In
cammino per la pace
Lettera
aperta della Tavola della pace ai partecipanti
alla
Marcia per la pace Perugia-Assisi del 14 ottobre 2001
Care
amiche e cari amici, vi scriviamo innanzitutto per
ringraziarvi. Grazie per essere venuti alla Marcia. Grazie per
essere venuti in tanti e per averla trasformata nella più
grande manifestazione di pace del mondo, avvenuta dopo l’11
settembre. Nessuno può ancora dire con certezza quanti
eravamo: nessuno è riuscito a dire che c’erano meno di
duecentomila persone; secondo noi eravamo più di
trecentomila, molti di più. Ma non è importante. Siamo stati
in tanti: abbastanza da impedire che, com’è successo in
passato, i grandi mezzi di comunicazione e “la politica”
ignorassero l’avvenimento.
Ci
siamo stati e ci siamo: venticinque chilometri di gente.
Moltissimi giovani e giovanissime ragazze e ragazzi, ma anche
intere famiglie, donne, uomini e anziani di varie generazioni.
Moltissimi Sindaci e Presidenti, assessori e consiglieri che,
insieme, ai loro gonfaloni, hanno dato un volto all’Italia
di tanti Comuni, Province e Regioni impegnati sulla strada
della pace. Bella gente che ha saputo creare e condividere una
straordinaria giornata di festa e d’impegno politico,
vissuta all’insegna della costruzione della pace e della
solidarietà con le vittime del terrorismo, di tutti i
terrorismi e di tutte le guerre. Gente educata -ci hanno detto
alcuni commercianti- ma soprattutto persone consapevoli della
gravità della situazione che stiamo vivendo, della necessità
di costruire un argine ai venti di odio e di guerra che
soffiano nel mondo, delle responsabilità dell’Italia e
dell’Europa, di ciò che anche ciascuno di noi può e deve
fare. Persone rispettose e amanti delle differenze, al punto
da persuadere anche coloro che pensavano di partecipare
raggruppandosi o isolandosi.
La Marcia per la
pace Perugia-Assisi è stata un successo per molte ragioni:
perché ha parlato chiaro e forte contro il terrorismo ma
anche contro la guerra e i rischi che si trascina, perché ha
saputo rinnovare lo spirito di Capitini e di S. Francesco,
perché ha fatto incontrare coloro che sulle manifestazioni di
Genova si erano divisi, perchè ha unito ciò la guerra aveva
diviso, senza fare mistero delle diversità esistenti sulla
risposta da dare al terrorismo e valorizzando l’ampia base
comune di tutti i partecipanti. Avevano descritto (e qualcuno
ha persino tentato di creare) uno scenario da guerra, il
“Genova bis”, lo scempio di Assisi, il rogo delle bandiere
americane, contestazioni violente, un clima di ansia e di
paura. Grazie a voi sono rimasti senza parole.
Senza parole sono
rimasti anche molti dei giornalisti che avrebbero dovuto
raccontare quella giornata e che invece hanno descritto
un’altra cosa. Se non fosse stato per la professionalità di
alcuni (in particolare, dei giornalisti di tante piccole
testate e di quelli che hanno curato la diretta televisiva del
TG3, TG1 e di La7) che hanno raccontato quello che hanno
visto, potremmo dire che giornali e TV hanno parlato della
marcia di dieci persone e hanno ignorato quella di altre
centinaia di migliaia. E’ uno scandalo che continua da
troppo tempo. Per
questo vogliamo reagire, oltre che con la denuncia, con un
gesto concreto. Invitiamo tutti a “raccontare in trenta
righe la sua marcia”. Ne faremo uno strumento di verità.
Vi chiediamo scusa
per i disagi e i sacrifici che molti di voi hanno dovuto
sopportare durante la giornata e al momento del rientro: la
non collaborazione del Sindaco di Assisi, la mancanza di fondi
adeguati (la Perugia-Assisi è, da sempre, una marcia povera)
e il gran numero dei partecipanti sono stati causa di problemi
che potevano essere evitati. Ne faremo tesoro per la prossima
volta.
Nel
frattempo la marcia continua. Dobbiamo prendere sul serio le
cose che ci siamo detti nella 4a Assemblea dell'Onu dei Popoli
e durante la Perugia-Assisi. Dobbiamo riflettere sui problemi
e i nodi che dobbiamo affrontare perché le nostre proposte
siano sempre più concrete e credibili (lotta al terrorismo,
guerra e scontro di civiltà, uso della forza, Onu, Europa,
globalizzazione dal basso,…), sulle nostre responsabilità,
sui nostri limiti e le nostre contraddizioni. Per questo vi
invitiamo sin d’ora a partecipare al Seminario nazionale
della Tavola della Pace che si svolgerà ad Assisi dal 14 al
16 dicembre 2001.
La società civile
ha una grande responsabilità e un grande ruolo da svolgere
per sradicare il terrorismo e per costruire la pace, per
sradicare la povertà e l’ingiustizia e per assicurare cibo,
acqua e lavoro per tutti, per sostituire la cultura della
guerra e dell’indifferenza con la cultura della pace e della
democrazia. Ce lo ha scritto anche il Presidente della
Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi: “E’ indispensabile
riscoprire e diffondere la cultura della cooperazione e della
solidarietà in modo da potenziare il sistema di istituzioni
mondiali e renderlo capace di soddisfare pienamente la domanda
di governo, di sviluppo, di giustizia sociale, di sicurezza e
di pace”.
Nell’appello
di convocazione della Perugia-Assisi e nel documento
conclusivo dell’Assemblea dell'Onu dei Popoli sono contenute
molte delle cose che dobbiamo fare insieme. Tra tutte resta
ancora oggi in primo piano la lotta al terrorismo, alla guerra
e al crescente disordine internazionale.
Stanno
accadendo delle cose terribili e ciascuno di noi è carico più
di domande che di risposte certe. Nelle scorse settimane,
attraversati da poche certezze e da molti dubbi, ci siamo
divisi tra coloro che ritenevano l’intervento armato un
mezzo sbagliato e chi lo riteneva inevitabile. Oggi noi tutti
siamo chiamati a fare i conti con i fatti e l’evoluzione
reale della situazione, con gli effetti reali dei
bombardamenti, con il rischio di un ulteriore allargamento del
conflitto, con la destabilizzazione del mondo musulmano in
corso e con gli altri numerosi problemi evidenziati.
Alcuni
fatti appaiono ogni giorno più chiari. Primo: il terrorismo
è una minaccia contro l’umanità e contro le prospettive di
miglioramento del mondo in cui viviamo, contro la società
civile e tutti coloro che si battono per la globalizzazione
dei diritti umani e della democrazia, contro l’occidente ma
anche contro l’Islam e il dialogo interreligioso. Nessuno si
può permettere di sottovalutare il problema o circoscrivere
il fenomeno. Secondo: la guerra in corso sembra non risolvere
ma aggravare il problema. Nessuno sa quanti terroristi siano
stati ammazzati dal 7 ottobre e quanti giorni, mesi o anni di
guerra saranno necessari per colpirli tutti, se mai ci
riusciranno. Certo è che da allora, ogni giorno si contano più
vittime innocenti colpite “per errore” o ammazzate dalla
fame, dal freddo e dalle malattie, più profughi, più
rifugiati, più disperati,…. Terzo: come non riflettere sul
fatto che per la gran parte dei musulmani questa guerra non è
diretta contro il terrorismo ma contro la loro religione?
Com’è possibile ignorare l’odio e la voglia di vendetta
che si sta diffondendo nel mondo arabo e musulmano? Dove ci
porterà questa spirale? Le incognite sono enormi. I rischi
ancora di più. Gli strateghi brancolano nel buio. Perché
continuare su questa strada? Il terrorismo è un fenomeno
transnazionale che richiede risposte transnazionali. Se la
risposta è la guerra, siamo davvero convinti che si possa
andare a fare (e sperare di vincere) la guerra in tutto il
mondo?
Per
questo rinnoviamo a tutti l’appello a fare quanto possibile
per ottenere la sospensione e la fine dei bombardamenti e
scongiurare l’annunciata catastrofe umanitaria e una
estensione della guerra ad altri paesi. Ci sono molte azioni
positive che si possono e si debbono fare ma che i governi non
stanno ancora facendo. Eccone alcune tra le più urgenti.
Primo: portare
massicci aiuti alla popolazione civile dell’Afganistan,
aiutarla a riprendere in mano il proprio futuro senza che
ancora una volta siano altri a decidere la sua sorte, esigere
che il futuro governo provvisorio dell’Afganistan si impegni
a rispettare i diritti umani anche con la partecipazione di
una donna incaricata di promuovere il riconoscimento dei
diritti delle donne.
Secondo:
intervenire subito in Medio Oriente non con i deboli auspici
di questi giorni ma con fatti concreti in grado di imporre
l’immediato rispetto degli accordi di Oslo e delle
risoluzioni delle Nazioni Unite e la fine delle azioni
terroristiche. Gli Stati Uniti e l’Europa hanno gli
strumenti per intervenire. Lasciare che il governo di Sharon
continui nell’impunità la strage dei palestinesi cui
assistiamo quotidianamente mina alle radici la credibilità
dell’Occidente e impedisce il rapido sviluppo della lotta al
terrorismo nel mondo arabo.
Terzo:
dare all’Onu tutte le risorse e i mezzi necessari per
individuare i responsabili e i complici degli attentati
terroristici assicurandoli alla giustizia, isolando i loro
sostenitori, proseguendo lungo la strada tracciata dalle
risoluzioni approvate sin dal 12 settembre. La riforma e la
democratizzazione dell’Onu non possono più attendere: per
mettere un freno al crescente disordine mondiale, per
coinvolgere nelle decisioni politiche chi si sente escluso,
per costruire un mondo migliore, più sicuro, più giusto e più
democratico per tutti.
Quarto:
fare ogni sforzo per sollecitare la ratifica e
l’insediamento immediato della Corte Penale Internazionale
cui spetta il compito di perseguire tutti i crimini contro
l’umanità.
Quinto:
combattere ogni politica e atteggiamento tesi a contrapporre
l’Occidente e l’Islam e a prefigurare uno scontro di
civiltà e di religioni promuovendo, sin dalle nostre comunità,
l’incontro e il dialogo.
Sesto:
rilanciare la cooperazione internazionale a tutti i livelli,
rendendo più efficace quella del nostro paese attraverso
l’aumento delle risorse e la riforma della legge,
mediante l'adozione di coerenti politiche locali,
nazionali e sovranazionali che coinvolgano e puntino al
rafforzamento della società civile e degli enti locali, per
sradicare la povertà e promuovere il pieno rispetto dei
diritti umani.
Facciamo in modo che di tutto questo si parli e si riparli
nelle nostre scuole (anche aderendo al progetto “La mia
scuola per la pace”), nelle piazze e nei luoghi
d’incontro. Facciamo in modo che questi obiettivi urgenti
siano discussi e rilanciati nei consigli comunali,
provinciali, regionali e in Parlamento. Invitiamo tutti a
celebrare insieme il prossimo 10 dicembre, 53° anniversario
della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani: una grande
giornata di solidarietà con tutte le vittime del terrorismo e
della guerra, del cinismo e dell’indifferenza. Una
“Giornata nazionale d'azione
per i diritti umani" per denunciare tutte le violazioni
dei diritti umani che continuano ad essere ignorate nel mondo
e per promuovere nuove iniziative di solidarietà. Una
giornata per ricordare a tutti, cittadini e istituzioni,
governi e parlamenti, che il rispetto dei diritti umani è il
fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel
mondo. Ancora una volta, ripetiamo con Aldo Capitini: “a
ognuno di fare qualcosa”.
Il
Comitato direttivo della Tavola della pace
Perugia,
30 ottobre 2001