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L’ITALIA E’ IN GUERRA MA GLI ITALIANI “NON LO SANNO”

di Valerio Dalle Grave 

Ho ricordi molto lucidi dei “natali di guerra” degli anni 40, quando vigeva il coprifuoco, si metteva la carda blu (la carta da zucchero, come veniva comunemente chiamata a quel tempo) sulle persiane delle finestre per non far trapelare la luce e quando noi bambini dovevamo accontentarci di un paio di mandarini, qualche caramella, e un quaderno nuovo, come regalo di natale.

Era natale di guerra ci veniva detto in continuazione, c’era poco di tutto e bisognava accontentarsi di quello che cera, ed era poco. Non conoscevamo le luminarie, le vetrine illuminate dei negozi, non c’era neppure l’illuminazione stradale. Tutto era buio, anche il chiasso che solitamente caratterizza la presenza di tanti bambini era come smorzato, ovattato tacitato dalla preoccupazione di tanta gente che era in ansia per i famigliari che si trovavano al fronte: in Francia, Africa, in Grecia, in Albania, in Russia; oppure prigionieri in Germania, in Polonia,  o chissadove.

Erano natali di guerra!

La gente partecipava al tragico evento con la miseria che si ritrovava addosso, con l’angoscia di non poter più rivedere i propri cari e con le notizie (scarse) non proprio rassicuranti che arrivavano dal fronte. Non si udivano, nei primi anni del conflitto, il crepitare delle armi e il rombo dei cannoni, ne l’urlo degli aeroplani; da quel punto di vista la guerra era lontana, si percepiva  la sua tragicità solo quando arrivavano i dispacci, consegnati dal messo comunale o dai carabinieri, che comunicavano ai famigliari la morte di qualche congiunto.  

IL “rumore” della guerra, però, non risparmiò neppure noi; arrivò solo verso l’ultimo anno, quando eravamo ormai vicino al suo epilogo e fu comunque atroce. 

Adesso non è più così. L’Italia è ancora in guerra insieme ai suoi alleati, sta partecipando sul teatro delle operazioni in Paesi lontani, da dove, a noi, non giungono i “rumori” ; quindi ci sentiamo tranquilli e al riparo.

Operazioni ad alto rischio, ha dichiarato il ministro della difesa Martino.

A noi non rimane che guardare le immagini e le scene del conflitto alla televisione, che trasmette le stesse immagini e le stesse scene ripetute per giorni, senza pudore ne rispetto per chi le guarda.

Veramente una strana guerra quella che stiamo facendo e che ci fanno vedere. Durante i tre mesi di conflitto hanno mobilitato navi e aerei, hanno demolito addirittura una montagna e massacrato chissà quanta gente per catturare un uomo, ma quell’uomo è ancora uccel di bosco. Pronto, magari, a  organizzare altri attentati e a scatenare nuovamente la forza bruta del terrorismo.

Al popolo che osserva, più o meno attento e preoccupato, e più o meno informato, viene garantito “panem et circensi, cibo e divertimento.

E c’è anche un altro fattore narcotizzante per il “popolo”: i soldati che sono in guerra sono tutti volontari, professionisti pagati per fare la guerra. Non è una guerra di popolo!. Anche la guerra è diventata una questione privata; decisa, progettata, e realizzata in termini privatistici: tranne i suoi costi. Sulla misura dei quali per ora il popolo viene tenuto all’oscuro.

Se qualcuno muore durante il conflitto è un affare privato che riguarda soprattutto i suoi superstiti, al di la del cerimoniale funebre che non si nega mai a nessuno.

Ci hanno detto che siamo in guerra contro il terrorismo, che il terrorismo colpisce improvvisamente e senza seguire schemi precostituiti e che noi  come tutto l’occidente siamo in pericolo costante e che, quindi dobbiamo vigilare.

Ma ci hanno anche detto che non bisogna fermarsi a pensare, che bisogna consumare, perché l’economia non può e non deve rallentare i suoi ritmi di crescita, pena la miseria per tutti.

Loro, per primi danno l’esempio: consumando tecnologie, mezzi di trasporto, attrezzature logistiche, tonnellate di esplosivi, di carburante, di vettovaglie. Dicono che lo fanno per proteggerci, per permetterci di continuare a  produrre e consumare gli stessi standard di energia; insomma, per permetterci di mantenere il nostro consueto trend di vita.

E noi ci stiamo!!: Senza preoccuparci (sembra) più di tanto sul conto che alla fine ci verrà presentato. La guerra è lontana, non si sentono il suo rumore, la sua puzza; non si odono l’urlo e la disperazione dei feriti, degli orfani e delle vedove. Guardando la televisione tutto questo non si sente e non si ode: si vede solo quello che "loro“ decidono di farci vedere. Amen.

Buon Natale, un natale di guerra, ma non si sente e non si vede. 

21 dicembre 2001

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