questo che riteniamo essenziale la responsabilità delle istituzioni nazionali e internazionali, in diversi ambiti:

 

 

Tutela della Pace.

Occorre ridare ruolo alle Nazioni Unite. E’ urgente un processo credibile e autentico di riforma di questo organismo internazionale che ne rafforzi democrazia, autorevolezza ed efficacia, in particolare nella sua responsabilità di principale attore in favore della pace nel mondo. In questo quadro, sono da privilegiare gli approcci locali, valorizzando anche i contributi di mediazione non governativi, affrontando tutti i conflitti, anche quelli interni quando violano la libertà delle popolazioni. Altrettanto necessario è combattere autenticamente il commercio delle armi, adottando meccanismi di limitazione e controllo a partire dall’informazione su tutte le operazioni di vendita e acquisto. Nessuna copertura finanziaria pubblica deve essere data a chi produce e vende le armi.

 

Promozione della persona

Occorre che gli organismi nazionali e internazionali promuovano la collaborazione attiva e costante tra persone del nord e del sud del mondo, per favorire l’affronto congiunto dai problemi, la comunicazione interpersonale, il trasferimento di conoscenze, tecnologie e metodi di lavoro, sempre nel rispetto delle culture e della libertà dell’uomo assicurando ciò non solo a livello della governance politica o dell’economia, ma a tutti i livelli.

Debito e mercati finanziari.

Proseguire l’azione di cancellazione del debito dei paesi in via di sviluppo attraverso l’assunzione di parametri di sostenibilità più realistici, non legati al livello di esportazioni ma al fabbisogno di servizi essenziali della popolazione, e la creazione di un processo equo e trasparente di arbitrato. Per quanto riguarda l’Italia è necessario sottoscrivere nel più breve tempo possibile i singoli accordi bilaterali di cancellazione in modo da rispettare la scadenza triennale prevista dalla legge sul debito per le azioni di condono. Occorre ostacolare in ogni modo, anche attraverso forme di tassazione da studiare attentamente, le transazioni valutarie speculative al fine di concorrere alla regolamentazione del mercato finanziario internazionale e raccogliere risorse per il finanziamento dello sviluppo nonché giungere rapidamente al l’eliminazione dei paradisi fiscali e finanziari.

Riduzione della povertà e aiuto pubblico allo sviluppo. 

Favorire l’elaborazione e la realizzazione di programmi di lotta della povertà nei PVS coinvolgendo nella misura più ampia la società civile e garantendo a tutti i cittadini la soddisfazione dei bisogni fondamentali e in particolare l’accesso alla scuola e ai servizi sanitari. Occorre onorare l’impegno di finanziare l’aiuto allo sviluppo con lo 0,7% del PIL dei nostri paesi. Tuttora il nostro paese ha assunto solo l’impegno di arrivare entro il 2006 ad un massimo dello 0,39%, contando in questa cifra anche le somme di debito cancellate. E’ necessaria da parte del governo del nostro Paese coerenza morale e culturale sia nell’indicare la necessità di alcuni sacrifici per concorrere alla giustizia internazionale, sia nel promuovere una decisa inversione di tendenza nella quota del PIL da destinare agli aiuti allo sviluppo a cominciare dalla ormai prossima legge Finanziaria.

Commercio internazionale e agricoltura.

Va riconosciuto il diritto al cibo e alla sovranità alimentare insieme alla promozione di modelli di agricoltura sostenibile. Chiediamo che la commercializzazione dei prodotti agricoli non sia soggetta alle regole del WTO; occorre invece una politica antitrust globale che eviti la creazione di monopoli che aggirano le leggi nazionali, alterando i termini della competizione economica. Il primo passo in questa direzione è l’abrogazione delle barriere, anche indirette, all’ingresso sui nostri mercati dei prodotti provenienti dal sud del mondo e l’abolizione delle sovvenzioni alle esportazioni di prodotti agricoli verso gli stessi paesi.

 

Consumo e risparmio socialmente responsabile.

Sostenere anche fiscalmente, dando attuazione agli impegni più volte dichiarati, le iniziative della società civile orientate al consumo, al risparmio socialmente responsabile e alla gestione non-profit, promuovendo maggiore informazione e pressione verso il sistema delle imprese ma anche affrontando il necessario tema della certificazione delle diverse realtà operanti nel mondo dell’economia sociale e non-profit. Le organizzazioni non governative possono concorrere nella raccolta delle informazioni necessarie per valutare e certificare il grado di responsabilità sociale delle imprese. Sollecitiamo una legislazione che indirizzi le scelte di investimento finanziario del patrimonio delle fondazioni in modo da premiare i comportamenti delle imprese in prima linea nella tutela dell’ambiente e del lavoro. Ciò produrrebbe un impatto sulle scelte di responsabilità sociale degli altri operatori e si rafforzerebbe la tendenza già avviata, da parte del sistema industriale, ad aumentare il proprio operato etico per conquistare i risparmiatori socialmente responsabili.

Profitti e salute.

Vogliamo che sia modificato l’accordo internazionale (TRIPs) che regola i diritti di proprietà intellettuale. Riteniamo che il diritto alla salute delle popolazioni povere del Sud del mondo sia un valore ovviamente superiore a quello della massimizzazione dei profitti delle grandi industrie farmaceutiche.  Chiediamo che i paesi ricchi finanzino più intensamente la ricerca pubblica per lo sviluppo di farmaci nel campo delle pandemie quali l’AIDS, la malaria e la tubercolosi.  La loro diffusione, oltre a ridurre la vita media di intere popolazioni, vanificano le azioni di educazione e formazione, premessa di ogni sviluppo possibile. Chiediamo che vangano individuati gli strumenti per consentire alle popolazioni del Sud del mondo di accedere ai farmaci tutelati da brevetti, ad esempio promuovendo sia la produzione e distribuzione controllata di medicinali a prezzo di costo, sia creando fondi di compensazione per coprire la differenza tra prezzo pieno e prezzo accessibile. 

 

Ambiente e sviluppo sostenibile.

Nessuno può negare ad altre persone il diritto di usufruire e godere del creato. Chiediamo quindi regole comuni di tutela dell’ambiente. In particolare chiediamo che gli stati finanzino programmi nel Sud del mondo che permettano l’adozione in loco di adeguate normative ambientali. Chiediamo siano sviluppati programmi con regole e incentivi fiscali per favorire l’utilizzo di tecnologie non inquinanti. In particolare riteniamo urgente l’impegno di tutte le istituzioni pubbliche a garantire l’accesso universale all’acqua potabile. 

 

Governance globale.

Perché gli effetti della globalizzazione producano vantaggi condivisi da tutte le persone di tutte le nazioni in un’ottica di giustizia e redistribuzione, si rende necessario costituire un sistema internazionale che regoli tale processo ed individui meccanismi di governance effettiva ed efficace, che coinvolgano le organizzazioni delle società civili del Nord e del Sud del mondo. In questa direzione chiediamo che vengano avviati processi di riforma e di consolidamento delle Nazioni Unite, ad esempio con l’istituzione di un Consiglio di Sicurezza Economico e Sociale e con una riforma delle istituzioni finanziarie internazionali, al fine di garantire una partecipazione più equa dei Paesi in via di Sviluppo e delle società civili del Nord e del Sud nei loro processi decisionali.

 

Noi ci impegniamo a gettare ponti di incontro, di comprensione e di educazione vicendevole tra nord e sud del mondo: questo è il grande ideale per noi e per tutti. Un ideale che ci spinge a riproporre la bellezza e la necessità di autentiche vocazioni al volontariato internazionale; a sostenere quei giovani che vogliono impegnare la loro professionalità per opere di giustizia e di sviluppo; a incoraggiare chi vuole consacrare la propria vocazione religiosa ad un impegno missionario; a motivare noi tutti nel dedicare il meglio delle nostre energie per servire insieme la causa del Vangelo e la causa dell’uomo.

 

L’attesa, che l’umanità va coltivando tra tante ingiustizie e sofferenze, è quella di una nuova civiltà all’insegna della libertà e della pace. Ma per una simile impresa si richiede una nuova generazione di costruttori che, mossi non dalla paura o dalla violenza ma dall’urgenza di un autentico amore, sappiano porre pietra su pietra per edificare, nella città dell’uomo, la città di Dio.

A voi Dio affida il compito, difficile ma esaltante, di collaborare con Lui nell’edificazione della civiltà dell’amore.

Nella ricerca della giustizia, nella promozione della pace, nell'impegno di fratellanza e di solidarietà non siate secondi a nessuno!

 

Giovanni Paolo II  - Giornata Mondiale della Gioventù di Toronto,

Sabato 27 luglio 2002

 


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