<<<- |
. . . . . . . . . . . . . |
La vita è più forte della morte L'ipocrisia di lunga durata di ENRIQUE DUSSEL
Afghanistan, regione centrale
dell'Asia centrale. Alessandro vi arrivò nel
328 a. C., esattamente a Ghasni
(pochi chilometri a sud di Kabul). I
Seleucidi greci la occuparono come
provincia orientale (a partire dal 301a.C.). Il buddhismo arrivò nei
suoi deserti e nelle sue montagne al tempo del
re hindu Asoka (272-231 a. C.).
Appartenne poi al regno di Battriana (dal
231 a. C) e fu il centro dell'impero Kushàn o Kushanas (fino al 227
d.C.).
Il suo primo re conosciuto è stato
Kanishka I (2-23 d. C.) entusiasta simpatizzante del buddhismo. I
persiani Sasanidi occuparono il territorio afghano per cinquecento
anni (226-750 d. C.). Negli ultimi 1250 anni la presenza dell'Islam è
divenuta stabile. Kabul è sempre stata la "porta"
dell'India, percorso obbligato delle carovane che dall'India andavano
verso la Persia, Bisanzio o la Cina.
L'Afghanistan non è lontano da Samarcanda e Buchara, la terra del
filosofo Avicenna. Centro geopolitico del mondo
antico. Regione centrale dell'Asia
centrale!
Davanti alla guerra che contempliamo
quotidianamente attoniti e preoccupati,
l'intellettuale guerriero Samuel
Huntington potrebbe farci credere che si
tratta de Il conflitto di civiltà, come di una Riconfigurazione
dell'ordine
mondiale, ma, in realtà, è qualcosa di più semplice e chiaro, il
cui senso si trova coperto da un
groviglio di argomenti e dichiarazioni puramente apparenti. Henry
Kissinger ha insegnato che la geopolitica non si ispira alle buone
intenzioni, bensì alla difesa dei "propri interessi" (in
questo caso quelli nordamericani). Ci inculcano, da destra e da
sinistra, che questa guerra è una "crociata contro il
terrorismo", come se la Cia non fosse la maestra del terrorismo
in Africa (contro l'Angola, per esempio) o in America latina, sin dal
'54 (dal colpo di stato in Guatemala contro Jacobo Arbernz), passando
per i "Contras" (terroristi contro il governo democratico
del Nicaragua, che aveva destituito il tiranno Somoza educato nelle
scuole militari del Nord America) fino ad arrivare a oggi. Come se i
terroristi oggi perseguitati in Afghanistan non fossero quei
disciplinati "apprendisti stregoni" di quella stessa scuola
(cioè, si fa uso o di un Noriega come "spia" a Panama o dei
gruppi armati dei fondamentalisti
islamici contro l'antica Urss, che poi si incarcerano o si distruggono
come terroristi,
quando non servono più ai loro "interessi").
"Terrorista" è, secondo la definizione oggi vigente, colui
che attenta ai "nostri attuali interessi". I terroristi di
oggi si sbagliano, allora, perché non sanno
che i "nostri interessi" sono
cambiati (gli interessi nordamericani), e rimangono ostinatamente a
sostenere "i nostri insegnamenti" (gli insegnamenti
nordamericani) nei confronti dei "nemici" (nemici dei
nordamericani) di ieri, o, ancor peggio, pretendono di scoprire nuovi
"nemici" (che sarebbero i loro maestri - nordamericani - del
terrorismo di
ieri). Alcuni pensano che gli Usa
siano entrati in un labirinto senza uscita (dicono i russi, facendo un
confronto con la loro guerra in Afghanistan a "bassa
tecnologia"); altri pensano che non potranno uscirne vincitori
(perché adesso "si impantanano" in un conflitto senza fine
per conseguireun governo stabile); altri ritengono che la prossima
guerriglia gli costerà molte vite;
altri ancora sostengono che non troveranno mai bin Laden e perciò non
potranno presentare il "cattivo" dei film western; o che lo
presenteranno morto e perciò fabbricheranno un martire musulmano che
sarà un nemico peggiore che da
vivo, in quanto morto eroicamente nell'immaginario del
popolo umiliato. Ciò che questi vaticinatori non avvertono è che la
guerra ha già raggiunto, sostanzialmente, i suoi obiettivi; per
quegli "interessi" di cui parla Kissinger; la guerra è già
terminata, cioè si è ottenuta la
vittoria. Ma in che consiste questa vittoria? Nell'aver posto basi,
aver installato per "sempre" (come recita la banconota da 1
dollaro: "novus ordo seculorum": per l'eternità),
l'esercito nordamericano in Afghanistan, nel "centro dell'Asia
centrale". Mi spiego. Gli Usa, durante la Guerra Fredda - così
chiamata dai produttori di armi, non dai popoli del Vietnam, del
Mozambico, del Nicaragua, del Kosovo o dell'Afghanistan, che la
"sentono" molto calda - furono il baluardo del diritto
internazionale dell'Onu e di altri organismi, per opporsi all'Urss.
Dal 1989 questa politica non è più
necessaria. Peter Spiro (in Foreign
Affairs, ndr) mostra come gli Stati Uniti si ritirino da, e si
oppongano a tutti gli organismi internazionali (non pagano le quote
dell'Onu, non appoggiano il Tribunale Internazionale, non firmano il
protocollo di Kyoto, non tentano di
ridefinire la Banca Mondiale e l'Fmi, si oppongono a una effettiva
forza internazionale di pace dell'Onu, non approvano la legge della
Convenzione del mare, né quella della diversità biologica). Lo
stesso milionario e filantropo George
Soros, che non può essere accusato di
essere di sinistra, indica la necessità
per le istituzioni internazionali di evitare la futura grande crisi
globale finanziaria che si annuncia, ma ritiene che gli Usa siano oggi
il nemico principale di tali misure e delle istituzioni politiche
globali. Soros chiama la dottrina dell'isolazionismo nordamericano il
nuovo "fondamentalismo del mercato" (market fundamentalism),
al quale appartiene certamente l'equipe di G. W. Bush.
Propone, in opposizione alla attuale
politica estera nordamericana, un'"Alleanza di Stati
democratici" di tutta la Terra. Devo riconoscere che
paradossalmente l'opera di Soros è molto più interessante,
aggressiva e realista che la visione postmoderna di Hardt-Negri
(Impero, a gennaio per Rizzoli, ndr).
In effetti, se consideriamo, anche
solo superficialmente, gli ultimi tre conflitti armati, possiamo
vedere che c'è un crescente "isolazionismo" o un
aumento di autonomia nell'operare degli Usa. Nella Guerra del Golfo
hanno operato con l'appoggio dell'Onu, della Nato, dei paesi arabi e
di molti altri paesi del Terzo Mondo, nella Guerra del Kosovo hanno
contato sulsolo appoggio della Nato, mentre nella Guerra
dell'Afghanistan hanno deciso e operato da soli. Non c'è stata la
necessità di nessuna collaborazione effettiva, di nessuno all'infuori
dell'esercito nordamericano (l'appoggio
di Blair, con soldati inglesi o tedeschi,
sono puramente simbolici). Si può, quindi, confermare ancora una
volta l'ipotesi della politica delle "new sovereigntists" di
Spiro e del "fondamentalismo del mercato" di Soros. Ma,
infine, cosa si è cercato strategicamente in queste tre guerre?
Sempre uno stesso obiettivo: l'espansione globale della presenza
militare degli Stati Uniti - come garanzia dell'espansione del mercato
globale con speciale riferimento
alla fonte principale di energia: il petrolio. Perciò, possiamo
concludere che gli Stati Uniti hanno già vinto la Guerra dell'Afghhanistan,
come hanno vinto la Guerra del Golfo anche lasciando al potere Saddam
Hussein - che non può opporsi affatto ai loro "interessi".
La mia ipotesi è
la seguente.
Le cinquemila vittime newyorkesi dell'attentato, triste e ripugnante prezzo
all'irrazionalità terrorista (che
condanniamo), e delle migliaia di civili
morti per i bombardamenti e successivamente per la fame, la
denutrizione, l'impoverimento, le reciproche vendette tra afghani,
triste e ripugnante prezzo dell'irrazionalità opposta (del "fondamentalismo
del mercato", della destra
fondamentalista cristiana nordamericana, degli strateghi del Pentagono,
perché le cose potevano svilupparsi in altro modo, ma in quel caso
non si sarebbe ottenuto il compimento degli "interessi"
strategici,che
sono protetti dal "metterci il
cappello" sull'80% delle riserve di petrolio
dell'umanità, che si trovano a poche migliaia di chilometri attorno
all'Afghanistan, limitrofe all'antica Urss, alla Cina, e vicino
all'India; cioè, il centro geopolitico militare ed energetico non
soltanto dell'Asia, bensì dell'umanità nella sua totalità), sono la
giustificazione apparente e il
costo di un'occupazione geopolitica decisa anticipatamente come
compimento di "interessi"
non confessati. Per tutto ciò
protesto contro l'uso ipocrita del dolore del popolo newyorkese per
scatenare una guerra programmata da tempo, ma cinquemila vittime hanno
permesso di abbattere i muri che il buon senso e la
razionalità avevano innalzato per
impedire di scatenare tale guerra con tanta distruttrice veemenza. Si
è manipolato il dolore, il patriottismo, lo spirito del "Far
West" ("Portatemelo vivo o morto!") e altre motivazioni
sane, nobili, possibili, occultando (da cui hypo (sotto) della hypo-crisia)
i fini strategici, gli "interessi" reali dell'industria
americana (le centinaia di migliaia di milioni investiti adesso per
decisione del Congresso nella produzione di armi in tempi successivi
alla "Guerra Fredda"
e altri piani sinistri, come lo
"scudo stellare" che protegge il popolo dominatore e lascia
non protetto il resto dell'umanità) e in particolare quelli dei
petrolieri del Texas.
La guerra del Golfo ha permesso agli
Usa di imporre la loro presenza, per sempre, in Arabia Saudita (la
"Terra Santa" dell'Islam) e in Kuwait (nel centro del Medio
Oriente petrolifero). La guerra del Kosovo, non diretta dai
petrolieri, ha posto in secondo piano la Russia post-Urss (che non ha
potuto aiutare il suo alleato serbo,
ortodosso e slavo) e ha disposto a suo piacimento dell'Europa con la
Nato. Nella guerra dell'Afghanistan, che è già
terminata strategicamente, gli Usa avranno basi nel Nord
dell'Afghanistan, per sempre, e qualunque sia il nuovo governo e il
suo orientamento sarà debitore al Pentagono per avere distrutto i
Taleban, cioè, sarà dipendente e
permetterà di far passare gas e petrolio dai paesi vicini, oltre ad
altri eventuali servizi nel futuro.
L'umanità, al contrario di ciò che
pensa Wallerstein, secondo il quale gli Stati Uniti hanno iniziato la
loro decadenza, dovrà forse considerare con attenzione le parole di
Soros e tentare un'"Alleanza degli Stati democratici" per
cominciare il lento compito della costruzione di istituzioni
internazionali e politiche efficaci e globali. I nuovi e
antichi, i micro (di Foucault) e i
macro (di Marx), movimenti sociali dei popoli esclusi devono
continuare i loro compiti quotidiani di critica, di azione solidale,
di organizzazione locale e globale. L'"Impero" - sia quello
di Hardt-Negri o quello di Soros - è per disgrazia in piena
salute..., ma non bisogna dimenticare che "i suoi piedi sono di
argilla". L'"argilla" è la
fame dei popoli e il loro amore per la
Vita. Benché ci si voglia
incamminare verso il suicidio collettivo (anti-ecologico
e guidato in modo devastante
dal "fondamentalismo del
mercato") pensiamo che la Vita sia più forte della
Morte.
Traduzione di Antonino Infranca _________________________________________________________________ |