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CAMPAGNA DI OBIEZIONE PER IL DISARMO ECONOMICO E MILITARE

[Dall'ottimo sito www.nonviolenti.org riprendiamo questa proposta formulata
dal Movimento Internazionale della Riconciliazione (MIR) e dal Movimento
Nonviolento (MN)]

Proposta per una campagna di obiezione dei cittadini.

Il no della coscienza alla violenza organizzata, all'omicidio come soluzione
dei conflitti, si esercitava fino ad ora, nel nostro paese, soprattutto
nella forma del rifiuto del servizio militare, cioe' dell'addestramento ad
uccidere.
La legge 230 del 1998, cosi' come quella piu' recente sull'istituzione del
"servizio civile nazionale", che compiono alcuni importanti passi avanti
nella cultura giuridica dell'obiezione al militare, sono arrivate
contemporaneamente all'abolizione pratica della leva e al passaggio graduale
all'esercito professionale.
Nella nuova situazione che si presenta, e' dunque il cittadino in quanto
tale che ha da esprimere il rifiuto della violenza strutturale e culturale,
non solo di quella diretta, e ha da costruirne il continuo superamento. Ci
sono da praticare obiezioni e da attuare programmi costruttivi sui due lati
della cultura del dominio: il modello economico (produzione, scambi e
consumi) e il modello difensivo (tutela da aggressioni e tutela del
diritto).
Percio' ci sembra urgente un rinnovato impegno, coordinato e coraggioso, per
una nuova "campagna di obiezione per il disarmo economico e militare" che
sia contemporaneamente di resistenza al nuovo militarismo e di costruzione
dell'alternativa nonviolenta.
La campagna e' centrata su tre punti:
1) Dichiarazione di obiezione del/della cittadino/a, nella quale ci si
dissocia dalla politica militare del nostro paese e della Nato, evidenziando
l'incostituzionalita', l'immoralita' intrinseca di scelte aggressive, la
funzionalita' al sistema economico di rapina. Da parte delle donne
accompagnata da una dichiarazione di rifiuto esplicito della cosiddetta
"pari opportunita'" di servire nell'esercito. Da parte dei/delle giovani che


scelgono il servizio civile accompagnata da una dichiarazione che evidenzi
che la scelta fatta e' intesa come inconciliabile con il servizio militare,
escludendo la possibilita' di "richiami" in caso di guerra.
2) una dichiarazione di opzione per la nonviolenza attiva, che si
concretizza attraverso uno (almeno) dei seguenti impegni:
- adesione e/o sostegno a movimenti nonviolenti organizzati;
- versamento e/o partecipazione ad un progetto di intervento nonviolento in
zona di conflitto (es. Operazione Colomba, Io donna vado in Palestina,
Caschi bianchi, Berretti Bianchi...);
- servizio civile o volontariato in progetti di difesa civile, mediazione,
formazione alla nonviolenza presso associazioni o "uffici della pace", in
Italia o all'estero;
- versamento sul Fondo nazionale per il Servizio Civile, come opzione o
anche obiezione fiscale, in vista del riconoscimento del diritto di opzione.
3) un impegno concreto a orientare i propri consumi tenendo conto dei
principi della semplicita' volontaria e del consumo critico, che boicotta e
cerca di sottrarre risorse a quei settori della produzione, del commercio e
della finanza che sono implicati in modo piu' evidente nel sistema
militare-industriale di dominio.

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