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Consapevoli del fatto, fin troppo documentato, che l'ostentazione di sicurezze crea orgoglio, presunzione e morti, ci siamo chiesti, nel contesto dell'attuale conflitto in Afghanistan, quale fosse la nostra posizione alternativa possibile. Non per il gusto di aggiungere parole alle tante già dette, quanto piuttosto perchè ci pare di assistere ad un dramma di portata storica, al quale non possono rimanere indifferenti coloro che, più per grazia che per merito, si definiscono cristiani. Ne è scaturita una riflessione che affidiamo alla rete, sperando di contribuire un minimo al diffondersi di una cultura della pace e del rispetto umano. Un modo di pensare, di agire, di decidere che a nostro parere deve imporsi con ottimismo e pazienza, mettendo in crisi tutte quelle certezze, o meglio rigidità, che si basano su abitudini, modi di dire, vantaggi locali, soprattutto quei fondamentalismi che ancora una volta stanno provocando sofferenza e distruzione. Il fondamentalismo religioso da una parte e quello economico dall'altra. In quanto cattolici ci appelliamo soprattutto alla Chiesa Cattolica affinché lei per prima, fedele alla sua vocazione, si faccia portavoce di questa cultura, ma parlando di "cultura" ci interessa una diffusione ampia di alcuni valori fondamentali, e per questo, rifacendoci allo spirito costruttivo di don Milani, vorremmo costruire qualcosa di veramente nuovo anche insieme a chi crede cose diverse dalle nostre, e a chi in modo aconfessionale regge le sorti dei paesi, perchè in gioco c'è una questione di vitale importanza che deve coinvolgere il maggior numero di persone: il bene comune. Le torri gemelle di Manhattan non hanno semplicemente spazzato via quasi quattromila innocenti, con il loro crollo hanno fatto tremare il mondo intero. Forte è la tentazione di reagire con rabbia, punire, fare altrettanto male al colpevole quanto lui ne ha fatto con alcuni aerei di linea. Ci siamo chiesti onestamente se parleremmo ancora di pace e non violenza se sotto la coltre biancastra delle torri cadute ci fosse stato anche un nostro caro parente. Forte è pure la tentazione di negare, non volerne sapere nulla, voltare canale, dire "non mi riguarda". E' invece importante cercare pazientemente una terza via, pur correndo il pericolo di dire cose già dette, o di essere giudicati troppo di destra o troppo di sinistra. Una terza via possibile per il musulmano, per l'americano che si ritrova un lutto in casa, e l'uomo di tutto il pianeta che assiste alla caduta di un'epoca attraverso immagini televisive incredibili. Come cristiani ci sentiamo chiamati a capire le ragioni del conflitto e a proporre, come terza via, la via del vangelo. Gesù subisce violenza nel vangelo quando viene arrestato dalle guardie romane nell'orto degli ulivi, ma anche in quell'occasione, come nei suoi insegnamenti ripudia l'uso della violenza "Rimetti la spada nel fodero, - dice al discepolo che voleva difenderlo - perchè tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada" Matteo 26,52 Gesù usa metodi violenti solo nel Tempio, e solo contro le cose: "entrò nel Tempio e scacciò tutti quelli che vi trovò a comprare e a vendere; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe e disse loro: la scrittura dice la mia casa sarà chiamata casa di preghiera, ma voi ne fate una spelonca di ladri" Matteo 21, 12-13. Sembra che perfino Gesù perda il controllo di fronte alla mercificazione delle cose sacre. Per il resto egli rifiuta categoricamente l'uso della forza, e certo non si può eludere il confronto con tutto l'insegnamento raccolto nel capitolo 5 di Matteo, dove egli delinea con esempi molto concreti il comportamento dell'uomo nuovo Beati gli operatori di pace, perchè saranno chiamati figli di Dio. - 5,9 Il criterio ultimo, infine, per riconoscere un cristiano a colpo d'occhio, lo offre la famosa regola d'oro
La Chiesa Cattolica non è certo rimasta indifferente di fronte all'evolversi dell' attuale contesto, ciononostante ci pare titubante, molto prudente ed un tantino vaga nelle sue parole di pace. Al suo interno tante correnti si stanno muovendo, spesso in contraddizione le une con le altre, ma i responsabili in lei preposti, anzichè cogliere in esse un fatto nuovo ed interessante, sembrano voler sedare i tumulti proponendo il silenzio, la preghiera, il digiuno. Tutti ormai siamo concordi con l'insegnamento del Papa secondo il quale non vi può essere pace senza giustizia. Ma uno slogan non risolve i conflitti e non cambia le menti. Occorre intendersi sui termini di "giustizia". Assistiamo spesso all'imposizione di una "giustizia" su uomini che ne vogliono un'altra. Il Dio cristiano attraverso Gesù compie una trasformazione essenziale. Da "Dio giusto" diventa "Dio giustificatore", un Dio cioè che rende giusti gli uomini. "Egli manifesta la sua giustizia nel tempo presente, per essere giusto e giustificare chi ha fede in Gesù" Romani 1,26. Chi vuole scavalcare, però, la giustizia stessa di Dio, ritenendo di sapere in modo assoluto cosa è bene e cosa è male almeno quanto Lui, rimane intrappolato nel proprio orgoglio. Viene giustificato invece, reso giusto, chi lascia che Dio si faccia come lui. La sua preghiera è accolta. Dopo aver raccontato la preghiera del fariseo e quella del pubblicano Gesù conclude "Io vi dico: questi - il pubblicano - tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro, - il fariseo - perchè chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato" Luca 18, 9-14. Per questo è di importanza primaria lo sforzo di tutti di detronizzare ogni uomo o governo che si ponga sopra le parti e considerare un mondo giusto non quello che lo diventa con la forza, ma quello in cui ogni uomo diventa giusto. Per continuare su questo cammino auspichiamo soprattutto per la Chiesa Cattolica alcune scelte urgenti: E' il momento in cui essa deve chiaramente votare per il dialogo. Ciò significa, oltre a ciò che già sta facendo, guardarsi onestamente dentro, giudicare la storia degli ultimi cento anni con obbiettività, significa ascoltare le ragioni dell'altro e soprattutto essere disposti a mettere in discussione alcune delle proprie scelte. Dialogo significa essere disposti ad un nuovo assetto mondiale, ad alleanze basate su criteri diversi. Dialogo infine è il superamento del semplicistico e sordo "noi e voi", "buoni e cattivi", "bianchi e neri", "meritevoli e non meritevoli" perchè grano e zizzania saranno intrecciati insieme finchè uomo ci sarà, in ogni popolo, cultura, e singola persona. E' giunto il tempo del dubbio. Tempo di domande da fare a sè stessi e da fare all'uomo contemporaneo. Dubbio sull'utilità di certe manifestazioni oceaniche di giovani radunati al richiamo del pontefice. Dubbio su un cattolicesimo improntato sul proselitismo, sull'immagine, sulle strutture, sulla gerarchia. Dubbio su un'immagine di dio che discredita e rifiuta tutto ciò che non rientra nei suoi canoni, e nelle proprie pratiche rituali; questo in fondo sta alla base del fondamentalismo religioso, la convinzione di essere migliori degli altri per volontà di dio. E' giunto il tempo della denuncia. Esprimere una netta rottura con quel modo di agire secondo il quale un pò di morti innocenti varranno pure la soddisfazione di giungere in breve al trionfo della libertà! La Chiesa che tanto lotta per sottolineare il valore della vita fino a non temere di proibire l'aborto terapeutico, la fecondazione in vitro, la clonazione, e perfino l'uso degli anticoncezionali, perchè tace di fronte alle bombe americane? Perchè non annuncia ora, in questo momento storico, quelle pagine del vangelo che parlano di porgere l'altra guancia, che dicono di non fare all'altro ciò che non vuoi sia fatto a te, o addirittura di amare il nemico? Facile leggerle in tempo di pace, ma è ora che vanno gridate! Alex Zonatelli ha detto qualche mese fa: "Oggi la religione è talmente asservita al potere che non ha potere. Le Chiese non disturbano". La Chiesa può e deve denunciare ogni soluzione affrettata, ogni sterminio, ogni prepotente presa di posizione. Paolo VI profetizzò "(I Paesi ricchi) ostinandosi nella loro avarizia, non potranno che suscitare il giudizio di Dio e la collera dei poveri, con conseguenze imprevedibili" (Lettera Enciclica Populorum Progressio, 49). Il mondo giovanile cattolico, e non solo, sta mostrando segni di interesse, di coinvolgimento. Il "popolo di Seattle" che i mass media mostrano come un gruppo di fanatici violenti che scassano tutto, è la speranza del futuro. Esso, pur nella grande confusione delle mille appartenenze e dell'entusiasmo giovanile, esprime quella voce "dal basso" che non udivamo più da tanto tempo, con grande gioia dei potenti e delle multinazionali a loro legate. Questo popolo ha chiesto trasparenza, principi morali, responsabilità verso i poveri e verso l'ambiente. Essi a ragione possono essere considerati l'inizio di quel dialogo, quel dubbio, quella denuncia, di cui si parlava prima e che gli attentati in America hanno reso ancor più urgenti. Purtroppo constatiamo che non c'è dialogo, nè dubbio, nè denuncia nei principali responsabili della Chiesa. Mentregruppi ecclesiali, sacerdoti, singoli vescovi o anche conferenze episcopali come quella asiatica o quella dell'America Latina, si stanno esponendo ripudiando con nettezza l'uso delle armi, dobbiamo constatare che nelle parole di Camillo Ruini, il cardinale presidente della CEI, in modo sprezzante si giudica come "pseudo moralismo" il tentativo di molti, di andare alla radice del presente conflitto "... occorre smascherare e superare - anzitutto a livello etico e culturale - quello pseudo-moralismo, presente purtroppo anche nei nostri Paesi e perfino tra i cristiani, che tende a vedere negli Stati Uniti la causa e la sintesi dei mali del mondo, ravvisando in essi la massima espressione di una civiltà e di uno sviluppo che sarebbero intrinsecamente e irrimediabilmente mendaci e malvagi. Non è questa la via per comprendere la realtà nella quale viviamo e non è questo l’atteggiamento che può aiutare a costruire tra i popoli la conoscenza reciproca, l’accoglienza e la pace". Qual è allora l'atteggiamento giusto? Quello di stare sempre con i più potenti? Quello di distinguere tra morti di serie A e morti di serie B? Quello della vendetta? Tutto questo il mondo lo sa già fare anche senza l'appoggio della Chiesa Cattolica. Beppe Grillo ha detto che "sono secoli che, quando un sistema non funziona, la colpa diventa subito di chi lo critica". Qui non si tratta di assumere un atteggiamento pregiudizievole nei confronti degli americani, (non è vero che essi sono sempre buoni e bravi, come non è altrettanto vero che sono sempre brutti e cattivi), quanto piuttosto di imparare a rifiutare categoricamente e sempre, l'uso della violenza per superare i conflitti o per fare giustizia. E' appunto la giustizia che debella la violenza, e non la violenza stessa che può diffondere la giustizia. Non si promuove dialogo se non si mettono in discussione i pilastri dell'attuale equilibrio mondiale, ma invece ecco come il cardinale presidente della CEI ha banalizzato le richieste giunte dal popolo no global ... sembrano opportune alcune brevi considerazioni. La prima riguarda il grande tema della solidarietà verso i popoli più poveri della terra: di fronte alle condizioni in cui vivono e muoiono milioni di persone, essa è una fondamentale esigenza etica, a cui devono corrispondere scelte economiche e politiche coerenti. Questa è anche, nel lungo periodo, la via per assicurare il benessere e la pace di tutti. Ciò non significa in alcun modo attribuire alle nazioni più ricche tutte le responsabilità del sottosviluppo e misconoscere le molte cause di esso - sociali e culturali, politiche, o di altro genere - che sono invece interne agli stessi Paesi più in difficoltà: resta fondamentale perciò l’opera di coloro, in primo luogo i missionari, che dedicano la propria vita allo sviluppo di questi Paesi, anzitutto mediante quel grande veicolo di promozione anche umana che è la predicazione del Vangelo. Forse "le cause interne" al terzo mondo sono i conflitti locali, tra piccole etnie, per il cardinale, ma le armi per quei conflitti gliele diamo noi, come pure l'indebitamento sempre maggiore. Inoltre non si capisce secondo quali principi "umanitari", diversi dal petrolio e altri interessi economici, si scelga di risolvere alcuni di questi conflitti e non altri. Queste posizioni assomigliano molto a quelle del Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che proprio nei giorni successivi agli attentati di New York e Washington, ha avuto la belle idea di dire: "Si è cercato di colpevolizzare l'Occidente come se fosse colpa sua la povertà di cui soffre ancora larga parte del mondo" poi ha aggiunto "noi dobbiamo essere consapevoli della superiorità della nostra civiltà che costituisce un sistema di valori e di principi che ha dato luogo al benessere e che garantisce il rispetto dei diritti umani e religiosi" "L'Occidente continuerà a conquistare e occidentalizzare i popoli. L'ha già fatto con il mondo comunista e l'ha fatto con i Paesi arabi moderati"; E' un parlare vecchio questo, che ha già fatto fin troppe vittime nella storia. Gli "altri" sono stati dall'occidente sfruttati, schiavizzati, venduti, indottrinati con la forza, e sempre in nome di una nostra presunta superiorità. Studi di antropologia culturale hanno mostrato con chiarezza che esistono sistemi culturali "altri" dal nostro che nel loro contesto si reggono bene, hanno una propria logica ed equilibrio interno che noi, dal di fuori difficilmente scorgiamo. Cosa penseranno della nostra superiorità quelle popolazioni "primitive" del sud del mondo che scoprono sulla loro testa l'allargarsi del buco dell'ozono causato dalle nostre fabbriche? Cosa penseranno quando vengono a sapere che l'occidente sta invecchiando e non fa più figli? Cosa penseranno di un "primo mondo" che interviene nel mondo intero con i suoi aerei per "civilizzare" un po’ qua e là, un po’ sì e un po’ no, diciamo dove gli fa comodo? Cosa penseranno di alcuni frutti della nostra storia chiamati Hitler o Stalin? E la chiesa poi, come sta nel confronto con le alte religioni? Come mai, nei suoi paesi tradizionali divampano maghi, cartomanti, new age, religioni orientali? Forse tutto questo risponde meglio alle domande dei suoi giovani? Il suo messaggio è passato di moda o è lei che non sa più raccontarlo? Come per gli USA la guerra è stata l'occasione per rinforzare la sua presenza nel Medio Oriente e incolpare il terrorismo della sua momentanea crisi economica, così pure la medesima guerra è stata l'occasione d'oro, per il governo italiano, per rifarsi il trucco dopo la figuraccia del G8 di Genova. Tutti quei giovani contro Berlusconi, andavano in qualche modo messi in minoranza, ridicolizzati, dichiarati "comunisti", e la guerra è il mezzo migliore per distruggere le loro proposte ed andare a braccetto con Bush. La guerra infatti distoglie l'attenzione dalle questioni ineludibili poste dal popolo di Seattle (fatto anche di numerose giovani componenti cattoliche). La guerra mostra il braccio forte degli "otto", dimostra coi fatti la loro capacità di fare il bello ed il brutto tempo su ogni parte del pianeta. Mentre in Europa si festeggia l'arrivo dell'euro come la soluzione di tanti problemi, l'America spende per questa guerra 1 miliardo di dollari al mese e l'Italia 100 miliardi di lire al mese. Non che l'entità della spesa possa aggiungere qualcosa all'iniquità della guerra, ma anche queste spese devono porre interrogativi. La chiesa non ha nulla da dire su come lo Stato sta usando i soldi pubblici? Una chiesa più essenziale e povera, senza le briglie dell'8 per mille, non potrebbe ora denunciare certi "investimenti" con maggior trasparenza e serenità interiore? Il cittadino poi, al quale viene chiesto di aiutare con un contributo i malati di aids, quelli di cancro, la missione arcobaleno, la caritas, il missionario del Burundi e perfino i pinguini della Groenlandia, cosa deve pensare di fronte a simili "atti di giustizia"? Indirettamente, con affermazioni come quelle riportate del Presidente del Consiglio non solo si presuppone la superiorità di una cultura, quella occidentale, sulle altre, ma in modo subdolo si dice che se i poveri sono poveri è colpa loro, e quindi non hanno alcuna ragione di compiere violenze nei confronti dei ricchi. Inoltre chi lancia tali "letture" della realtà, si auto-propone come unica soluzione dei problemi di tutto il pianeta. I G8 sembrano dire piuttosto esplicitamente, a quanto pare: "lasciate fare a noi, dateci carta bianca, non rallentate il nostro sviluppo, vi insegneremo a diventare come noi". Il nostro rifiuto per la guerra non allude
neppure lontanamente ad una simpatia pro - telebani. Sembra chiaro che purtroppo
non sia in ballo affatto la libertà o la giustizia, ma solo la supremazia
sull'uso del petrolio. I cosiddetti "terroristi" non mettono in
discussione il capitalismo, ma solo il fatto che devono sottostare alle regole
di un padrone più forte. In questo senso l'esito della guerra è indifferente,
perchè non si stanno scontrando due mentalità diverse, ma solo due potenze
asservite alla logica del predominio sulle risorse prime. Gli
scopi della guerra in Afghanistan sono altrettanto brutali e indistinti come lo
erano in Iraq: rovesciare un regime corrotto e sostituirlo con un altro regime
corrotto, ma bendisposto verso gli Americani. Bella civiltà. Bella esportazione
di "valori"! Parlare di pace quindi non significa "tutto torni come prima", perchè prima dell' 11 settembre vi era una pace che covava la guerra. Pace non può più essere assenza di guerra, ma rifarsi a valori diversi da quelli che per il proprio benessere esigono lo sfruttamento indiscriminato di persone e risorse ambientali appartenenti ad altri. A posizioni come la nostra spesso si risponde che nessuno vuole la guerra, sono gli altri che se la sono cercata. Essa sembra insomma il male minore, l'unica strada percorribile. Ma questo è proprio vero? Non ci sono proprio altre strade?
Non c'è tempo per discutere proposte simili. L'Italia, sulla scia degli USA, è "militarmente" in guerra dal 7 novembre, nonostante l'articolo 11 della Costituzione Italiana.dica espressamente che il nostro paese "ripudia il ricorso alla guerra come risoluzione delle controversie internazionali". Il cardinal Biffi, un anno fa vedeva pericolosamente profilarsi il volto dell'anticristo nelle vesti di un "convinto spiritualista, un ammirevole filantropo, un pacifista impegnato e solerte, un vegetariano osservante, un animalista determinato e attivo"? Non è il caso che queste posizioni fasciste siano nella chiesa criticate anche dalle autorità? Non è il caso che si smetta di pensare ad un mondo completamente cattolico, esattamente come Bin Laden pensa ad un mondo completamente mussulmano o come il Presidente Americano pensa ad un mondo completamente succube dei suoi interessi? Dopo gli attentati dell'11 settembre il battagliero cardinale di Bologna ha pregato "perchè la cristianità trovi la strada giusta per la propria sopravvivenza". L'anticristo, a nostro parere, non ha nessun bisogno di venire sulla terra per distruggerla, perché se continuiamo di questo passo ce la faremo bene anche senza di lui. Una chiesa che ha paura di perdere terreno, che conta se nel tale territorio ci sono più chiese o moschee, che patteggia (se io ti faccio costruire una moschea a casa mia, tu mi fai costruire una chiesa a casa tua?) e fa quadrato attorno alle proprie vecchie regole interne anziché accogliere la novità che può spesso venire dall'esterno, quale contributo dà ad una mentalità di pace? A nostro parere è questo il momento di andare controcorrente: non quando un omosessuale chiede rispetto, non quando un divorziato chiede di poter benedire la sua nuova unione, non quando un prete si innamora di una donna, non quando due giovani decidono di convivere prima di scegliere il matrimonio. Non per tutto questo, ma ora, per i poveri che ancora una volta vengono uccisi senza distinzione di colpa, senza che si provino altre strade, senza rispetto alcuno per il ruolo che spetterebbe alle Nazioni Unite, ancor prima che all'orgoglio ferito del più forte. Ora è il momento di stracciarsi le vesti! Ora è il momento di annunciare quella parola scomoda e rivoluzionaria che in modo sempre nuovo ci viene offerta dal vangelo. _________________________________________________________________ |