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 Parole come pietre

Scargill e Cofferati


di Valerio Dalle Grave

IL prevalere delle  ambizioni personali può rendere sordi e ciechi ad ogni atteggiamento di buon senso e, in  certe occasioni, come quella riguardante il sindacato inglese, tale prevalenza può trasformarsi in tragedia per sé e anche per i lavoratori che si rappresentano.

E’ il caso, per esempio, del leader sindacale dei minatori inglesi Arthur Scargill, che oggi viene ricordato da qualche giornale italiano, perché è andato in pensione.

Scargill, a capo dei suoi 270 mila minatori (uno dei più potenti sindacati di categoria inglesi), nella prima metà degli anni ’80 commise alcuni errori fondamentali che gli costarono la sua emarginazione e la distruzione del suo (si fa per dire) sindacato (da 270 mila di ieri a poco più di 4 mila iscritti di oggi).

Uno degli errori fu quello di non capire che nessun sindacato è in grado di sconfiggere il progresso tecnologico; un’altro fu quello di rifiutare ogni intesa perchè si era messo in testa di voler abbattere un governo legittimamente eletto e sostituirlo con un non meglio precisato governo socialista. Un terzo errore, fu quello di avere sottovalutato la forza dei suoi avversari; uno ulteriore fu quello di avere dichiarato guerra al potere (quello economico e quello costituito), senza accertarsi di essere seguito da tutto il sindacato britannico. L’ultimo fu l’errore  di avere rifiutato un compromesso offerto dalle controparti; compromesso che sarebbe risultato una mezza vittoria, ma che avrebbe evitato la disfatta del suo sindacato e conseguentemente delle stesse Trade Union; le quali, dal 1985 in poi, sono precipitate in un costante ed inesorabile declino, arrestatosi solo con il ritorno al governo dei laburisti di Tony Blair e, attualmente, in difficile recupero di credibilità.  

Errori di quella natura, per un leader sindacale  sono una iattura, per se e soprattutto per i lavoratori che rappresenta.

La disfatta del sindacato inglese ha avuto riflessi negativi in tutto il mondo: negli

USA, attraverso la deregulations messa in campo dal presidente Reagan e, in seguito, dal ringalluzzimento di tutte le destre liberiste che stanno andando a governare i restanti stati europei (tra cui l’Italia), tentando di mettere in subordine il ruolo e i postulati dei sindacati dei medesimi Paesi (non a caso Berlusconi si è recato in Gran Bretagna a lezione dalla signora Thatcher).

 A posteriori, qualche organo di stampa, gli avversari e i critici, rimproverarono a Scargill di non aver fatto tesoro della sconfitta subita dai Luddisti circa due secoli prima (il luddismo era il movimento che si opponeva all’introduzione delle tecnologie meccaniche  nelle manifatture industriali inglesi) e di essere, ahimè, ricordato come l’uomo che ha messo in crisi uno dei più potenti sindacati europei.

Questa pagina nera del sindacalismo inglese ed europeo è storia passata ma non è detto che possa ripetersi in qualche altro luogo.

Cofferati della CGIL, per esempio, da spesso  l’impressione di comportarsi come Scargill.

 

Con i suoi “No” a ripetizione (ultimissimo quello dell’accordo sugli esuberi alla FIAT),  con il suo rifiuto al dialogo e alla trattativa offerti da  questo governo, che può non piacere , ma che è legittimato da un voto e da ampio consenso popolare, Cofferati da veramente l’impressione di non aver letto ne tratto lezione dalla  storia; di non aver capito fino in fondo qual’é il vero ruolo del sindacato in una società democratica e pluralista;  di non accorgersi del danno che sta provocando a lui stesso, alla sua (si fa per dire) Organizzazione e a tutto il sindacato confederale;  e, in ultima analisi, di essere inconsapevole del rischio che corre  di dover passare alla storia come colui che ha trascinato  in una profonda crisi, e indebolito come non mai, il movimento sindacale italiano, esposto in questo momento, anche agli attacchi del neoterrorismo.

IL dramma sofferto dal sindacato inglese (che pure è partner nella CES), le pesanti sconfitte politico – sindacali subite dalla CGIL a partire dal 1948 e, con vari episodi,  fino al 1993  (sconfitte sindacali in seguito recuperate e assorbite grazie al sincero spirito unitario presente in tanti iscritti alla CGIL e sicuramente in tutta la CISL e in gran parte dalla UIL), pare proprio che non abbiano insegnato nulla a questo gruppo dirigente che insiste con pervicacia sulle sue posizioni antagoniste e isolazioniste.

Meraviglia non poco, anche la pedissequa ottusità con cui dal centro alla periferia, ci siano dirigenti della CGIL che non avendo argomentazioni  credibili da offrire a giustificazione delle posizioni assunte dalla loro Confederazione, non trovino di meglio che ricorrere costantemente alla denigrazione, alle offese e agli insulti dei loro colleghi della CISL e della UIL.

Si, perchè imputare alla CISL e alla UIL di essersi alleate col governo, oltre che un falso ideologico è un pesante insulto; e accusare la CISL e UIL di avere tradito i lavoratori è una offesa tra le più pesanti che si possano immaginare.

E’ utile anche rammentare a quei baldi diffusori di sproloqui che lavare quest’onta, purtroppo e questa volta,  non sarà cosa tanto facile, perché quando si usano le parole come pietre, queste lasciano ferite  non facili da rimarginare.

 

Valerio Dalle Grave
agosto 2002

vdalleg@tin.it


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