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Gesù Bambino proibito a scuola

I canti tradizionali vietati in un asilo di Biella

BIELLA La mamma, «talebana del Cristianesimo» è stata subito definita, protesta energicamente: le maestre dell´asilo comunale hanno deciso di non far intonare i tradizionali canti di Natale, per non urtare la sensibilità di tre bambini, figli di musulmani e di alcuni altri i cui genitori si professano non religiosi. E subito, a Biella, scoppia un caso politico. Un consigliere comunale di Forza Italia propone di discuterne in aula. Il sindaco ulivista, Gianluca Susta, critica la decisione di maestre e rappresentanti dei genitori: «È frutto di un malinteso pluralismo». Il gruppo di An propone di invitare una scolaresca a cantare «Tu scendi dalle stelle» e «Astro del ciel» nella sala del Consiglio.
Tutto è nato dalla protesta di quella madre, esponente di An nel consiglio di quartiere. La donna ha denunciato come nella scuola materna comunale, frequentata dalla figlia, il Natale si festeggiasse senza i canti religiosi della tradizione. «Per giorni siamo state subissate di telefonate minacciose e insulti - raccontano le maestre - e solo dopo un po´ di tempo abbiamo trovato la forza di reagire, di far parlare i fatti. Perché alcune di noi sono anche catechiste e figuriamoci se mai ci sogneremmo di festeggiare il Natale in maniera diversa. però questa è una scuola laica».
Durante una burrascosa assemblea, presenti i genitori dei 53 bambini che frequentano l´asilo, le insegnanti hanno mostrato i filmati delle feste del `99 e del 2000: i bambini cantavano sotto una grande stella cometa «E´ Natale in tutto il mondo, nella pace del Signore» e ancora «Din, don, dan oggi è nato il buon Gesù». Insomma, non c´erano «Astro del ciel» e «Tu scendi dalle stelle», ma i richiami alla Natività c´erano seppure non così eclatanti, e in mezzo ad altre iniziative di socializzazione (degustazione di prodotti gastronomici tipici, scenette). Alcuni genitori sono rimasti della loro idea, sull´opportunità di festeggiare il Natale in un solo modo: quello della tradizione cristiana. E hanno scatenato le ire della maggioranza degli altri genitori, solidali con l´operato delle maestre, che «hanno insegnato ai nostri bambini i principi della tolleranza, della fratellanza e della pace», come scrivono in una lettera. E aggiungono: «Noi siamo solidali con le maestre anche come cattolici, perchè riteniamo che canti come "Astro del ciel" e "Tu scendi dalle stelle" abbiano un profondo senso cristiano e sarebbe ingiusto intonarli scevri di qualsiasi significato. Il Natale non è fatto solamente di tradizioni o consumismo, i bambini cattolici potranno coglierne il vero significato durante l´ora di religione». Anche Vittorio Messori, scrittore cattolico e studioso delle religioni, è sintetico: «Come cattolico non mi sento indignato, dico però che la situazione è più complessa di quanto si pensi e, in particolare, non c´è reciprocità. I musulmani non consentono le stesse cose. Noi qui costruiamo le moschee, non sequestriamo il Corano, non impediamo la pratica del culto e nessuno di noi si sogna di farlo. Adesso istituiamo anche la giornata di vacanza scolastica perchè inizia il Ramadan, o togliamo il Crocifisso per rispetto del musulmano,oppure non cantiamo i nostri canti di tradizione. Di fronte a questi fatti, il primo istinto sarebbe quello di scandalizzarci e di chiedere più reciprocità». In realtà si deve invece considerare un aspetto molto importante: «Questa nostra tolleranza è il segno della nostra grandezza. Sono loro che hanno paura e sequestrano quindi la Bibbia, dando dimostrazione di essere affetti da un complesso di inferiorità. La tolleranza è una delle ricchezze dell´Occidente, che l´ha inventata».
Ma a Biella la polemica non si spegne, i n una lettera i presidenti dei due quartieri di Biella criticano la decisione: «Cultura, storia e tradizioni dovrebbero comunque essere insegnati ai nostri figli, qualsiasi sia la provenienza e l ´ ideologia religiosa; saranno poi loro, raggiunta l ´ età della ragione, a decidere quale strada seguire». La lettera si chiude con una provocazione: «Un suggerimento a chi nel Natale tradizionale, e quindi religioso, non crede , il 25 dicembre non stia a casa a festeggiare, ma vada a lavorare come in una giornata qualsiasi e mediti».
Maurizio Alfisi
IL CARDINALE TOMKO: TROPPI I CASI, ORA BISOGNA INTERROGARSI SERIAMENTE SU COSA SUCCEDE NELLE SCUOLE ITALIANE
 
da La Stampa 15 Novembre 2001
 
 
 

«Per i diritti di pochi, si penalizza la maggioranza»

«Travisato il concetto di tolleranza, un misterioso zelo colpisce le nostre tradizioni»


ROMA SONO incomprensibili le ragioni di tanto zelo. Fingendo di tutelare i diritti di pochi, si finisce per penalizzare la maggioranza, negando radici profonde come quelle religiose». Il cardinale Josef Tomko, uno dei porporati più vicini a Giovanni Paolo II, collega la vicenda dei «cori natalizi negati» al travisamento del concetto di tolleranza, inteso erroneamente come rimozione della tradizione.

Dopo le proteste islamiche per il crocifisso nelle aule e gli istituti chiusi per il Ramadan, suscita polemiche il no ai canti di Natale negli asili... «Occorre interrogarsi su quanto sta accadendo nelle scuole italiane. Mi chiedo con preoccupazione quali obiettivi si nascondano dietro la sistematica messa in discussione di tutto ciò che riguarda la fede. Cosa autorizza le maestre di Biella a pensare che i loro allievi vivano tutti, nelle loro famiglie, senza educazione religiosa? Si parla sempre astrattamente di difesa dei diritti soggettivi, si fanno cortei e battaglie sistematiche per qualsiasi causa. Solo dai credenti è pretesto il silenzio allorché vengono recisi secolari legami con ciò che vi è di più prezioso. Il senso del sacro che si cela in un coro natalizio non può essere spazzato via da burocratici appelli ad una generica equidistanza, come se la fede fosse questione di timbri e marche da bollo; qualcosa, insomma, la cui libera espressione va negoziata e concordata per renderla compatibile con le nuove, presunte regole della società laicizzata e politicamente corretta». Lo ritiene un diritto negato? «Sì, ma non è solo questo. E´ pure un tentativo di mettere tutto sullo stesso piano. Indistintamente. Mi hanno raccontato, per esempio, di una scuola statale nella quale, per la presenza in classe di un ateo, è stato soppresso ogni riferimento alla religione. Dietro la facciata di una tollerante apertura all´altro, emerge una pericolosa forma di discriminazione. Con il pretesto di tutelare i pochi, si pongono limiti alla libertà dei molti. Molti aspetti della nostra vita associata che fino a poco tempo fa ritenevamo assodati e intangibili, sono finiti nel mirino di chi persegue la scristianizzazione. Persino un´antica e dolce usanza come quella di far cantare ai bambini delle scuole materne gli inni natalizi è diventato oggetto di controversie, ovvero un diritto da rivendicare. E ciò crea ulteriori incomprensioni come se l´opportunità di restare legati al proprio humus spirituale e culturale non fosse anch´essa una prerogativa da garantire». Cosa la preoccupa maggiormente in questa storia ? «Il misterioso zelo di cui si dà prova nel colpire le nostre più intime e care tradizioni. Qualcuno, evidentemente, lavora per formare nuove generazioni prive di radici religiose. La prospettiva è inquietante. Viene in mente l´apprendista stregone e i nefasti risultati dei suoi scriteriati esperimenti. Come valutare altrimenti la cancellazione del Natale, sostituito in un comune lombardo da una neo-festività multiculturale ?
E´ giusto protestare per difendere le proprie tradizioni? «La maggioranza silenziosa dei credenti si trova a fronteggiare, con sofferenza e stupore, un assalto senza precedenti alla quotidianità della fede. Bisogna guardarsi dalla minaccia di una società senza legami con la propria storia, ancorata esclusivamente alla superficialità di gesti vuoti e di proclami pseudo-tolleranti. In base a facili preconcetti, si ritiene compiuto il definitivo allontanamento della maggioranza degli italiani dalla fede e dalla spiritualità cristiana. In realtà i fedeli hanno radici solide e, con la loro capacità di leggere i segni dei tempi, sapranno ricondurre nel giusto ambito simili velleità. I cori natalizi avranno la meglio sui loro censori».
 
 
da La Stampa 15 Novembre 2001
 
 

Malintese attenzioni

15 novembre 2001

di Leonardo Zega

La pagina che la «Stampa» ha dedicato al difficile inserimento dei figli degli immigrati musulmani nelle nostre scuole e alcune segnalazioni recenti, dalle lezioni sospese per il Ramadan a Ceva allo scontro di Biella sugli inni di Natale, sollecitano qualche riflessione.

Nessuno si augura che questi casi isolati divengano un casus belli nazionale, per mancanza di direttive chiare in un ambito di estrema delicatezza per un paese che, piaccia o non piaccia, sarà sempre più multirazziale, multietnico e religiosamente pluriforme. E non si tratta soltanto di neutralizzare i seminatori di discordia in attività permanente sui due fronti; c’è anche il rischio di malintesi involontari, che fanno però il gioco dei fanatici. Buone le intenzioni, pessimi i risultati. La radice del male è sempre la stessa: l’ignoranza che genera la paura.

Chi sa, ad esempio, che ogni anno, in occasione del Ramadan, la Santa Sede invia ai massimi responsabili dell’Islam una lettera molto amichevole per sottolineare l’alto valore spirituale di questo loro «tempo sacro»? Non ci sono alternative alla fatica di conoscere e conoscersi, e le difficoltà nei rapporti reciproci sono l’altra faccia del rifiuto pregiudiziale di chi è diverso da noi. Come rimediare?

Elena Loewenthal, sempre sulla «Stampa», ha proposto di trasformare l’ora di religione in «ora delle religioni», una sorta di rassegna ragionata delle «fedi» con cui gli alunni si troveranno a contatto. Non per perdere la propria identità, ma per confrontarsi serenamente con le convinzioni degli altri e apprenderne il rispetto. La Loewenthal non è la prima né l’unica ad avanzare questa ipotesi e persino il Sir , organo della Conferenza episcopale italiana, ha trovato «apprezzabile» il suggerimento. Ma qui casca l’asino.

Nell’esercito dei ventimila insegnanti di religione, che stanno per ottenere il giusto riconoscimento della pari dignità professionale, quanti sono disposti e preparati ad assumersi il ruolo di guide in questo cammino di conoscenza, culturalmente, socialmente e religiosamente indispensabile? E se non lo sono, che cosa stanno facendo le autorità ecclesiastiche, che pur hanno diritto di scelta e di delega, per adeguare ai bisogni dei tempi la loro preparazione?

Dopo tutto, l’ora di religione non è una lezione di catechismo e l’insegnamento della religione cattolica non teme, anzi presume, il rispettoso confronto con altre espressioni di fede.

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